Bersani e Renzi, fate un ticket e pedalate

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Bersani e Renzi, fate un ticket e pedalate

29 Novembre 2012

Mi sono immaginato di ritorno da una lunga permanenza all’estero e finito quasi per caso davanti alla tivvù a seguire il duello finale Bersani-Renzi di mercoledì sera. E ho cercato di capire quali impressioni ne avrei tratto.

Per cominciare credo che mi sarei piuttosto annoiato. Se avessi voluto sfruttare quell’occasione per rimettermi in sintonia con il clima e i problemi dell’Italia da cui mancavo magari da un bel po’, avrei fatto fatica. I famosi "contenuti" erano sbriciolati qua e là e per lo più frutto di compitini ben digeriti ma privi di convinzione e di colpi d’ala.

C’era un che di forzato e di sbrigativo da parte di entrambi nello sciorinare proposte e soluzioni per questo o quel problema, fosse il pareggio dei conti pubblici o i matrimoni gay. C’era forse anche la stanchezza di fornire risposte trite e ritrite, mille volte rigirate come vecchi calzini nel tourbillon delle primarie.

I due contendenti si riprendevano appena un po’ quando si trattava degli "affari interni", le regole, il destino del Pd, le alleanze, la polemica spicciola che aveva lasciato la sua lunga scia durante tutta la contesa. Ma a me, appena rientrato dall’estero, tutto questo avrebbe detto poco o nulla, e lungi dall’appassionarmi mi avrebbe confuso le idee e dato la sensazione asfittica e poco interessante di una piccola competizione di partito, non di uno scontro per governare il paese.

Se avessi voluto anche semplicemente farmi un’idea del carattere dei due uomini non avrei avuto molto materiale su cui lavorare. I due mi sarebbero apparsi ben allenati allo scontro ma molto impostati, con le battute pronte e studiate a tavolino con i loro spin doctor: un po’ di compassione, due o tre colpi bassi ma misurati, qualche storia personale, la famiglia, il fratello medico, il parroco, la bambola rossa di Lucrezia. Sì, certo, uno in giacca, uno in camicia, uno più giovane uno più vecchio, uno toscano, uno emiliano, ma niente di più.

Mi sarebbe rimasta al massimo qualche sensazione ma di poco conto. Il più giovane, che avrebbe dovuto essere il più battagliero, sembrava invece preparato alla sconfitta e quasi adattarsi ad essa con un certo compiacimento. Certo fingeva il contrario ma si sentiva che pensava già al dopo e a come massimizzare il risultato. Forse pensava: "il prossimo giro e mio senza fatica". L’altro, più vecchio e navigato sembrava andare incontro alla vittoria senza volerla, con un tratto malinconico e anche un po’ spaventato di chi pensa "chi me l’ha fatto fare".

Alla fine del dibattito mi sarei accorto che i due appartenevano allo stesso partito e mi sarei chiesto, ma allora? Che state a smacchiare leopardi in tivvù, fate un ticket e pedalate.

P.S. Poi certo qualcuno mi avrebbe spiegato della "festa della democrazia" del "popolo delle primarie" e lì avrei dovuto tacermi.

Tratto da Huffington Post