Bersani vince le primarie e si candida a guidare il Pd “a modo suo”

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Bersani vince le primarie e si candida a guidare il Pd “a modo suo”

26 Ottobre 2009

«Abbiamo fatto un ottimo lavoro e pochi errori, ora ricordiamoci che da oggi portiamo in giro la mia faccia», è cominciato così il lungo lavoro che attende Pierluigi Bersani alla guida del Partito democratico. È cominciato almeno nelle intenzioni con un’ansia di rinnovamento, di un ritorno ad una politica più pacata e meno urlata. Ma anche con un chiarimento: «Farò il leader, ma lo farò a modo mio. Non il partito di un uomo solo ma un collettivo di protagonisti », ha annunciato tendendo la mano agli sconfitti Dario Franceschini e Ignazio Marino.

Era circa la mezzanotte di ieri e l’ex ministro, come nella migliore tradizione, era in attesa dei risultati finali al comitato di piazza SS. Apostoli. Con lui i suoi collaboratori più stretti Massimo D’Alema, naturalmente, e poi Enrico Letta, Rosy Bindi ed i suoi principali sponsor politici. E quando, poco più di un’ora dopo la chiusura dei seggi, i dati lo davano sopra il 50% è scattato il brindisi. A dare comunicazione della vittoria di Bersani è stato proprio Dario Franceschini, che si è affrettato a rendere al nuovo segretario l’onore delle armi. Una telefonata cordiale col vincitore, raccontano, seguita da un incontro di 15 minuti nella sede del partito prima di presentarsi alle telecamere.

Bersani, che ha confessato di non aver mai pensato di diventare segretario del Partito Democratico e che si è mostrato cauto con l’ottimismo fino all’ultimo, anche se i segnali che arrivavano dal territorio erano positivi, ha ricevuto oltre il 50 per cento dei consensi – in totale più di due milioni e mezzo, secondo quanto annunciato da Maurizio Migliavacca, responsabile organizzativo del partito.

Chi lo ha seguito fin dai primi passi, che risalgono a più di un anno fa, quando alla guida del partito c’era ancora Walter Veltroni, parla di una candidatura, costruita con pazienza, per alcuni anche troppo. Ma Pier Luigi Bersani non voleva fare passi falsi così come puntava ad una vittoria netta. «È una vittoria di tutti e nella vittoria di tutti c’è la mia vittoria», sono le prime parole rivolte ai membri del suo partito e a chi, fino alla fine, ha espresso i dubbi di una virata a sinistra del partito. Poi però Bersani ha indicato la rotta in una direzione diversa dal passato: «Gli iscritti e gli elettori non sono due razze diverse, io l’ho sempre detto. Farò il leader a modo mio, come uno che pensa che il Pd non può essere il partito di un uomo solo. Un grande partito popolare è un collettivo di protagonisti e questa sarà la chiave del mio lavoro». Spiegando che il suo sarà un «partito dell’alternativa» e non solo di opposizione («perché stare in un angolo ad urlare non serve a niente») e che fin da subito cercherà di coinvolgere sia Franceschini sia Marino, tornare allo spirito dell’Ulivo, al dialogo con il resto delle forze di opposizione e puntando l’attenzione soprattutto su quel mondo del lavoro che da troppo tempo non si sente più rappresentato dalla sinistra. Per questo il nuovo segretario ha annunciato che il primo atto sarà quello di incontrare questa mattina un gruppo di artigiani a Prato, una delle aree del Paese che accusano fortemente la crisi economica.

«Noi siamo orgogliosi di essere quelli che stanno costruendo un partito – ha detto poi, lanciando una stoccata al Pdl- . Chi fa un partito realizza la costituzione repubblicana che parla di partiti e non di "popoli". Questo mette l’Italia al pari delle altre democrazie mondiali che non hanno partiti con dei padroni». E ancora: «Spero che questo nostro esempio induca qualcuno a riflettere sull’assenza di trasparenza su altri soggetti politici. Noi siamo stati e siamo un libro aperto».

Oggi, dopo aver incontrato i lavoratori di Prato Bersani si metterà al lavoro sulla squadra: l’esecutivo, la direzione, i capigruppo (quelli di Senato e Camera, Finocchiaro e Soro, dovrebbero rimettere presto il mandato come segno di rispetto nei confronti del neosegretario).  E quanto ai suoi avversari ha detto: «Con Franceschini e Marino lavoreremo insieme». Ma la collaborazione tra tutti, ha tenuto a specificare Bersani, non deve tradursi in una trattativa estenuante. A questo doveva servire la vittoria netta alle primarie: a governare senza ricatti e togliergli di dosso quella fama, appiccicatagli dai rivali, di essere il candidato degli apparati e non del popolo.

Da parte sua, Franceschini che già fatto sapere che qualunque fossero stati i risultati avrebbe comunque riversato i propri consensi a chi avesse avuto anche un solo voto più di lui, si è reso disponibile a collaborare col nuovo segretario del partito. Anche il terzo contendente, Ignazio Marino, ha commentato il risultato: «Sono comunque soddisfatto, la nostra mozione si colloca tra il 10 e il 20%. Vuol dire che i temi dell’ambiente e dell’energia, la lotta al precariato, la diminuzione delle tasse per chi vive di lavoro dipendente o pensione e i diritti per tutti diventano temi che entrano di forza nel dna del Partito democratico». Quanto a Bersani, Marino ha spiegato che «avrà la forza per lavorare per allontanare questa destra che sta lasciando dietro di sè solo rovine». Tra i primi commenti  nel centrosinistra dopo l’annuncio sul nuovo segretario c’è quello di Massimo D’Alema, che ha parlato di una «scelta chiara» che dimostra che gli iscritti del Pd «non sono marziani» e ora Bersani darà innanzitutto un segnale «di unità».