Bettini, una balia per tutte le stagioni

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Bettini, una balia per tutte le stagioni

Bettini, una balia per tutte le stagioni

02 Ottobre 2007

Impegnato a blindare le
sue liste e i suoi candidati per la trionfale cavalcata verso la segretaria del
Pd, su Walter Veltroni deve essere calato come una mannaia il sondaggio di
Mannheimer che dà il centrosinistra al minimo storico (42%). Probabilmente in
primavera si andrà al voto e si vedrà quanto pesa elettoralmente la nuova forza
politica, costruita a immagine e somiglianza del sindaco di Roma, aiutato dal
factotum Goffredo Bettini.

Goffredo balia Bettini
è multiuso: esonda ovunque. Fra poco il suo Walter lo chiamerà all’impegno più
difficile, la campagna elettorale. Prodi infatti ha ormai poche speranze di
restare a Palazzo Chigi: i sondaggi, capitombolo dopo capitombolo, stanno
travolgendo il suo governo, e insieme a questo anche il salvatore della patria,
alias Veltroni, che doveva portare il Pd alla vittoria. A questo punto, il
sindaco di Roma si è convinto – consigliato dalla fedele balia – che è meglio
andare alle urne, piuttosto che farsi cuocere a fuoco lento nel ruolo di leader
in panchina, mentre il grillismo
impazza. Del resto se perde non è colpa sua, ma dell’inquilino di Palazzo
Chigi. Se la sconfitta è di misura, il recupero è merito suo. E in caso di
un’improbabile vittoria lo fanno santo subito. Il pullman elettorale sta per
uscire dal garage, Napolitano permettendo. Alla guida ci sarà Walter e con lui,
oltre alla consueta corte, viaggerà anche la fedele Mamie (Ricordate Via col Vento?), ovvero Goffredo
Bettini.

Il Pd però nasce con quasi
venti anni di ritardo e nel peggiore dei modi. In compenso Walter il buono ha
coronato il suo sogno a costo zero. Di partito democratico si cominciò a
parlare nel Pci subito dopo la caduta del muro di Berlino. E infatti al
congresso del 1991 venne alla luce il Pds, partito democratico di sinistra.
Della “s” non poterono fare a meno. Una concessione a quel quasi 35 per cento
della base che voleva continuare a chiamarsi comunista, e a quei dirigenti alla
Napolitano che puntavano le loro carte sulla parola socialismo. Se il Pd fosse
nato allora avrebbe richiesto una rapida conversione moderata: via il vociante
pacifismo, via l’antiamericanismo, via il massimalismo e il sindacalese.
Insomma, via tutto ciò che è stato l’anima dei post comunisti, comunque si
siano chiamati, negli ultimi 15 anni.

Walter Veltroni sin da
subito voleva dare il via al partito democratico, ma anziché battersi per
realizzarlo, si limitò a edificare il suo personale pantheon dove c’era tutto e
il contrario di tutto. Gli piacevano Che Guevara e Enrico Berlinguer (comunisti
entrambi anche se in modo diverso), ma anche John e Bob Kennedy. Su
quest’ultimo scrisse un libretto, un bel salto di qualità visto che prima si
era dilettato a compilare volumi sulla nonna del Corsaro Nero. Per il resto si
mostrò indeciso a tutto, tranne che per la propria personale carriera

Insomma, il neo leader
democratico come al suo solito non voleva pagare prezzi e quindi non si
esponeva. La volpe perde il pelo ma non il vizio. E anche ora preferisce non
scoprirsi: dice quello che non scontenta nessuno. “Non facciamoci del male”, è
la sua parola d’ordine, ricavata dal Nanni Moretti pensiero. Ma per preservare
sé stesso finisce col fare il male degli altri. Basta guardare lo spettacolo
dell’erigendo partito democratico. Se c’è un leader, in quell’area,
autenticamente riformista è Sergio Chiamparino. Bene, l’hanno fatto fuori dalle
liste. Non c’è stata regione, poi, dove non si siano accapigliati notte e
giorno per scegliere i candidati veltroniani. Lo scontro più rabbioso è
avvenuto in Campania dove il sindaco di Salerno, il diessino De Luca, ha
invitato a votare per lui in modo da “spazzare via il governo di Bassolino”.
Nemmeno nelle contese più dure fra correnti democristiane, si era mai arrivati
a usare un simile linguaggio. Per non dire dell’Umbria dove il clima era tale
che la presidente della Regione, la dalemiana Rita Lorenzetti, ha preferito
ritirare la sua candidatura.

Mentre impazzavano i
tafferugli democratici, è nata la nuova figura politica: quella della balia.
Goffredo Bettini esibisce un perfetto physique
du role
mentre nutre, organizza e spupazza Veltroni. Gestisce la sua unica
vittoria possibile, quella nell’elezione diretta del 14 ottobre (perché le
chiamano primarie?) con malmostosa efficienza. Basti dire dell’insulto che ha
lanciato verso una storica amica di Walter, la povera Melandri: “Giovanna è una
brava ragazza – ha sbottato – ma di politica non capisce un cazzo”. E dire che
le balie erano famose per la loro bonaria paciosità.