Berlusconi, Mubarak e il pranzo che smonta il teorema dei pm
23 Febbraio 2011
E adesso? Dopo tante facili ironie, dopo una deliberazione della Camera dei deputati calpestata in sede giudiziaria e sottoposta a lazzi e sberleffi in sede politica, è proprio sull’aspetto apparentemente più singolare del Ruby-gate che rischia di franare il castello messo in piedi dalla Procura di Milano, a cominciare dalla sua pietra angolare: la competenza funzionale della magistratura meneghina a indagare e giudicare il presidente del Consiglio.
Non solo infatti, con il passare dei giorni e l’emergere di nuovi determinanti dettagli, appare ormai evidente che non fu il Cav. a suggerire a Ruby di millantare un rapporto di parentela con Hosni Mubarak, e che fu la ragazza ad accreditarsi in ogni dove, e da tempi non sospetti, come nipote di cotanto zio. Le notizie fresche di giornata, lungi dall’indebolire (come vorrebbero) la tesi fatta propria dall’assemblea di Montecitorio, finiscono col confermare anche il passaggio successivo: che a quella balla Silvio Berlusconi aveva creduto davvero!
Facciamo un passo indietro. La teoria dei pm di Milano, accolta dal giudice per le indagini preliminari che ha disposto il processo immediato a carico del Cav., è che nel telefonare al capo di gabinetto della Questura Berlusconi avrebbe abusato della sua qualità di presidente del Consiglio e non delle relative funzioni: di qui il mancato riconoscimento della competenza del Tribunale dei Ministri. Obietta la difesa che essendo il premier erroneamente convinto della parentela di Karima El Mahroug con l’allora presidente egiziano Mubarak, abbia agito per la tutela del rapporto con uno Stato estero. Una tesi "apertamente contraddetta dalla logica degli accadimenti" secondo il gip Cristina Di Censo, da un lato per l’asserito tono "generico e dubitativo" che il Cav. avrebbe usato sul punto, ma anche perché – è scritto nel decreto di rinvio a giudizio immediato – "non risulta da parte della Presidenza del Consiglio (…) l’attivazione di alcun, pur agevole, contatto con le autorità di quello Stato (l’Egitto, ndr) per la verifica della nazionalità e dell’identità effettiva di El Mahroug Karima".
Presa a verbale dai pm milanesi, in una delle sue tante versioni Ruby attribuì a Berlusconi il suggerimento di fingersi imparentata con l’ex Raìs del Cairo. Repubblica, manco a dirlo, ci si è buttata a pesce. Ma nei giorni scorsi è spuntato il racconto di Ester Fragata, titolare di un centro benessere a Messina, alla quale Karima si era presentata come nipote di Mubarak già nel gennaio 2009, ben prima dunque di conoscere il Cav., e di fronte ad almeno un testimone. Potendo escludere, anche solo per una ragione di logica delle probabilità, che Berlusconi abbia inventato la stessa balla che Ruby Rubacuori già usava da tempo per conto suo, se ne deduce che fu Karima a presentarsi alla porta di Arcore vantando nelle sue vene sangue egiziano di rango "imperiale".
La domanda conseguente è: possibile che il Cavaliere se la sia bevuta? La risposta arriva dal Corriere della Sera di oggi, che nel tentativo di picconare la tesi della Camera per cui il Cav. avrebbe voluto "tutelare il prestigio e le relazioni internazionali dell’Italia, giacché presso la medesima Questura era detenuta, a quanto poteva legittimamente risultargli, la nipote di un capo di Stato estero", le fornisce un inaspettato supporto. Racconta infatti il quotidiano di via Solferino di un pranzo ufficiale tenutosi a Villa Madama con l’allora presidente egiziano il 19 maggio 2010, appena una settimana prima dell’ormai famosa notte in Questura. A detta del Corriere, tutti i commensali – fra i quali diversi ministri – ricordano bene l’accenno di Berlusconi a una sua conoscente molto bella e in qualche modo imparentata con Mubarak, la reazione vagamente interrogativa di quest’ultimo e l’intenzione del Cav. di approfondire.
Secondo il quotidiano milanese, questo proverebbe che quando il premier, pochi giorni dopo, telefonò al capo di gabinetto della Questura, sapeva che Ruby non fosse affatto la nipote di Mubarak. Evidentemente al Corriere pensano che la questione dell’identità di Karima fosse talmente prioritaria per il nostro presidente del Consiglio che già nel giro di una settimana egli avrebbe dovuto compiere tutti gli accertamenti del caso.
A noi sembra invece che le conclusioni da trarre siano di segno opposto. E cioè che il Cavaliere, per arrivare a parlarne a Mubarak, fosse davvero convinto della frottola raccontata dalla Rubacuori. Che i dilemmi generati dalla conversazione con Mubarak spiegano il tono "generico e dubitativo" usato da Berlusconi nel colloquio con la Questura, addotto invece dal gip come prova della consapevolezza del Cav. di raccontare una fandonia. E che, alla luce di tutto ciò, è altrettanto discutibile il ragionamento del gip sulla mancata attivazione di contatti con le autorità egiziane per verificare l’effettiva identità di Ruby, visto che il presidente del Consiglio arrivò a parlarne direttamente al Capo dello Stato nordafricano e presunto zio della bugiarda nipote! Più autorità di così…
Un ultimo dettaglio. Secondo il Corriere, la conversazione tra Berlusconi e Mubarak sulla ragazza e la presunta parentela sarebbe stata dominata da un equivoco, dovuto all’esistenza di una giovane e nota cantante egiziana, 29 anni di età e nome d’arte Ruby. Si dà il caso che Karima El Mahroug usasse spacciarsi non solo come nipote del Raìs del Cairo, ma anche come figlia di una famosa cantante della stessa nazionalità. Un altro particolare che ritorna, un’altra tessera che in questo puzzle si incastra alla perfezione. Si può dunque essere così sicuri che Silvio Berlusconi non telefonò alla Questura nell’esercizio delle proprie funzioni, e che la Procura di Milano non abbia compiuto un’indagine nella quale, Costituzione alla mano, non si sarebbe mai dovuta addentrare?