Bersani dica cosa pensa davvero del fiscal compact voluto dalla Merkel

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Bersani dica cosa pensa davvero del fiscal compact voluto dalla Merkel

23 Febbraio 2012

E’ dalla drammatica due giorni dell’8-9 Dicembre scorso, durante il Consiglio Europeo del ‘gran rifiuto’ del premier inglese David Cameron di fronte a Francia e Germania (questo non fatto “per viltà” ma per responsabilità politica), che l’Europa vive ormai sotto il tacco molto tedesco (o meglio merkeliano) dell’austerità, la stessa che ha prodotto il fiscal compact europeo – anche detto ‘strumento di germanizzazione europea-, il piano condizionato di aiuti alla Grecia e tutto il resto di cui sappiamo (governi tecnici compresiù).

Per mesi, coloro rimasti sotto shock dal fatto che l’intera architettura politica e burocratica europea fosse stata presa in ostaggio da Berlino e dal governo tedesco si sono chiesti cosa ne pensassero i socialisti europei, soprattutto ora che s’approssimano le elezioni presidenziali francese, da molti social-democratici percepite come quello che potrebbe diventare il tournant decisivo del ritorno al potere della sinistra social-democratica in Europa.

Chi scrive fu mandato – ebbene sì – al Tempio d’Adriano a Roma lo scorso Dicembre ad ascoltare nientemeno che il candidato socialista francese alle prossime presidenziali d’Aprile, François Hollande, ospite del PD, per capire cosa ne pensasse del modello Merkel e della politica d’austerità imposta all’Europa, ben prima che il dinosaure del PSF sconfessasse pubblicamente il fiscal compact merkeliano durante una trasmissione radiofonica in Francia e ancora prima che uscissero le ’60 promesse per la Francia’, il suo programma presidenziale.

Sulla copertina de ‘l’Unità’ del 23 Febbraio scorso, campeggia una foto dei tre leader social-democratici (e post-comunisti) di Francia, Italia e Germania: François Hollande al centro (forse perché primo al test delle elezioni?), a destra Pierluigi Bersani (lui è il post-comunista di turno) e a sinistra Sigmar Gabriel, il presidente della SPD, i social-democratici tedeschi.

Mega titolo un po’ tabloid ma neanche tanto “Il manifesto di Parigi”. A  quanto dicono i tre hanno convenuto sulla necessità di fornire un’alternativa socialista europea – dunque neo-keynesiana e spendacciona in materia di finanza pubblica – alle politiche d’austerità imposte dalla cancelliera tedesca Angela Merkel all’Europa meridionale e non solo.

A primo acchito parrebbe un estremo tentativo dei socialisti europei di difendere la bontà (immaginiamo redistributiva) dei modelli neo-keynesiani di politica economica, come noto connotati da forte spesa pubblica e alta pressione fiscale. Se effettivamente “Il manifesto di Parigi: crescita, solidarietà, democrazia” (correte, correte, tanta vacuità mi soffoca!) dovesse essere firmato il prossimo 17 Marzo nella capitale francese, questo creerebbe scenari tutti nuovi. Ce ne vengono in mente due ictu oculi: uno faceto e l’altro un poco più serioso. Iniziamo da quest’ultimo.

Come abbiamo raccontato qui su “l’Occidentale”, l’attuale configurazione politico-partitica CDU/CSU-FDP, ovvero cristiani democratici e liberali, che sostiene la Merkel al Bundestag non sarà riproducibile alle prossime elezioni politiche nel 2013. I due scenari alternativi per la Merkel sono una nuova Große Koalition tra CDU/CSU- SPD, oppure un patto contro natura con, niente meno che, i Grünen, i Verdi tedeschi.

Una possibilità quest’ultima resa possibile anche dalla rinuncia al nucleare voluta dalla Merkel a partire dal 2022. Di fatto, se Gabriel vincolerà il prossimo candidato della SPD contro la Merkel al ‘manifesto di Parigi’ e al partito europeo della crescita fatta in deficit, alla cancelliera non rimarrà altra soluzione che correre da sola, tentando ‘l’asso piglia tutto’, oppure effettivamente mettere in campo una soluzione tutta nuova cristiano-democratica-verde.

Quanto allo scenario faceto, come noto la Germania della cancelliera Angela Merkel ha tutto l’interesse che i governi europei che bon gré mal gré hanno accettato la “German rule” dell’austerità e del fiscal compact, restino in sella. E’ per questo che, prima volta nell’Europa delle Nazioni e del principio di ‘non ingerenza’, un capo di governo come la Merkel s’impegna nella campagna elettorale di un paese, certo alleato e amico (recente) come la Francia a sostegno dell’amico Nicolas che ha bevuto l’amaro calice del merkelismo.

Se tanto ci dà tanto, se la Merkel si è prestata a sostenere Sarkozy in campagna elettorale (vedremo tra un paio di mesi con quali esiti) pur di proteggere il fiscal compact e le casse pubbliche tedesche, non possiamo escludere che per le stesse ragioni la Merkel finisca per fare un po’ di campagna elettorale anche per il nostro Angelino Alfano.

Si tratta certo di scenario ardito ma, di per sè, non impossibile. D’altronde gli ultimi sei mesi di politica europea (e italiana) ci hanno offerto spettacoli molto più sconvolgenti, che a pensarci bene, Angela che regge il braccio proteso al cielo di Angelino non ci pare così incredibile.