Birmania. Battute finali al processo San Suu Kyi. La difesa: “Pronti al peggio”

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Birmania. Battute finali al processo San Suu Kyi. La difesa: “Pronti al peggio”

24 Luglio 2009

Aung San Suu Kyi è pronta al peggio. Il premio Nobel birmano per la pace, agli arresti per motivi politici, si trova nella prigione di massima sicurezza di Insein, a Rangoon, dove oggi si svolgerà la fase finale del processo che la chiama in causa. Qui la Corte di Rangoon dovrà ascoltare l’arringa finale dei difensori della donna. Ma  sono pochi i segnali che lasciano intravedere la possibilità che il regime accolga gli appelli internazionali a liberare la "Signora", come San Suu kyi è popolarmente conosciuta dai birmani.

Sventolando la prospettiva di migliori relazioni con gli Usa, Hillary Clinton dalla Thailandia, dove partecipava al vertice dell’Asean (Associazione delle Nazioni dell’Asia Sud-Orientale), ha detto chiaramente che tutto dipende dalla sorte di Suu Kyi. Ma gli stessi legali della leader democratica in arresto sono scettici sull’eventualità che Washington abbia persuaso i militari birmani: "Non credo – ha detto Nyan Win, uno dei legali del team difensivo – quanto a lei, è preparata al peggio".

La Nobel per la pace, che ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni privata della libertà, è accusata di aver violato le condizioni degli arresti domiciliari, a cui era sottoposta dal 2003, per aver permesso a un cittadino statunitense di pernottare per due notti nella sua abitazione. Se fosse condannata, rischia una pena massima di 5 anni di prigione, il che le impedirebbe di partecipare alle elezioni che il regime birmano vuole celebrare nel 2010, e che per l’opposizione sono solo una farsa.

In Birmania, dove una dittatura militare governa con il pugno di ferro dal 1962, non si svolge un processo elettorale democratico dal 1990, quando il partito di San Suu Kyi ottenne una clamorosa vittoria, ma il risultato non fu mai riconosciuto dai generali.