Bertolaso, quando l’autorevolezza è più forte della vanità
16 Marzo 2020
Fra i tanti effetti collaterali del coronavirus c’è quello di aver dimostrato quale grande distanza passi tra l’autorità e l’autorevolezza. Tra un’autorità legittima e un’autorità legittimata. Tra l’accettazione di un ordine e la partecipazione a uno sforzo collettivo.
E’ un fatto che il nostro Paese si sia trovato nell’attuale situazione avendo un governo lontano anni luce dall’orientamento popolare, guidato da una personalità piovuta dal nulla e dimostratosi inadeguato in diversi passaggi cruciali di questa crisi. E di cosa ci sarebbe stato bisogno lo si è percepito chiaramente nelle ultime ore: è bastato che il presidente della Regione Lombardia affidasse una consulenza a Guido Bertolaso per risvegliare un sentimento di fiducia e di speranza che sembrava aver lasciato il passo allo sconforto. E non è poco, perché fiducia e speranza significa affidamento e stimolo nell’esercizio della responsabilità personale.
Sul perché non sia stato il governo nazionale ad avvalersi di una personalità dalle indiscusse capacità nella gestione delle emergenze, ci sono diverse interpretazioni. Un po’ di moralismo d’accatto (anche a sproposito, visto che il Guido nazionale è uscito intonso dalle accuse che gli erano state rivolte), ingenerosità nel non ammettere che all’Aquila è stato compiuto un vero miracolo italiano, calcolo politico nel non lasciare spazio a un uomo ascritto alla parte avversaria.
Probabilmente c’è un po’ di tutto questo, ma non solo. L’impressione è che più di ogni altro fattore abbia pesato la preoccupazione del vertice dell’esecutivo di preservare la sua visibilità dall’irrompere sulla scena di un carisma indiscutibilmente superiore. In un altro frangente l’avremmo capito, ora è più dura da mandare giù. E soprattutto è difficile non pensare che con Bertolaso alla guida dell’emergenza staremmo già un bel pezzo avanti. Non foss’altro che per la capacità di persuadere le persone su cosa è giusto fare.