Berlusconi vuole andare avanti perché votare ora sarebbe una iattura

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Berlusconi vuole andare avanti perché votare ora sarebbe una iattura

10 Settembre 2010

Non sempre la soluzione che appare la più semplice e la più lineare risulta essere anche la più efficace. Sarebbe facile per la maggioranza staccare la spina al governo, come sostiene qualcuno, ed avere automaticamente in tasca elezioni anticipate e vittoria. Le cose non stanno così.

Intanto non è detto che alla sfiducia segua il ricorso alle urne, per quanto sarebbe giusto: non dimentichiamo che il nostro è un sistema parlamentare e non presidenziale. Anche se la cosiddetta Costituzione materiale è mutata, quella che conta in punto di legittimità è la Costituzione formale. E questa dice che finché vi è una maggioranza purchessia nei due rami del Parlamento tale da assicurare la governabilità non vi altra strada che assecondarla. Siamo certi che tale ipotesi non venga esperita? Non ne sarei così sicuro. E la prospettiva mi terrorizza come cittadino per le convulsioni politiche, istituzionali e sociali che potrebbero discenderne.

Quanto poi alla certezza della vittoria sarei piuttosto cauto. La gente è stanca. Sa poco o nulla di come stanno le cose. Non si entusiasma un elettorato per risolvere con il voto beghe interne ad una coalizione: il Pdl perderebbe molti consensi al Nord e non pochi al Sud. Alla Camera la partita dovrebbe farla sua, ma al Senato? L’interrogativo dovrebbe suscitare almeno qualche perplessità nei tifosi delle elezioni a tutti i costi.

E come spiegare all’Europa che assiste alla decomposizione del nostro sistema politico che la rottura tra i fondatori del partito di maggioranza relativa determina il ricorso alle urne in una situazione economica e finanziaria assai precaria, aperta alle incursione degli speculatori e con un conflitto sociale alle porte che potrebbe innescare disagi tale da innescare una vera e propria crisi di legalità?

No, le elezioni sarebbero una iattura. E a nulla valgono le obiezioni di quanti dicono che potrebbero essere utili oggi che Futuro e libertà non è ancora strutturata e la sinistra è ai minimi termini piuttosto che domani, quando le condizioni generali potrebbero essere mutate. C’è di mezzo l’interesse generale. Ed esso è sempre e comunque prevalente. Il governo e chi lo sostiene lealmente non devono aver il timore di farsi logorare da chi, all’interno stesso della compagine, lavora a tal fine.

E’ semmai più probabile il contrario. Vale a dire che il Pdl, fin quando i numeri in Parlamento saranno dalla sua parte (e mi sembra che il presidente del Consiglio abbia fugato molti timori al riguardo), ha la possibilità di logorare gli avversari di dentro e di fuori, cioè a dire quelli che apertamente lo avversano e quelli che lavorano perché si indebolisca prendendosi il tempo di cui hanno bisogno per crescere. Lo può fare strutturandosi meglio e più capillarmente sul territorio; aprendosi alla meritocrazia nel ridisegnare gli assenti interni al partito e al governo se necessario; elaborando una proposta il linea con le aspettative dei cittadini e con i grandi temi che sovrastano la politichetta nostrana; rilanciando la riforma dello Stato e la democrazia diretta.

Si sente la necessità di un ampio dibattito politico-culturale sull’avvenire del Paese a fronte dei repentini cambiamenti che il globalismo propone: può un partito politico con qualche ambizione sottrarsi a questo compito? L’impegno è difficile, senza dubbio. Ma alle domande della modernità non si può rispondere con i tatticismi a cui si viene obbligati da chi non ha compreso come la politica si sta trasformando in tutto il mondo ed il tempo delle gherminelle appartiene ad un passato che non può tornare. A quel passato cui si deve ascrivere, purtroppo, anche la decomposizione del Pdl e le storture istituzionali e politiche ad essa connesse nelle quali la Repubblica si dibatte.

Più chiaramente: il presidente della Camera  può restare al suo posto mentre crea di fatto di un altro partito e dichiara esplicitamente morto quello dal quale esce che invece è ben presente nel ramo del Parlamento che lui, interamente ed imparzialmente, dovrebbe rappresentare? S’addice un’uscita del genere al ruolo di garante di tutte le forze politiche espresse dall’elettorato? Questo è il problema di fronte al quale sta un regolamento che non poteva prevedere, nel momento in cui veniva approvato, una situazione come quella che si è determinata negli ultimi tempi.

Sono certo, per come lo conosco, che l’onorevole Fini continuerà a guidare la Camera in modo ineccepibile, ma resta la sostanza della confusione dei ruoli politici che in democrazia dovrebbe essere assolutamente scongiurata, poiché da essa traggono origine, seppur non voluti, conflitti tali da paralizzare le istituzioni. Nessuno può chiedere al presidente della Camera, come si sa, di farsi da parte, ma a chiunque è dato di suggerirgli quanto meno un attivismo più attenuato proprio sul fronte parlamentare per ovvie ragioni che non starò qui ad elencare, tanto sono risapute. Ne guadagnerebbe la stessa presidenza e contribuirebbe a distendere il clima.