Berlusconi potrebbe non avere tutti i torti quando parla di giustizia malata

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Berlusconi potrebbe non avere tutti i torti quando parla di giustizia malata

07 Ottobre 2011

Non ci sono stati vincitori o vinti nelle aule di Perugia. Amanda Knox e il suo ex-fidanzato Raffaele Sollecito hanno appena perso quattro anni delle loro vita per un crimine che insistono nel dire non aver commesso. E la famiglia della studentessa britannica Meredith Kercher non è in grado di affermare con certezza chi abbia partecipato nel suo raccapricciante omicidio.

Le loro condanne, rafforzate da sentenze precedenti del Tribunale e basate sull’assunto che l’omicidio fosse avvenuto per mano di più della sola persona sinora condannata, Rudy Guede – il quale si è preso 16 anni per il suo ruolo nell’assassinio – rimane intatto. Ma il processo è pieno di perdenti. Primo fra tutti: il sistema giudiziario italiano.

Il primo passo è la misurazione di quanto esso sia effettivamente azzoppato: gli imputati sono rimasti in carcere un anno, prima che il processo in primo grado iniziasse. In secondo grado, il processo è durato 11 mesi, con solo 20 udienze. Già questo la dice lunga sul significativo potere in mano ai magistrati che indagano.

A ciò si aggiunga la domanda che a oggi rimane ancora senza risposta, ovvero se il pm Giuliano Mignini, a sua volta ricorrente contro una sentenza di condanna nei suoi confronti per abuso d’ufficio e che crede di essere vittima di un complotto per un suo coinvolgimento in altri casi ‘sensibili’, fosse l’uomo giusto per condurre il caso.

Come noto, il secondo grado di giudizio è stato giocato sull’attendibilità delle perizie medico-legali contro Knox e Sollecito. Il ferretto del reggiseno risultato positivo al DNA di Sollecito non è stato scoperto che 47 giorni dopo l’assassinio. Alcuni video mostrano come gli investigatori se lo passassero con guanti contaminati. E così l’attendibilità di una delle prove fondamentali per l’accusa è stata inficiata per imperizia. La professionalità della squadra della scientifica ha lasciato molto a desiderare.

La sentenza della Corte d’Appello è stata solo l’atto secondo in un’Opera legale che andrà avanti ancora a lungo. Mentre la Knox è ormai tornata a casa, Mignini è fiducioso che la Cassazione – il supremo tribunale italiano – capovolgerà il verdetto della Corte d’Appello.

Se c’è una falla principale nel sistema della giustizia italiana, è che esso arriva raramente a una conclusione definitiva. Un’udienza semplicemente apre la porta a quella successiva, in un metodo di orchestramento mediatico e di pubblicazione frenetica. Il caso Kercher ha già permesso la sfornatura di undici libri e di un film.

Ogni sistema penale giudiziario ha le sue falle, men che meno il nostro [l’editorialista si riferisce al sistema penale giudiziario britannico, ndt]. Ma gli attacchi a gran voce di Silvio Berlusconi contro i magistrati italiani – quando parla di sistema malato – potrebbero non essere del tutto infondati. Lui – comunque – è l’ultima persona che possa risolverli, e quando cerca di riformarlo ne diventa il principale beneficiario.

Il problema più grande in questo caso giudiziario è che già molto prima che il processo iniziasse luridi e sensazionalistici dettagli, filtrati dall’ufficio del pubblico ministero, avevano già creato un’aurea di colpevolezza attorno agli imputati.

Ci dicono che questo processo continuerà. Un’alta percentuale di verdetti è spesso soggetto a capovolgimenti. Ma è questa giustizia?

Tratto dal The Guardian del 4 Ottobre 2011