Bertinotti contro Renzi e Pisapia: c’è bisogno di rinascita
01 Luglio 2017
di Redazione
“Non ricostruzione della sinistra ma rinascita”. E’ in quesi termini che parla a Repubblica Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e già segretario di Rifondazione comunista, secondo il quale i tentativi di trovare “collanti” per rimettere insieme i pezzi non portano a nulla. E’ del parere che “il dibattito su questo tema a me non dice niente. Nessuna delle forze coinvolte è realmente protagonista del cambiamento”. Bertinotti, che da tempo ha preso le distanze dalla politica attiva, con l’occhio di chi guarda la partita senza esser parte di nessuna squadra, non vede positivamente né Renzi né Pisapia “perché entrambi si muovono nella cornice della politica tradizionale”, spiega.
“Personaggi come Corbyn in Gran Bretagna, Tsipras in Grecia, Sanders negli Usa, Iglesias in Spagna o Me’lenchon in Francia, invece, sono arrivati sulla scena rompendo con il passato e presentando piattaforme in completa discontinuità con i paradigmi correnti. In Italia tutto questo non c’è. L’unica parola non apologetica, ossia non interna alla logica del sistema, è quella di Papa Francesco“. Il vecchio segretario di Rifondazione Comunista, aggiunge, poi, di non essere “pentito” di aver fatto cadere il governo Prodi nel 1998: il Professore, dice, “aveva imboccato una strada che ha portato all’Europa di oggi, alle politiche economiche di austerità in cui i vincoli esterni pesano più di quelli interni”. “Prima avevamo due sinistre, oggi non ne abbiamo nessuna. Come dice giustamente Giuliano Amato, il populismo è la conseguenza del fallimento del centrosinistra”.
E poi, “l’esperienza di Montanari e Falcone”, alludendo all’iniziativa lanciata al teatro Brancaccio, Bertinotti conclude, “è già più promettente. Almeno lì c’è lo sforzo di una ricerca su un terreno incompatibile con le politiche dominanti”.