Berlusconi: “Il terzo polo è una bufala”. Fini sfida: “Il governo non c’è più”

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Berlusconi: “Il terzo polo è una bufala”. Fini sfida: “Il governo non c’è più”

03 Dicembre 2010

Un quarto d’ora coi cronisti italiani per parlare di ciò che accade a Roma.  Silvio Berlusconi  ‘strappa’ la scena della conferenza stampa al premier Medvedev  e da Sochi si toglie qualche sassolino dalla scarpa: dal dossier Wikileaks al terzo polo di Fini, Casini e Rutelli. Ed è proprio col presidente della Camera che innesca un botta e riposta a distanza : il Cav. dice che non si dimetterà e andrà avanti, che i 317 no contro il suo governo sono nient’altro che una “bufala”. Il presidente della Camera gli fa sapere che non è così e che lo scoprirà tra qualche giorno in Parlamento. Ennesima riprova, se mai ce ne fosse bisogno, del clima da qui al 14 dicembre.  

Il dossier Wikileaks.  “II gossip di questi giorni rendono necessarie le mie dichiarazioni”, esordisce il Cav. e le prime parole sono per Gianni Letta definito “ la persona più limpida e leale che si possa immaginare. In decenni della nostra amicizia e collaborazione, mai una sola volta ha avuto un comportamento che non fosse sincero, leale, istituzionale”. Per questo giudica che ”scrivere di comportamento ambiguo o addirittura sleale verso di me è calunnioso, è scrivere il falso ed è disinformare”. Stesso discorso per il senatore Cantoni finito tra le pieghe dei dispacci per presunti commenti sullo stato di salute del premier. Insomma, “gossip, gossip che non meritano di essere commentati”, taglia corto Berlusconi respingendo le accuse che rimbalzano dall’Italia e dai ranghi dell’opposizione su un rapporto di subalternità tra lui e Putin che – secondo i dispacci diffusi da Wikileaks – sarebbero sconfinati anche in “affari personali”.

Il Terzo polo. Il Cav. non usa giri di parole e bolla come “una bufala” il progetto di Fini, Casini e Rutelli con annessa mozione di sfiducia che proprio oggi è stata presentata alla Camera con in calce 85 firme, stando ai numeri dei finiani. Il premier non farà alcun passo indietro, anzi conferma di essere determinato ad andare avanti, convinto che la maggioranza ci sarà pure alla Camera nonostante “le manovre di palazzo”. “E’ una bufala” che ci sia una maggioranza alternativa a quella attuale alla Camera, insiste il Cav. che lancia la sua sfida: “Do a tutti appuntamento al 14 dicembre”.

Non usa il guanto di velluto nemmeno col ‘trio’ centrista sottolineando come il terzo polo sia “esile nei numeri ma certamente smisurato nelle ambizioni, ha un programma chiaro: cambiare la legge elettorale e introdurre un tetto al premio di maggioranza per non farlo scattare consentendo a questo terzo polo di essere arbitro della situazione scegliendo l’alleanza con la sinistra per il governo e facendo così tornare indietro la situazione politica a quella in cui i partiti non davano un programma, non indicavano le alleanze e chi avrebbe governato”.

Insomma, il vecchio che si ripresenta come nuovo proponendo un’operazione “irresponsabile” proprio nel momento in cui “stiamo uscendo da una crisi e abbiamo ricevuto una tripla ‘A’ da parte delle agenzie di rating internazionali”. Tuttavia è un giudizio sottoposto “alla stabilità del governo” ed è proprio per questo che secondo il premier “sarebbe assolutamente irresponsabile aprire una crisi e voler cambiare l’attuale squadra di governo”. Stoccate su stoccate, come quella sui “piccoli imprenditori di partiti politici”, vedi Fini, Casini e Rutelli: “Vi dico che ora, in questo momento, nessuno tra i protagonisti della politica, tutti professionisti della politica e piccoli imprenditori di partiti politici, possa ugualmente ben lavorare per il Paese e rappresentarlo negli incontri internazionali come me”.

La replica del presidente della Camera arriva a stretto giro dal Veneto e i toni sono quelli della sfida: “Il Parlamento testimonierà quello che tutti sanno, e cioè che il governo non c’è più o non è in grado di governare”. Per questo rilancia la necessità di un nuovo esecutivo e per costruirlo la via è “guardare  in Parlamento a tutte le forze responsabili”, a partire “da chi ha vinto le elezioni”. Insomma, quella del capo di Fli si conferma come l’ultimo avviso al Cav. prima del redde rationem. Se da un lato il presidente della Camera lascia intendere la possibilità di un Berlusconi-bis, dall’altro non chiarisce esattamente i termini della proposta che tuttavia ha come condizione l’uscita da Palazzo Chigi.  

L’altro passaggio che Fini respinge con forza, riguarda l’appellativo di “traditore” che lo stesso premier ha più volte pronunciato all’indirizzo di chi vorrebbe calpestare la sovranità popolare e che nelle ultime ore è stato ripreso e rilanciato da più di un esponente della maggioranza: “Trovo ridicolo quello che ha detto il presidente del Consiglio. Prima di dire che chi non la pensa come lui è un traditore, rifletta su come mai molta parte del centrodestra ora dice che così non si può più andare avanti. A Berlusconi ricordo che governare non vuol dire comandare”.

Quindi conferma il suo no a elezioni anticipate e anche su questo stigmatizza la linea della maggioranza considerando “i chiari di luna” coi quali il paese si trova a fare i conti, perché “è fuori d’opera dire che se non ci sono le condizioni si va al voto” e tenuto conto del fatto che in questo momento l’Italia deve mettere sul tappeto 120 miliardi di euro in titoli”. Tuttavia se proprio voto sarà, l’inquilino di Montecitorio ostenta sicurezza e ribadisce di non temere affatto l’esito delle urne: “Se avessi avuto timori sarei stato più tranquillo”.  

Alle parole di Fini fanno da amplificatore quelle rilanciate dai suoi uomini sulle agenzie di stampa: da Bocchino, a Lo Presti, da Urso a Briguglio. Tutti a dire o a far intendere che tra dodici giorni il Cav. cadrà alla Camera e forse – stando gli auspici futuristi – uscirà dalla scena politica. Auspici, appunto. Ma anche stavolta, l’ultima parola spetterà a lui.  A fare da contraltare ci sono quelle dei pidiellini Cicchitto, Capezzone, Bianconi (quest’ultimo definisce Fini un “visitors”), a riprova di come la ‘guerra’ tra ex alleati sia condotta anche sul piano mediatico, in attesa dell’ultima battaglia, quella decisiva. In Parlamento e voti alla mano.