Berlusconi e i magistrati talebani

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Berlusconi e i magistrati talebani

01 Marzo 2010

C’è qualcuno che “teme uno scontro tra le istituzioni e pericolose tensioni tra organi dello Stato” senza tuttavia porsi la domanda se dall’alto del suo Colle, qualche responsabilità non c’è l’ha pure lui, visto il lavoro che fa. Ci sono poi le gallinelle che ne fanno il controcanto, ovviamente di sinistra, ma soprattutto di destra, quella antifascista e moderna, quella a cui piace smarcarsi, puntualizzare, ammonire: oracoli gracchianti senza nerbo e soprattutto senza voti. 

Ma cosa ha scatenato questo schiamazzare di prèfiche con un alto senso delle istituzioni? Di recente il Presidente del Consiglio Berlusconi ha definito telebani quel gruppo di giudici politicizzati che ormai da 15 anni tentano di rivoltare, come loro ebbero già modo di dire, l’Italia come un calzino.

Personalmente, non ci vedo nulla di scandaloso in questa affermazione, se non la semplice constatazione che da tre lustri almeno, bande togate, si distinguono per attaccare con pervicace determinazione colui che con la sua discesa in campo ha fatto fallire quell’ attacco violento e premeditato al vita democratica del Paese, che è ormai passato alla storia come Tangentopoli. Un attacco che prevedeva la presa del potere per via giudiziaria, da parte di quelle forze politiche ed economiche che dalla bufera di Tangetopoli vennero misteriosamente risparmiate.

Quanti di quelli che vennero rinchiusi in carcere all’epoca, hanno poi avuto condanne passate in giudicato? Quanti sono morti in carcere o fuori non sopportando il peso di quell’opinione pubblica assetata di sangue ed armata di cappi e corde, accecata da teoremi misteriosamente assimmetrici, da chi non poteva non sapere e da chi, invece, poteva non sapere. Fino ad arrivare al punto che il potere giudiziario, alla stregua delle star di Hollywood, in TV minacciò il potere legislativo per obbligarlo a non approvare il Decreto Biondi che semplicemente favoriva gli arresti domiciliari per i reati di Tangetopoli. Non era quello un illegittimo attacco alle istituzioni, una pericolosa deviazione dai più elementari principi democratici?

Con questi presupposti abbiamo vissuto gli ultimi 15 anni di vita politica e sociale sotto scacco di una magistratura che ha preteso di decidere i destini del Paese, che ha innescato inchieste ad orologeria ad ogni tornata elettorale; anni nei quali Berlusconi è stato accusato di tutto, ma mai condannato.

Abbiamo visto magistrati rilasciare ogni giorno interviste, che entrano nel merito delle indagini e degli indagati, alla faccia della loro presunta e sempre sbandierata indipendenza, raggiungendo il culmine quando in procura si stapparono bottiglie di champagne nel momento in cui la Corte Costituzionale votò contro il Lodo Alfano.

Ebbene, siccome chi paventa timori di scontri tra organi dello Stato è anche Presidente del CSM, costui abbia la forza di esercitare quel ruolo, guardarsi dentro e farsi un esame di coscienza.

(Milton)