Biden, l’ultimo politico mondiale o il primo imperatore del nuovo ordine globale?
22 Giugno 2021
di Vito de Luca
Ogni contrasto religioso, morale, economico, etnico, etico, tecnico-scientifico o di qualsiasi altra natura, si trasforma in un contrasto politico, se è abbastanza forte da raggruppare gli uomini in amici e nemici. Ce lo ha insegnato Carl Schmitt, che al contrario di Kant istituzionalizzava l’avversario, proprio per non annientarlo, come di fondo prevedeva la dottrina della “pace perpetua”.
È quanto il presidente Joe Biden va predicando, come ha fatto nel suo recente viaggio in Europa, in un estremo tentativo di politicizzare il pianeta, nel dividerlo in un uno (Cina) contro tutti (il resto del mondo, confinato all’Ovest), il quale duella con un’Ue che ha l’obiettivo opposto, quello di neutralizzare ogni forma di “politica”, per affidarsi non solo ad un globo tutto pacificato, ma ad una tecnica “culturalmente orba”, last but not least, come sta avvenendo anche in campo sanitario?
Biden, con le sue luci – l’alleanza occidentale – e le sue ombre – il disastro nella politica estera mediorientale, con un riavviarsi delle ostilità, ora appena sopite, tra Israele e Hamas al quale si è aggiunta la caduta del governo Netanyahu e il rialzo della cresta iraniana – è dunque l’ultimo “politico” mondiale, fronteggiato da un pensiero unico che imperante avanza? O Biden, invece, è una replica della storia al celebre viaggio di Wilson del 1919, eseguito non solo per definire gli accordi di Versailles, ma in particolare per esportare nel mondo le issues della Società delle Nazioni, qualcosa di molto simile alla Lega delle democrazie propagandate dal successore di Trump? Fallirà come il progetto del suo predecessore democratico?
L’anima di Biden, infatti, è dimidiata proprio su questo fronte, e rappresenta, da sé, proprio questa frattura, la quale si replica a livello planetario. Da una parte, ancora una qualche idea di “politica” (amico-nemico); dall’altra, un ecumenismo ideologico sovranazionale (la Lega delle democrazie). Una sorta di frattale, direbbero i matematici, dottrinale, al pari di quelle vette dolomitiche che se da un lato rappresentano solo quel determinato vertice montuoso, dall’altro questo stesso vertice è l’icastica iconizzazione del tutto.
Lo snodo, tuttavia, è se l’indicazione del “nemico” (Cina, ma anche Russia per certi versi) abbia una sana connotazione esistenziale, oppure una velenosa mentalità assiologica, di conseguenza imperniata sulla gerarchizzazione dei valori. Nel secondo caso, non si distinguerebbe affatto da quella “neutralizzazione” in atto che il pensiero europeo sta inoculando sulla Terra, per meglio poi disporre di essa.
C’è un passo evangelico che comanda l’amore per i nemici (Matteo 5,44; Luca 6,27), il quale però si riferisce ai nemici privati, gli inimici, e non ai nemici pubblici. Nella lotta millenaria tra cristianità (e Biden oltre che cristiano è anche cattolico, seppur favorevole all’aborto) e Islam, mai un cristiano ha pensato che si dovesse cedere l’Europa, invece che difenderla per amore verso i Saraceni o i Turchi (oggi paradossalmente dentro alla Nato e coerentemente fuori dall’Ue). Non è dunque necessario odiare personalmente il nemico in senso politico, mentre solo nella sfera privata ha un senso amare il proprio nemico, il proprio avversario.
Il punto diventa, dunque, che l’ultimo baluardo a difesa della politica rimane quella possibilità di dividere non il mondo in buoni e cattivi, come fa la morale, o in belli e brutti, come fa l’estetica, ma in nemico e amico pubblico. Oppure, è proprio la “politica” ad essere nel mirino degli universalisti? Un mondo nel quale sia stata definitivamente accantonata e distrutta la possibilità di una lotta, un pianeta definitivamente pacificato sarebbe un mondo senza più politica, senza più un braccio di ferro tra Stati.
Lo Stato, per l’appunto, nasce storicamente nel momento in cui, in antitesi alle lotte civili e alle guerre di religione, riesce a neutralizzare i conflitti interni a favore di quelli esterni. Però è da credersi che l’Ue sia fedele a questo principio, ovvero che il mondo politico autentico sia un pluriverso e non un universo, nel dichiararsi fervente “multilateralista”? Il multilateralismo europeo, al contrario, fa più le viste al tradizionalissimo atteggiamento liberaldemocratico del tenersi le mani libere per commerciare con chiunque (Cina compresa) e non ad una contrapposizione tra blocchi di un’inveterata “guerra fredda”; così come l’idea di una Lega delle democrazie “bideniana”, di una Lega delle nazioni, che di fatto fungerebbe da semplice strumento ideologico dell’imperialismo di uno Stato o di una coalizione di Stati contro altri Stati. Ma lo sarebbe meramente in un senso di imposizione valoriale, in cui rientrerebbe anche l’annientamento del nemico in senso kantiano.
Un giudizio, pertanto, sul nuovo corso della Casa Bianca – contrario all’isolamento trumpiano degli Usa, e ad ogni sviluppo di una fase adulta dell’Ue – sarà maturo nel momento in cui il destino del celato indirizzo americano si concretizzerà, nella scelta tutta “politica”, tra un’America esportatrice di valori e un modello liberale competitivo non tra buoni e cattivi, o belli e brutti, ma tra una visione di un mondo libero e di uno che lo denega.