Berlusconi, perché la sentenza Mediaset è un problema per il Pd

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Berlusconi, perché la sentenza Mediaset è un problema per il Pd

02 Settembre 2013

Comunemente si ritiene che la condanna inflitta a Berlusconi dalla Corte di cassazione di Milano abbia messo in difficoltà il PdL e tutto il centro destra, avvantaggiando per converso il Pd e in generale l’altra parte dello schieramento politico. Si tratta di un approccio che appare superficiale perché non è in grado di cogliere qual è la reale posta in gioco. Intendiamoci, per il PdL la condanna di Berlusconi pone certamente un serio problema, non facile da fronteggiare. Tuttavia la sentenza crea problemi almeno altrettanto seri al Partito democratico.

Dal 1994 in avanti il Pd (prima Pds e successivamente Ds) ha avuto davanti a sé due strade: 1) battere Berlusconi alle elezioni; 2) eliminarlo per via giudiziaria. I dirigenti democratici hanno oscillato tra queste alternative senza mai scegliere. In questa indecisione hanno pesato due fattori: un retaggio democraticista; un imbarbarimento ideologico. Il retaggio democraticista li porta a temere o sottovalutare il problema della leadership, fattore ineliminabile delle democrazie contemporanee.

Basti pensare a come siano stati logorati e liquidati i leader di cui il centro sinistra disponeva. Prodi esiliato in Europa dopo il ribaltone del 1998, riproposto come cavallo di ritorno otto anni dopo, infine brutalizzato come candidato alla presidenza della repubblica. Veltroni plebiscitato alle primarie nel 2007 ma ben presto osteggiato da una faida interna (nonostante il buon risultato avuto alle elezioni del 2008) e costretto a dimettersi. Anche alle elezioni politiche del febbraio scorso il rifiuto del principio di leadership che ha ispirato l’azione di Bersani si è rivelato decisivo per determinare la non vittoria.

Ancora di più ha pesato l’imbarbarimento ideologico che ha trovato espressione nell’emergenza giustizialista. Propugnato anzitutto da partitelli personali animati da pubblici ministeri entrati in politica (Italia dei Valori, la Lista Ingroia) il giustizialismo, per il tramite della questione morale e della diversità antropologica teorizzzate a suo tempo da Enrico Berlinguer, risulta popolare nel popolo di sinistra orfano del marxismo (e delle sue incarnazioni storiche) e diseducato a ragionare di politica. Il giustizialismo fornisce al tempo stesso una pseudo ideologia onestista e dà una coscienza tranquilla a buon mercato (la certezza di essere meglio dei propri avversari politici a prescindere).

Adesso, però, la sentenza della Cassazione su Berlusconi fa venire al pettine tutti i nodi non sciolti finora e impone delle scelte che sono ultimative. La decisione della magistratura milanese presenta già bella e fatta, per così dire, la soluzione del problema Berlusconi per via giudiziaria. La tentazione di imboccare questa scorciatoia rischia di diventare irresistibile, con il rischio di debilitare ulteriormente il nostro malmesso sistema politico. Ratificare senza esitazioni il verdetto del 1° agosto scorso, eludendo il problema dell’agibilità politica di Berlusconi, significa aumentare ulteriormente lo squilibrio tra potere politico e ordine giudiziario che condiziona negativamente, da circa due decenni, la nostra vita pubblica.

Senza dimenticare l’eventualità, tutt’altro che remota, che alle prossime elezioni il problema dell’agibilità politica del leader del centro destra si riproponga drammaticamente a suon di voti. Come si vede la sentenza della Cassazione pone interrogativi drammatici a tutte le principali forze politiche. C’è da augurarsi che la difficoltà del momento imponga a tutti comportamenti responsabili.