Bisogna davvero rimpiangere le preferenze?
03 Aprile 2007
di redazione
L’invito a scrivere qualcosa più di un commento è stato subito accolto. Pubblico dunque volentieri una riflessione molto opportuna di Raffaele Riccardi che riempie un vuoto sulla questione della riforma elettorale. Ho intenzione di occuparmi di questo tema sull’Occidentale in maniera estesa e approfondita. Ma intanto l’articolo di Riccardi ci mette sulla buona strada.
Eccolo…
Molto si parla in questi giorni di riforma elettorale e
non si fa a meno di criticare la legge che ha regolamentato le ultime elezioni
politiche. In particolare si rimprovera al “porcellum” di aver
eliminato l’istituto della preferenza, impedendo così all’elettore di scegliere
i propri candidati. Le cose non stanno così. La possibilità di votare il
proprio candidato è stata sempre puramente teorica. Sappiamo bene a quali lotte
intestine e a quali dispendiose campagne elettorali si dovevano certe elezioni.
Inoltre è proprio con le preferenze che le varie mafie e camorre riescono ad
imporre i propri candidati. Così è facile che vengano eletti soprattutto i
politici più facoltosi o che godano di appoggi in genere poco limpidi. Non si
deve poi dimenticare che anche la precedente legge elettorale, il
“mattarellum”, impediva di fatto una scelta ponderata dell’elettore.
La preferenza si applicava soltanto alla quota proporzionale della Camere,
mentre il 75% di questa e tutto il Senato venivano eletti nei collegi uninominali
dove le coalizioni catapultavano i loro uomini, impedendo così non solo una
scelta nell’ambito di un partito ma perfino una scelta del partito nell’ambito
della coalizione. Ne risultava un’antidemocratica nomina obbligata con eletti
quasi sempre sradicati dal territorio ( ricordate i cosiddetti collegi
sicuri?). E come non ricordare che i referendum di Mariotto Segni che posero
fine alla prima repubblica chiedevano esplicitamente di ridurre a una soltanto
le preferenze, che prima erano quattro? Segni vedeva infatti nell’istituto
della preferenza l’origine di tutto il marciume della classe politica. Che
fare, dunque? Rassegnarsi a demandare alla politica ogni scelta di candidati?
No, basta ricorrere finalmente ad elezioni primarie che scremino i candidati
prima di sottoporli al giudizio elettorale. Ma che le primarie siano serie, non
come quella farsa che l’Ulivo ha inscenato per costruire la candidatura Prodi.
Vedremo un giorno anche in Italia le elezioni primarie? Ai posteri l’ardua
sentenza, direbbe il Manzoni.Noi speriamo di vederle prima di lasciare il posto
a questi famosi posteri.
Raffaele Riccardi – Roma