Bersani, 100 ne pensa (e nemmeno una ne fa)

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Bersani, 100 ne pensa (e nemmeno una ne fa)

24 Settembre 2010

“In un bocciodromo la boccia si può tirare ‘a punta’, ‘a bocciata’ o in altro modo, ma se uno va in una bocciofila non può tirare come gli pare”. Occhio però, perché “se vogliamo cambiare sta società”, quando “le bocce si sono fermate”, “dobbiamo decidere la barra” e fare squadra senza perdere di vista che “la storia non si ripete mai, ma ama le rime”. Capito qualcosa? Fa nulla. Ammettiamo di essere i primi a non aver compreso il senso di quanto appena riportato, ma fortunatamente non è farina del nostro sacco. L’autore verbale di cotante espressioni linguistiche è nientemeno che Pierluigi Bersani. Già, il segretario del Pd, quello che per capirlo ci vorrebbe il traduttore.

Le sue (s)colorite espressioni ci sono tornate alla mente ieri quando, nella sua relazione di apertura della direzione del Pd, ha usato questa espressione per chiarire meglio la sua posizione all’interno del partito: “La mia narrazione è un sogno ma con le gambe per camminare”. Roba che se la sentono i vari Gianrico Carofiglio o Stefano Benni ci aprono subito la quarta di copertina del loro nuovo romanzo. Ma deve stare attento, Pierluigi Bersani perché non è detto che i suoi elettori capiscano il “bersanese”. Certo, poi c’è da dire che da quando il segretario del Pd scattò del suo partito una istantanea simile all’Associazione Volontari Italiani Sangue, Avis, il suo bacino elettorale deve essersi sentito pronto a tutto. Un anno fa, al Meeting di Rimini, descrisse così, in maniera piuttosto vampiresca, il Pd: "Un partito che accoglie chi dà il sangue per gli altri". E così sia.

Del Premier a un certo punto ha detto: “Berlusconi ha perso le piume”. E di Tremonti ha farfugliato qualcosa di altrettanto incomprensibile. Ora, che al ministro dell’Economia vorrebbe strappare dal viso gli occhialetti, buttarli in terra e calpestarli come si fa al compagno di classe antipatico in prima elementare si sa, ma sentendolo definire uno “tutto riso e fagioli”, più di qualcuno si sarà chiesto cosa volesse dire (noi per primi). La Gelmini invece la definì una rompicoglioni, che se fosse stato Berlusconi a usare questa espressione nei confronti di un suo avversario politico sarebbe venuto giù il mondo.

E via con le espressioni a lui più care, quelle direttamente riconducibili al mondo agro-pastorale (e non solo). “La raccolta non la fai quando semini”, “il consenso è come una mela sul ramo: balla, balla ma cade solo se c’è il cestino”, “Io non ho mandato per pane i farmacisti” o, ancora, “giovane e vecchio non valgono un bottone”.  E vabbé, è fatto così, avrà sussurrato qualcuno in tutti questi anni e soprattutto in queste ultime settimane cercando di dare un senso alle parole di Pierluigi. Ma quando ha detto che per far vincere il merito “devi levare un po’ di cuccia, se no la tieni sempre lì che succhia”, siamo certi che nessuno ha capito un piffero.

E che dire del Bersani-versione-artigiano? Roba da far accapponare la pelle. Un partito si costruisce “a forza di cacciavite”, sentenziò. E poi spiegò meglio il concetto: “La lama si affila sul sasso”. Ah però!  

Deve essere anche un assiduo frequentatore di club radical-chic dove si gioca a carte. Perché sentirsi dire (in questo caso i suoi compagni di partito) che “ci hanno levato la briscola” o che “siamo rimasti col due in mano” fa sempre un certo effetto.

Anche Veltroni aveva un suo linguaggio, ma perlomeno si poteva riassumere in un “sì-ma-anche”. Davanti a  mele, ruote, bocce, bottoni, piume e fagioli ci sarà davvero qualcuno, in questo caso ha ragione il segretario del Pd, che “non sa più che pesci pigliare”. Bersani, dia retta: va bene vivere di pane e metafore, ma stia attento ai messaggi che lancia. Per capirli ci vuole il traduttore. Certo, se poi per sceglierlo si fanno le primarie – permetta anche a noi di usare un famoso adagio popolare  – siamo punto e a capo.