Berlusconi combatta la congiura degli irresponsabili con le riforme
28 Febbraio 2011
Due anni. Due anni ancora per salvare la legislatura o dichiarare la disfatta. Questa la prospettiva che sta davanti a Berlusconi e al centrodestra. È evidente che molto dipenderà dal contesto nel quale il governo è obbligato ad operare. Se deve fronteggiare quotidianamente tanto l’opposizione che l’assalto degli elementi esterni, leggi Procure, sarà ben difficile che riuscirà a concludere il quinquennio rispettando le promesse elettorali. Che sia in ritardo, poi, sulla tabella di marcia è fin troppo evidente per negarlo, ma ciò dipende da un solo fattore che era assolutamente imprevedibile nel 2008: l’ostruzionismo permanente di Fini il quale, da ultimo, si è collocato come oppositore estremo del premier utilizzando l’alto scranno di presidente della Camera, un premio che certo non ha vinto alla lotteria.
Sgombrato per fortuna il campo da questo intoppo, ridotto Fli a mera testimonianza di rancore politico, il governo, paradossalmente, per quanto sostenuto da una maggioranza ristretta, può verosimilmente operare con più efficacia perché finalmente coeso e non ricattabile da pezzi significativi della vecchia coalizione. Fidando su questa circostanza, Berlusconi ha la possibilità di avviare e portare a compimento in poco tempo, due anni appunto, una serie di riforme di fronte alle quali l’opposizione potrà gridare quanto vuole, ma entrerà in uno stato confusionale tale da non avere la testa per prepararsi alle elezioni.
Cominciare dal testamento biologico è un’ottima idea. Al di là del merito che è quello che più conta, andranno al massacro le eterogenee famiglie politiche di centro e di sinistra. Inevitabilmente il terzo polo si spaccherà; nel suo ambito le lacerazioni in Fli diventeranno più evidenti; ci sarà l’inevitabile resa dei conti tra i finiani, mentre Casini e Rutelli staranno a guardare i pesci che si divorano l’un l’altro nel torbido acquario della "libertà di coscienza". Il centrodestra, ancorché accerchiato dalle polemiche, prevedibilmente violente, uscirà dalla contesa come uno schieramento autenticamente conservatore, alternativo sul piano dei valori a tutte le opposizioni e perfino a quei cattolici che vantano il primato della purezza, della castità, dell’ineffabile virgineo distacco dal peccato: in altre parole i soliti ipocriti sepolcri imbiancati che confondono il confessionale con le aule parlamentari.
Ma riportare in primo piano le questioni legate alla bioetica non basta. Berlusconi deve dimostrare di saper adeguare al mutato assetto politico le buone intenzioni che espresse nel discorso di insediamento tre anni fa. Le ricordiamo bene quelle parole.
Da esse traspariva una volontà riformista quale mai si era manifestata all’atto di assumere la guida del Paese da parte di un primo ministro. Poi, inspiegabilmente, tutto è divenuto più opaco e, per opera di una congiura di irresponsabili, si è arenato sul nascere un processo che avrebbe dovuto portare se non ad una vera e propria riforma della Costituzione (per la quale mi ostino a sostenere l’indizione di un’Assemblea costituente), quanto meno ad alcuni aggiustamenti significativi nel groviglio delle istituzioni: abolizione delle province, fine del bicameralismo perfetto, snellimento delle procedure legislative, maggiori poteri al premier, una legge elettorale autenticamente maggioritaria che rafforzasse il bipolarismo.
E su tutto la riforma della giustizia (intercettazioni, separazione delle carriere e processo breve compresi) per eliminare le metastasi che si son prodotte in due decenni di assoluto dominio di uno de tre poteri dello Stato, con particolare riguardo alla giustizia penale e civile, ma senza dimenticare quella contabile ed amministrativa su cui i riflettori non si sono mai accesi, mentre la pubblica amministrazione ed i cittadini ne pagano le conseguenze.
Si può fare tutto questo? Credo di sì, con buona pace di chi rema contro nella speranza di far cadere il governo lasciando il Paese in balia degli speculatori. Basta, naturalmente, crederci ed operare, concordemente nella coalizione, affinché si realizzino le promesse finora non attuate. Ma è anche indispensabile che il Cavaliere proceda al fin troppo annunciato rimpasto di governo, sempre rimandato, anche per motivare uomini e gruppi che avvertono il disagio dell’immobilismo. Così come non può tralasciare di mettere finalmente mano alla riorganizzazione del partito che, soprattutto in periferia, soffre lo scollamento tra classi dirigenti ed elettorato.
C’è molta carne al fuoco, me ne rendo conto. E due anni non sono un’eternità. Ma non si può fare altro se non ci si vuole rassegnare ad una crisi che avrebbe conseguenze catastrofiche. Anche per questo, credo, bisognerebbe cominciare a discutere, senza animosità, ma con fattivo spirito di collaborazione, del futuro del centrodestra, senza che nessuno si senta messo in discussione naturalmente.