Berlusconi prova a ricucire lo strappo tra Nato e Russia ma non sarà facile
29 Giugno 2009
Ieri il quotidiano l’Unità ha scritto che il Cav. “si è attribuito i meriti degli accordi fra Nato e Russia” siglati in questo fine settimana al vertice Osce di Corfù. Ma l’agenzia di stampa russa Itar-Tass racconta le cose un po’ diversamente. Leggiamo una dichiarazione di Dimitri Rogozin, inviato della Russia presso la Nato: “Il livello del meeting di Corfù è stato più alto di un semplice incontro ministeriale grazie alla presenza del primo ministro italiano Silvio Berlusconi e di quello greco Karamanlis”. Rogozin ha ricordato le parole del Cav. sullo “spirito di Pratica di mare” che Mosca continua a valutare positivamente.
Gli accordi siglati a Pratica di Mare nel 2002 portarono alla nascita del “Consiglio Nato-Russia” (che si è riunito informalmente a Corfù per la prima volta dopo il gelo seguito alla Guerra in Georgia dell’estate scorsa) e segnarono uno storico riavvicinamento fra le potenze occidentali e l’ex impero sovietico, soprattutto nella cooperazione per la sicurezza e la stabilizzazione dell’Afghanistan (collaborazione che non si è interrotta neppure dopo lo strappo georgiano), nella lotta alla proliferazione nucleare, al terrorismo, alla pirateria, al traffico di droga.
Sarà anche vero che i diplomatici domiciliati all’Hotel Imperial di Corfù si chiedevano "quando arriva Papi" dandosi di gomito, come riportano le agenzie, ma sottovalutare l’effetto sorpresa dello sbarco di Berlusconi nell’isola greca vuol dire negare l’evidenza. Dopo un G8 dei ministri degli esteri che ad alcuni osservatori è sembrato un po’ appannato, in un colpo solo, il Cav. ha rilanciato la sua immagine di tessitore fra Washington e Mosca (tra pochi giorni Obama visiterà il Cremlino), smarcandosi dal gossip italiota. Va segnalata anche la dichiarazione d’intenti con il premier Karamanlis sulla necessità di realizzare il gasdotto South-Stream per rifornire di energia i paesi europei. Il gasdotto è uno degli asset nella nostra politica estera verso la Russia, visto che parliamo di un progetto Eni-Gazprom. “Dobbiamo fare i conti con i Paesi dei Balcani” ha detto il premier.
Il New York Times ha definito l’incontro di Corfù “relatively conciliatory”, un passo in avanti verso la soluzione del contenzioso aperto tra l’Alleanza Atlantica e Mosca sullo status delle repubbliche separatiste georgiane di Ossezia ed Abkhazia. E’ questa la vera spina nel fianco di Berlusconi nel momento in cui si propone di rilanciare la cooperazione fra Nato e Russia. Come pure uno dei rischi che corre l’Italia alla ricerca di un difficile equilibrio tra la fedeltà atlantica e la partnership stabilita dal Cav. prima con Putin e poi con Medvedev. Le frizioni dopo la Guerra in Georgia non sono archiviabili perché la Russia – per bocca del suo ministro degli esteri Lavrov – continua a ritenere quella georgiana “un’aggressione”, rivendicando il riconoscimento unilaterale delle repubbliche caucasiche separatiste, e bloccando il lavoro degli osservatori Osce nell’area.
Lo scorso aprile, Mosca aveva ritirato uno dei suoi generali da un meeting con i comandanti della Nato per stigmatizzare le esercitazioni dell’Alleanza nel Caucaso; la Nato ha espulso un paio di diplomatici russi da Bruxelles accusandoli di spionaggio; la Russia ha risposto espellendo due feluche dell’Alleanza. Ecco perché la decisione presa a Corfù dalle rispettive diplomazie – riattiviamo la nostra collaborazione politico-militare – è un primo passo positivo dopo un anno di buio. Ed ecco perché Berlusconi è stato particolarmente cauto nelle sue aperture. E’ un cammino pieno di ostacoli.
Nella prospettiva di Mosca, la “architettura della sicurezza” comune è un altro modo per dire che in futuro non dovranno ripetersi ‘sconfinamenti’ occidentali com’è avvenuto nel Caucaso, e prima ancora con la crisi dei missili in Polonia e il riconoscimento del Kosovo. Dietro l’aggettivo “multipolare” tanto caro a Medvedev s’intravede la comprensibile logica di potenza seguita da Mosca. Secondo il direttore della Roosvelt Foundation For Usa Studies, Yuri Roguliov, “le potenze occidentali e la Russia non sono pronte per dei cambiamenti così drastici nelle loro posizioni, non lo sono né da un punto di vista politico né militare”. Lo stesso ex segretario della Nato, Solana, ha sottolineato che l’agenda dei rapporti con la Russia non riguarda solo le questioni militari e di sicurezza ma anche quelle economiche, i diritti umani, lo sviluppo della democrazie, con un riferimento implicito alla stretta autoritaria di Mosca in politica interna e non solo al suo espansionismo nel “cortile di casa”.
Le differenze insomma rimangono. Ma sulla Georgia prima o poi gli Usa, la Nato e la Russia, potrebbero trovare un accordo. Questa settimana il “National Interest” pubblica un articolo assai critico sullo “stravagante, impulsivo e autoritario” presidente georgiano Saakashvili, accusandolo senza mezzi termini di aver provocato la reazione russa dell’estate scorsa.