Bersani dopo Benni (Stefano). La cultura di sinistra ha già abdicato a Grillo

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Bersani dopo Benni (Stefano). La cultura di sinistra ha già abdicato a Grillo

02 Marzo 2013

E’ sempre più evidente come lo smottamento della sinistra italiana verso il "grillismo" ancor prima che un fenomeno politico sia un pericoloso cedimento culturale. La foto con Grillo a viso coperto accanto allo scrittore e poeta Stefano Benni è solo l’ultimo pezzo di un ritratto di famiglia che comprende il premio nobel per la letteratura Dario Fo, il critico letterario Asor Rosa, la scienziata Margherita Hack. Pezzi da novanta che con il loro endorsement valgono molto di più di mille inchieste giornalistiche di uno Scanzi nei salottini apocalittici e borghesi della legittimazione pop. Pensando a una vecchia poesia di Benni, viene da dire che il "Compagno Romeo" ha definitivamente lasciato il corteo.

Mentre il vertice del Pd cerca di resistere alla tentazione e anche Renzi e Veltroni si danno la sveglia con uno scatto d’orgoglio riformista, i ridimensionati alla Vendola sono pronti all’inciucio con i 5 Stelle, lavorando a una piattaforma comune che dal No-Tav alla decrescita felice vede queste forze perfettamente complici nello spirito e sul terreno dell’antimodernismo (anticapitalismo, antiberlusconismo, antiamericanismo, pacifismo, eccetera).

Il cedimento strutturale del vendolismo verso Grillo è il segnale più chiaro dell’abdicazione culturale della sinistra verso l’anarchia che ha caratterizzato tante fasi della storia italiana e che fa geneticamente parte della nostra indole. Per non scavare troppo lontano basta riandare all’Ottantanove, quando, frullata l’eredità comunista nel movimentismo postmoderno, i mostri sacri dell’ex pensiero forte si mossero in ordine sparso, sempre attratti da fenomeni di piazza come nologo-noglobal-popoloviola-se-non-ora-quando, eccetera eccetera.

Fino all’amore dichiarato per il Capataz Fidanza, per l’anarchismo utopico e orwelliano che crede ciecamente nella trasparenza assoluta del web, nella fine del soggetto centrato e nell’assoluto anonimato (Guy Fawkes), all’insegna della più bieca omologazione virtuale.

Non è chiaro cosa unisca il social guru Casaleggio e gli interessi dei suoi associati ai vari Fo, Benni, Asor Rosa e Co. dal punto di vista delle radici identitarie, storiche e culturali. Se non appunto la mancanza di una radice comune, il fatto di essere senza storia o di averla persa per strada. Nel frattempo la stampa straniera che ci avrebbe dichiarato guerra se fosse stato Berlusconi ad annunciare l’uscita dall’euro ora santifica il nuovo movimento. Goldman Sachs fiuta l’affare dell’instabilità. E gli "utili idioti" delle casematte culturali se ne vanno dietro il mito della decrescita senza ricordare, come dovrebbero, quel racconto di Gianni Celati sulla famiglia Bastuzzi, ma gliela ricordiamo noi.

La famiglia Bastuzzi viveva beata e contenta seguendo il ciclo delle stagioni, addormentandosi con gli animali in letargo e cibandosi di quanto gli regalava spontaneamente la natura. Non conosceva crescita o progresso ma solo una felice stasi eterna e un lentissimo regresso. Questo modello, arcaico quanto fraudolento rispetto alle sfide della modernità, è cieco davanti al travolgente processo di cambiamento e trasformazione imposto dal mondo globalizzato. Ci raccontano che un’impresa agricola verde e il turismo sostenibile sostituiranno il vecchio sistema industriale o qualsiasi piano di innovazione infrastrutturale. Il grillismo è un buon placebo per chi a sinistra ha dimenticato come funziona il Capitale di Marx.