Bersani perde i petali margheriti e sul biotestamento rischia la fuga di massa
25 Febbraio 2011
Anime (democratiche) in fuga. O anche 2011, fuga dal Pd. E’ una diserzione costante e silenziosa, un lento stillicidio a cadenza pressoché settimanale, una vera e propria emorragia di parlamentari quella che colpisce il Partito Democratico e viene alimentata dagli ex esponenti della Margherita a disagio davanti una linea troppo spostata a sinistra e non più rispettosa delle loro identità originarie. Un fenomeno i cui esiti appaiono ancora sostanzialmente imprevedibili e che viene giustificato con l’incapacità del Pd di essere davvero un partito contenitore capace di raccogliere il maggior numero possibile di anime del centrosinistra.
Dall’inizio della legislatura sono già 21 i transfughi, quelli che – per dirla con l’onorevole Daniele Bosone – se ne vanno da un partito che li tratta come “mascotte o ospiti”. E, tra qualche giorno, potrebbero uscire dal gruppo di Palazzo Madama altri senatori denunciando il tradimento del dna costitutivo del partito. Dopo l’addio di Emanuela Baio Dossi che, la scorsa settimana, è passata all’Api di Francesco Rutelli e quella del senatore trentino Claudio Molinari che ha riaperto un canale di dialogo con il suo rivale regionale, il presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai (da sempre uomo di Rutelli) ed è passato anche lui all’Api, il senatore Maurizio Fistarol ha annunciato il suo passaggio dal gruppo Misto (dove era approdato una volta uscito dal Pd) all’Udc, ora a quota sette, mentre i senatori dell’Api sono diventati sei. Potrebbero crescere ancora entrambi e costituire un gruppo unico (magari anche con i senatori rimasti in Fli).
Ci sarebbero altri nomi in fuga dal Pd di area popolare. Per loro l’approdo dovrebbe essere l’Api di Francesco Rutelli. Non l’Udc, perché Pier Ferdinando Casini ha promesso a Bersani che non aprirà più le sue porte ai fuggitivi del Partito Democratico (un segnale lanciato anche agli scontenti di Futuro e Libertà) e appare intenzionato a non recedere da questo intendimento. Di tutta questa vicenda ciò che impensierisce di più il gruppo dirigente del Pd riguarda il pericolo che la faglia possa allargarsi e diventare una voragine. Insomma un conto sono le fughe solitarie dal partito, dettate dall’uno o l’altro motivo di coscienza o di convenienza personale.
Un altro conto sarebbero invece le fughe di massa dal Pd. Ipotesi che potrebbe concretizzarsi qualora non ci fosse una vera e propria inversione di rotta. In assenza di una svolta e di un riequilibrio, invece, i nodi alla distanza finirebbero per venire al pettine e un bel gruppetto dei popolari potrebbe decidere di andare a ingrossare quello che il Foglio ha ribattezzato “listone Exodus”, ovvero l’elenco di tutti quegli
assessori, deputati, sindaci, senatori, dirigenti, consiglieri comunali, presidenti di provincia e semplici militanti che, per un motivo o per un altro, da qualche tempo a questa parte hanno cominciato a scendere dal barcone del Pd.
E’ anche per questo che Pierluigi Castagnetti ha convocato tutti i parlamentari cattolici del Pd — gli ex popolari, insomma— per una grande riunione finalizzata a un confronto franco e aperto. Il classico sfogatoio, insomma. Lo ha fatto per evitare che il 7 marzo, quando nell’aula di Montecitorio approderà il testamento biologico – provvedimento spacca-gruppi per eccellenza – il partito rischi di disperdersi in mille rivoli. Attorno a un tavolo si sono così trovati Rosy Bindi, Enrico Letta, Franco Marini, Beppe Fioroni e tanti altri. Un consesso in cui si sono scontrate le posizioni maggiormente improntate alla realpolitik antiberlusconiana e quelle più legate alla consuetudine e alla ortodossia del rispetto dei valori cattolici.
E così se Rosy Bindi ha invocato posizioni unitarie, Fioroni ha detto apertamente che la legge sul testamento biologico apre la strada all’eutanasia passiva, una sorta di “legalizzazione della Rupe Tarpea”, e quindi non può che rientrare tra i provvedimenti riconducibili ai valori non negoziabili per i cattolici. Come dire che, Berlusconi o non Berlusconi, sul testamento biologico si consumerà uno strappo e gli uomini vicini a Fioroni non potranno che votare con la maggioranza, o al massimo presenteranno una loro proposta su cui chiederanno il voto trasversale di tutti i cattolici, non solo di quelli dell’Udc e dell’Api, ma anche di coloro che militano nel centrodestra.
Un’iniziativa forte, rispetto alla quale non sono ancora stati fugati tutti i dubbi, ma che avrà anche l’utilità tattica di fare da tampone anti-emorragia, da rete di protezione rispetto al fenomeno della caduta libera dei parlamentari scontenti e tentati dal divorzio dal partito di Via del Nazareno.
Un’esplosione da scongiurare in tutti i modi soprattutto nel momento in cui il Pdl e la maggioranza in generale è tornata ad attrarre scontenti e sta rinforzando la propria base parlamentare.