Bernard-Henri Levy: “Il socialismo sta morendo, speriamo accada in fretta”
28 Luglio 2009
"Il Partito socialista francese è morto", parola di Bernard-Henri Levy, filosofo, scrittore, voce autorevole della sinistra francese.
Le cause della scomparsa dei socialisti, ha detto in un’intervista rilasciata a le Journal du dimanche, hanno origine nella fine del comunismo: “quando l’astro è tramontato, quando a brillare è rimasta soltanto la luce delle stelle morte, è tutta la sinistra, tutta la sua galassia che, a sua volta, ha cominciato a impallidire”. Poi ha paragonato la decadenza del partito socialista francese al ciclista di Alfred Jarry che pedalava nonostante fosse già morto, ma anche al celebre cavaliere dimezzato d’Italo Calvino, la cui armatura era vuota. La parola d’ordine che echeggia nella sede di rue de Solferino è "restaurazione", altro che progresso.
Sono passati 35 anni dalla nascita del partito al congresso di Epinay. E poi le "35" ore, i PACS , la copertura sanitaria universale, la disoccupazione al minimo storico… ma proprio questi risultati, secondo il filosofo, hanno mascherato la lenta decomposizione dei socialisti. "La vittoria di Mitterand, l’esaltazione che ne è derivata, l’ascesa del Fronte nazionale, hanno fatto nutrire alla sinistra francese l’illusione di una identità facile; ma ora il partito non incarna più la speranza di nessuno". Suscita solo collera ed esasperazione.
"Non ho mai visto politici spendere tante energie nella propria autodistruzione. Siamo alla fine di un ciclo. Bisogna accelerarne la fine, sì, bisogna finirla il prima possibile con questo grande corpo malato che, ironicamente, come il proletariato di un tempo, pare occupato a negarsi in quanto tale”.
I socialisti si trovano nella stessa situazione del partito comunista alla fine degli anni ’70, quando, a disintegrazione avviata, si cercava di scongiurarla tramite formule magiche tipo "rifondazione" e "rinnovamento". E’ una trappola in cui inciampa lo stesso Henri Levy, quando consiglia di ricominciare trovando un nuovo nome al partito. Cita Camus: “Chiamare male le cose significa accrescere la miseria del mondo. Chiamarle bene, invece, diminuisce la confusione, conduce all’essenziale. Ora, cos’è l’essenziale? Tre grandi rifiuti, da pensare insieme e non contraddittoriamente, che sono l’identità stessa della sinistra. L’antifascismo. L’anticolonialismo. L’antitotalitarismo”.
E l’antisarkozysmo, ovviamente. Liberarsi da Sarkozy è fondamentale “perché il socialismo muore e Sarkozy può arruolare nuove leve”. E qui scatta il fendente contro i cugini del Belpaese: “guardatevi bene dall’antiliberalismo pavloviano – dice ai suoi concittadini – dall’incapacità, come avviene nella sinistra italiana, di saper distinguere il liberalismo ‘buono’ da quello ‘cattivo’.
Come pure dall’antiamericanismo, un infallibile indicatore della "discesa verso l’anti-illuminismo" di un popolo. I socialisti francesi sbagliano anche quando rendono Obama "un feticcio", non accorgendosi della prima lezione impartita dal presidente americano: tornare ai valori del progressismo. Dovrebbe invece seguirne l’esempio.
Nel frattempo il partito si trova a resistere nelle 20 regioni in cui governa, in vista della prossima tornata elettorale del 2010. I vertici si sono stretti attorno al segretario Aubry per superare la tempesta Henri Levy, compresa Segolène Royàl, che ha espresso la sua solidarietà alla ex avversaria.