Berlusconi è il messia. Ma non può aspettare Veltroni  in eterno

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Berlusconi è il messia. Ma non può aspettare Veltroni in eterno

Berlusconi è il messia. Ma non può aspettare Veltroni  in eterno

10 Gennaio 2008

“Io sono il tuo
Messia”, ha annunciato Silvio Berlusconi a Walter Veltroni nel recente incontro
del “disgelo”, e lo stesso Cav. l’ha ricordato nella lunga intervista al
Corriere con cui ha segnato la ripresa d’inizio anno.

“Sono il tuo Messia
perché posso liberarti dall’abbraccio mortale con la sinistra estrema”, ha
detto al sindaco il leader di Forza Italia. E sulle sue buone intenzioni c’è
davvero poco da dubitare, dal momento che la linea del dialogo costruttivo col
Pd per la riscrittura della legge elettorale, da parte degli azzurri ha
attraversato indenne i numerosi, spesso repentini, talvolta incomprensibili
cambiamenti di rotta maturati nel loft di piazza Sant’Anastasia.

Durerà? Le
scommesse sono aperte e i book-makers vicini all’impazzimento. Già, perché se
sulla buona volontà del Cav. e dei suoi si può mettere la mano sul fuoco, la
posizione dell’interlocutore – Walter, per l’appunto – sembra farsi di giorno
in giorno più traballante, sottoposto com’è al fuoco incrociato degli alleati dell’Unione,
ma soprattutto dei compagni di loft.

Se v’erano infatti dubbi sull’ostilità di
D’Alema e della sua nutrita corte di fedelissimi, infatti, la reazione del
vicepremier alla sortita natalizia di Franceschini sul sistema francese e il
suo malcelato tentativo di tessere con l’Udc una tela “tedesca” che consenta al
Pd di spostarsi sulla sinistra recuperando parte dei “dissidenti”, e ai
centristi di guadagnare spazio per la costruzione di una futuribile “cosa
bianca”, li hanno spazzati via definitivamente. Con la differenza che nel
teatro di guerra parlamentare – dove di qui a poco la partita delle riforme,
legge elettorale in primis, si giocherà per davvero – il ministro degli Esteri
può contare su una poderosa truppa, mentre il segretario del Pd si trova
pressoché sguarnito. Al punto che nella ristretta cerchia veltroniana ci si
comincia a domandare se il beau jeste delle dimissioni di Goffredo Bettini
dalla carica di senatore non sia stato un po’ troppo affrettato.

Un dato appare
chiaro: il futuro del dialogo fra Forza Italia e Pd, la possibilità che dal
tavolo comune venga fuori un sistema elettorale capace di garantire al Paese
alternanza, coalizioni omogenee e partiti a vocazione maggioritaria, è
subordinato alla effettiva possibilità che Veltroni avrà di esercitare la sua
leadership.

Il tempo a disposizione non è illimitato, i nemici dell’ “asse” non
stanno inermi a guardare, e il fatto che in questo magmatico contesto la sorte
del governo Prodi non sia una variabile indipendente non aiuta.

E Berlusconi lo
sa bene. Come non aiuta neanche la trattativa “parallela” con Pier Ferdinando
Casini per concedere a quest’ultimo il collegio unico nazionale.

Di certo, Forza
Italia non può aspettare in eterno, tanto più che tra Vassallum, bozza Bianco,
sistema francese e “premietti” vari non v’è più neanche la certezza del
progetto in vista del quale tener ferma la barra del dialogo. Anche perché, se
l’unica risposta concreta alla buona volontà è l’accelerazione dell’iter
parlamentare della legge Gentiloni, diventa difficile pretendere che gli
interlocutori si prestino ad oltranza a fare i Tafazzi della situazione.