Bersani finge di aver vinto le elezioni per nascondere le sconfitte del Pd
18 Maggio 2011
Pierluigi Bersani si risveglia. E cerca riflettori e telecamere per rivendicare e intestarsi il ruolo del vincitore. Sensazione anomala dopo tante cadute e un’ebbrezza che lo spinge anche ad azzardare una richiesta di voto anticipato.
“C’è un perdente e c’è anche un vincitore: il Pd e il centrosinistra”. Una tesi che tutto il partito ha voglia di sposare, dimenticando la provenienza non esattamente democrat di Giuliano Pisapia e lo schiaffo sonante incassato a Napoli. Tant’è che lo stesso Walter Veltroni – che aveva parlato di verifica interna se le cose fossero andate male – ora fa il “beau geste” e racconta che "nella riunione del coordinamento, dopo la relazione di Bersani, sono stato io stesso a chiedere un applauso e a dire che era inutile il dibattito perché condividevamo tutti la relazione del segretario". Segno evidente della volontà di marciare uniti e di provare a rientrare davvero nella partita politica.
Bersani rivendica il risultato amministrativo del Pd ("di 35 città e province vinte e al ballottaggi, in 28 c’è un candidato Pd; siamo allo 0,1 dal primo posto a Milano, il primo partito a Trieste e Cagliari"), sottolinea la "scoppola micidiale" presa dal Pdl e oscilla tra il mettere spalle al muro la Lega e la tentazione di blandirla. “Va in difficoltà, nettamente in difficoltà in tutto il Nord. È successo qualcosa di eclatante”. Per il leader del Pd è il segnale che “i piedi in due scarpe non li può più tenere. Bisogna decidersi, governare non è obbligatorio, non lo dice il dottore. Bisogna essere coerenti, o si governa o si sta all’opposizione”.
Il segretario è netto: “Non penso possa durare molto, al 2013 non ci si arriva”. Una scommessa sulla fine anticipata della legislatura e su un presunto declino del premier dal quale il partito di Bossi avrebbe da guadagnare, svincolandosi dall’ “abbraccio mortale” del Cavaliere.
Il buon risultato milanese ha insomma l’effetto di galvanizzare il Pd e di spingere i dirigenti a sposare la convinzione che il vento sia davvero cambiato nel Paese. Sulle ombre del voto alle amministrative – che certo non mancano – si chiudono volentieri gli occhi. Ci sarebbe la sonante sconfitta di Morcone a Napoli con cui fare i conti con i democratici crollati al 16 per cento o l’emorragia in Calabria o ancora un risultato milanese trainato da un mix composto dall’area popolare, dagli outsider e dalla società civile. Ma si preferisce guardare “al ballottaggio ad Arcore” o alla “vittoria al primo turno ad Olbia, l’Arcore di elezione”. Il segretario sfodera cifre, rivendica il ruolo di “punta e di centrocampo” nella coalizione, nega l’immagine di un Pd ostaggio delle forze estremiste come Sel e Idv. E sulla debacle partenopea concede appena un accenno: “Dovremo affrontare i problemi serissimi a Napoli” ma solo dopo aver sostenuto Luigi De Magistris al ballottaggio. Forse, come ironizza il leader Sel Nichi Vendola, il risultato elettorale “ha fatto scendere il centrosinistra dal lettino dello psicanalista”.
Naturalmente nella celebrazione dell’ottimismo che viene messa in piedi dal segretario non c’è traccia di uno schema chiaro con cui presentarsi alle prossime elezioni. C’è l’assicurazione che “non si rifaranno gli errori dell’Unione” ma oltre alle enunciazioni di principio non si va. Chi cerca di riportare il partito sul terreno del realismo politico è Matteo Renzi. Per il sindaco di Firenze quello del primo turno delle amministrative è "un sorriso" e "una prima vittoria", ma ora occorre evitare "inciuci, sante alleanze o ammucchiate". "Quella delle amministrative è una prima vittoria. Non decisiva purtroppo. Ma una vittoria. E non è poco" e poi anche che "dove le primarie vengono fatte e non si benedicono i candidati in partenza, i risultati sono i migliori".
"Ora però – prosegue Renzi – per piacere niente inciuci, intrighi, larghe coalizioni, sante alleanze. No, le ammucchiate no! I giochi alchemici di Palazzo lasciano il tempo che trovano. Per vincere occorre trovare un candidato credibile, con una storia vera e un progetto realizzabile. Tutto il dibattito sugli accordi con il Terzo Polo quasi come una sorta di riedizione del comitato di liberazione nazionale è noioso e autoreferenziale: stenderebbe anche un mammut". Infine sul Movimento 5 Stelle, Renzi scrive: "Trionfo di Grillo? Può darsi. Ma non ci prendiamo in giro. Per recuperare quei voti non importa apparentarsi con i grillini. Occorre riscoprire la fatica di fare proposte".
Sullo sfondo si fa strada la questione Napoli. Pd e Sel, infatti, hanno già annunciato che sosterranno Luigi De Magistris al ballottaggio, la questione, fanno sapere, non è in discussione. Ma il candidato Idv al momento dice no ad apparentamenti formali. L’ex pm vuole tenersi a distanza dai partiti che non l’hanno sostenuto al primo turno, consapevole che comunque i loro voti non mancheranno al ballottaggio.
Niente “tutoraggio” dal Pd, dunque, partito al quale De Magistris riserva da mesi stoccate affilate. Non si può cancellare da un giorno all’altro una campagna elettorale costruita sulla diversità antropologica da tutte le forze politiche, compresa quella che ha timbrato a fuoco il malgoverno partenopeo dell’ultimo ventennio. Una posizione che, qualora non si stemperasse nel corso di queste due settimane, impedirebbe al Pd di mettere il cappello sull’eventuale successo napoletano e regalerebbe la surreale anomalia di un candidato appoggiato, suo malgrado, dal principale partito del centrosinistra.