Birmania. L’avvocato di Aung San Suu Kyi manifesta “ottimismo”

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Birmania. L’avvocato di Aung San Suu Kyi manifesta “ottimismo”

29 Maggio 2009

L’avvocato di Aung San Suu kyi manifesta "ottimismo" e spiega che non vi sono "motivi legali" per condannare la leader dell’opposizione della ex Birmania per "violazione dei termini degli arresti domiciliari". A riferirlo "AsiaNews" citando fonti in Myanmar che si augurano un esito "positivo" del processo, sottolineando comunque come non sia "facile" che la ‘Signora’, premio Nobel per la Pace "venga liberata".

La leader della Lega nazionale per la democrazia – fino al 26 maggio scorso agli arresti domiciliari – rischia cinque anni di carcere a causa dell’intrusione di John Yettaw, 53enne americano, nella sua abitazione. Nyan Win, uno degli avvocati della Nobel per la pace, ha detto che "non vi sono i termini per condannarla" se "il processo è condotto secondo la legge". In origine la sentenza era attesa per oggi, ma è probabile che venga posticipata al 1 giugno; i legali della Nobel hanno chiesto un incontro riservato per domani.

Interrogato in aula due giorni fa, Yettaw ha detto di essere entrato in casa di Suu Kyi una prima volta nel novembre scorso, fatto denunciato dalla donna alle autorità; nel secondo tentativo ha incontrato un gruppo di guardie che gli hanno scagliato addosso delle pietre, senza però impedirgli l’ingresso nell’abitazione. "Il governo sapeva bene chi fosse Yettaw – spiega la fonte di AsiaNews – e ha favorito i suoi piani per avere un pretesto per arrestarla".

La testimonianza di Yettaw resa davanti alla corte "ha però complicato la situazione, smontando il capo d’accusa – continua la fonte di Asianews – Per la giunta è più difficile trovare una ragione plausibile, di facciata, per condannarla". Domani 30 maggio è il sesto anniversario del massacro di Depayin, in cui la giunta militare ha cercato di assassinare Aung San Suu Kyi.

Un blogger birmano invita i propri concittadini a manifestare nei principali centri del Paese – fra cui la pagoda di Shwedagon e il carcere di Insein, a Yangon – indossando abiti bianchi."«Dopo la repressione nel sangue della rivoluzione zafferano – conclude la fonte – la gente ha paura a manifestare pubblicamente e non intende farsi ammazzare dai militari. Vi potranno essere dimostrazioni isolate, ma a oggi è difficile ipotizzare un movimento di popolo".