Berlusconi dice sì ai raid aerei in Libia ma la Lega si mette di traverso
25 Aprile 2011
L’Italia accoglie l’appello lanciato dalla Nato. Ma il sì di Berlusconi a raid aerei mirati su obiettivi militari libici apre un nuovo fronte di tensione nel governo e dentro la maggioranza. La Lega si mette di traverso, con Calderoli dice di essere “assolutamente contraria” e non voterà l’ok alla missione. Il tutto alla vigilia del vertice con Sarkozy (oggi a Roma) e la settimana che dovrebbe segnare l’ingresso dei Responsabili a Palazzo Chigi.
L’annuncio arriva con un comunicato di Palazzo Chigi, al termine di una telefonata tra il premier e il presidente Usa, Obama. Poche righe nelle quali si dice che l’Italia “ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell’intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica”. Il punto fermo è che pur partecipando su un piano di parità alle operazioni alleate che finora non c’era dal momento che quello italiano è stato sostanzialmente un supporto logistico e tecnico ai raid degli aerei Nato, il nostro paese “si mantiene sempre nei limiti previsti dal mandato dell’operazione e dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
Il confine dell’operazione è che i missili italiani colpiranno “obiettivi rigidamente selezionati in modo da non mettere a rischio la vita dei cittadini", spiega il ministro della Difesa Ignazio La Russa e dalla Farnesina Franco Frattini aggiunge che la decisione di prendere parte ad azioni aeree mirate è scaturita dall’esito di “una serie di contatti che ci hanno portato a una decisione che non è affatto una marcia indietro rispetto alle precedenti perplessità a partecipare direttamente ai bombardamenti,- considerato il passato coloniale dell’Italia. E’ arrivato a Roma il capo del Consiglio Nazionale Transitorio e ci ha detto ‘noi chiediamo all’Italia un impegno più grande’: è evidente che sentito dire dai libici, questo ha un effetto importante”.
Già, il nodo delle nuove tensioni nella maggioranza è proprio questo. Il ministro Calderoli lo richiama quando ricorda che solo quindici giorni fa Berlusconi ha dovuto correggere il passo in avanti di La Russa che si era detto favorevole a un maggiore coinvolgimento dell’Italia nell’operazione Nato in Libia. Alle parole del ministro della Difesa erano seguite quelle del premier convinto che mai l’Italia avrebbe preso parte a bombardamenti sulla Libia.
Ma cosa è cambiato? Sicuramente l’appello degli esponenti del Comitato nazionale di transizione in occasione dell’incontro a Roma ha avuto il suo peso, specialmente sul versante delle vittime che il regime di Gheddafi continua a provocare, ma a questo si aggiungono le ‘pressioni’ di Obama e potrebbero aggiungersi anche quelle dell’Eliseo, proprio nel giorno in cui Berlusconi riceve Sarkozy a Villa Madama. Del resto, il tentativo della Francia di guidare l’intervento Nato in Libia è chiaro a tutti ed è possibile che il maggior impegno dell’Italia a fianco degli alleati sia stato messo sul tavolo preparatorio del vertice intergovernativo.
Il richiamo di Calderoli è un modo per confermare la netta contrarietà della Lega non solo all’intervento di oggi ma soprattutto a quello che a questo punto potrebbe essere imminente. Anche perché, è il ragionamento del ministro della Semplificazione intervenuto telefonicamente alla trasmissione di Gad Lerner, partecipare all’azione per rovesciare il regime di Gheddafi non potrà non coinvolgere i civili e poi si tratta di un’operazione che all’Italia costerà “due milioni di euro che, invece in un momento come questo possono essere destinati alle priorità per il paese”.
Ma c’è un altro concetto di fondo sul quale la Lega batte il tasto, capitalizzando la forza del messaggio in chiave elettorale (con le amministrative alle porte): l’Italia ha già fatto quello che doveva fare senza avere nulla in cambio sul fronte della immigrazione, ribadisce Calderoli, pur escludendo che su questa vicenda possa aprirsi una crisi di governo, come invece chiede Futuro e Libertà con Bocchino. Se da un lato il fedelissimo di Bossi esclude l’ipotesi di crepe nel governo, dall’altro manda segnali chiari al Cav.: “Noi facciamo la nostra battaglia convinti di essere nel giusto. Quando un governo decide deve decidere in maniera collegiale” .
Il che vuol dire, come lo stesso Calderoli afferma , che il Carroccio porterà al voto la questione in Consiglio dei ministri e pure se il ministro della Semplificazione non si sbilancia sul versante parlamentare, è facile ritenere che i leghisti potrebbero decidere di chiedere un passaggio alla Camera e al Senato che al momento non è previsto – tranne ovviamente l’informativa al Parlamento da parte del governo e le relazioni di Frattini e La Russa dinanzi alle commissioni esteri di Camera e Senato riunite in seduta congiunta – perché secondo Palazzo Chigi la decisione di ieri sera rientra perfettamente nei parametri delle risoluzione Onu e del mandato Nato, passaggi sui quali l’Aula si è già espressa.
Vedremo nelle prossime ore come andrà a finire ma ciò che appare chiaro fin d’ora è che anche per l’ostilità del Carroccio, il fronte delle opposizioni chiederà che tutto torni e ripassi dal Parlamento. L’ennesima mossa per ritentare la spallata al Cav. a prescindere dalla questione libica sulla quale peraltro Bersani, Casini e Fini finora hanno spinto molto affinchè l’Italia facesse la sua parte insieme agli alleati, e la facesse fino in fondo.
Non solo: Calderoli apre un fronte pure sul tema immigrati sottolineando che la Francia ha creato il problema “dell’immigrazione con la sua azione in Libia, “è stato il paese più attivo su questo fronte” e quindi “deve farsi carico del problema dei profughi”, un problema per il quale “i primi a pagare le conseguenze siamo stati noi”. Quel “noi no ci facciamo comandare da Omaba o da Sarkozy” nel giorno del vertice italo-francese non è certo il miglior viatico per sciogliere il gelo tra Roma e Parigi e soprattutto per aprire definitivamente le frontiere francesi a Ventimiglia rispettando il trattato di Schengen. Sul piano interno, una nuova grana per il Cav.