Berlusconi, nuovo Pdl. Quanto graffia il “partito dei manager”
14 Giugno 2013
di Ronin
Che Berlusconi voglia rifare un "partito dei manager" tornando allo spirito volitivo e volontaristico della Forza Italia delle origini, che il partito debba avere una struttura leggera, senza apparati, meno costosa, che questo ridarsi una identità forse permetterebbe di recuperare i milioni di voti persi nell’ultimo anno, è una sempre una buona notizia, perché il Giaguaro non la smette mai di graffiare.
Il Pdl cambia sede, forse non si chiamerà più così, i vertici locali vanno ripensati. La linea tracciata nella cena a Palazzo Grazioli fa discutere, i commensali o almeno una parte non se lo aspettavano, qualcuno sulla stampa cita l’anti-Grillo. Con questa strategia si potrebbe rivincere le elezioni e ripartire da zero sul territorio dopo la batosta fra Treviso, Imperia e Brescia. Il nuovo partito dall’organizzazione aziendale avrebbe la sua musa e magari candidata in Sarah Palin alias l’onorevole Santanché.
Chissà, mai sottovalutare i brand visionari del Cavaliere e la loro immediata penetrazione nel mercato politico. Ma abbiamo un timore, che speriamo non sia una certezza. Che lo "zeitgeist" non sia più quello di una volta, che il Paese non esce dai meravigliosi anni Ottanta ma dal decennio della Grande Crisi. Mai come oggi lo spirito anticapitalistico che permea (non da oggi) l’Italia, inginocchiata davanti alla recessione, rende pezzi consistenti del Paese allergici e scettici verso il mondo imprenditoriale, confuso nella maggior parte dei casi con quello finanziario.
Il ritratto dei vampiri del capitale che insieme a quelli della politica succhiano la vita degli italiani, una stereotipia che è riflesso condizionato di un ideologismo ormai "metafisico" (e orrendo), purtroppo appare elettoralisticamente valido, come dimostra il successo della decrescita felice e della astensione di massa. Per cui è vero che il Pdl senza Berlusconi non vince, ma chiediamoci se altri imprenditori e uomini di finanza e capitani coraggiosi abbiano lo stesso appeal del Cavaliere, quella capacità di parlare e solleticare i sogni della pancia ormai dimagrita del Paese. Non bastano, come a Roma, i "mister 10 per cento".