“Bloody Sunday”, strage di cristiani in Egitto. E adesso al Sisi deve dimostrarci che fa sul serio
10 Aprile 2017
Il bilancio quotidiano della guerra scatenata dall’internazionale nera jihadista contro i Paesi del mondo arabo e occidentale si aggiorna con la doppia strage in Egitto di oggi, contro le chiese copte di Tanta e Alessandria, decine di vittime e almeno un centinaio di feriti tra i cristiani che festeggiavano la domenica delle palme. Ancora una volta i jihadisti scelgono un giorno simbolico, come nel Natale scorso, per colpire la minoranza cristiana, lanciando un subdolo segnale alla comunità islamica egiziana, guardate, non ce la prendiamo con voi, ma con chi pratica una fede diversa da quella che vorremmo imporre con la sharia, come avviene nello Stato islamico.
L’Egitto c’è andato vicino a diventarlo, uno stato islamizzato, con la ingloriosa fine di quella primavera che secondo Obama avrebbe dovuto innescare un processo di democratizzazione dal basso in tutto il mondo arabo e che invece dopo Piazza Tahrir e la deposizione di Mubarak in Egitto ha portato al potere la Fratellanza Musulmana, quel presidente Morsi che mise nei gangli della sua squadra di governo personaggi legati direttamente o indirettamente all’eversione islamista e che durante il suo breve mandato fu più volte indicato come il responsabile morale delle violenze contro i cristiani.
Violenze e atti di terrorismo che però sono proseguiti anche quando Morsi è stato rovesciato dalla giunta militare che ha ripreso il potere in Egitto, esprimendo come presidente il generale al Sisi, il quale, a differenza del suo predecessore, almeno a parole vuole proteggere la chiesa copta di Egitto. Cominciano a pensarla diversamente i diretti interessati che, dopo gli attacchi a Tanta e Alessandria, hanno gridato tutto il loro dolore in strada davanti alle chiese colpite, sconcertati che il governo egiziano non abbia saputo garantire la sicurezza nel Paese, mentre Israele invita i turisti e i propri connazionali ad abbandonare il Sinai, visto che insieme alla rivendicazione Isis fa sapere che gli attacchi proseguiranno.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato gli attacchi jihadisti contro i copti ma cosa può fare concretamente la comunità internazionale per evitare altre stragi, a ormai pochi giorni di distanza dalla visita di Papa Francesco in Egitto? L’amministrazione Obama non diede mai al governo egiziano e ad Al Sisi la giusta legittimazione, criticando il modo con cui i generali si erano impadroniti del potere, ma adesso che alla Casa Bianca c’è Donald Trump, un presidente che in campagna elettorale ha più volte tuonato contro le persecuzioni dei cristiani nel mondo, gli Usa per una serie di ragioni che tirano anche in ballo la geopolitica si sono riavvicinati al Cairo. Al Sisi è stato uno dei primi capi di stato stranieri a complimentarsi e sentire il presidente americano.
Occorre quindi far sentire la vicinanza e il sostegno della comunità internazionale alle istituzioni egiziane e, nel nostro piccolo, magari rimandare l’ambasciatore al Cairo, senza nulla togliere alle indagini sul caso Regeni (che portarono alle dimissioni e al rientro della nostra feluca), ma capendo che l’Egitto è centrale per la stabilità del nord africa e non andrebbe visto come un nostro rivale nella complicata partita libica. Va detta infine anche un’altra cosa: la comunità internazionale ha il diritto di sapere cosa avviene nel Sinai e come vengono impiegati gli aiuti economici dati al Cairo per contrastare l’insorgenza islamista.
Governo e presidente egiziano dovranno battersi fino all’ultimo per proteggere i cristiani nel Paese, visto che non sembra accettabile, in uno stato dove le strutture della forza, esercito, polizia, servizi, hanno così grande rilevanza, che in un giorno di massima allerta per la sicurezza dei copti come può essere quello che apre la settimana pasquale, il killer di Tanta sia potuto arrivare a pochi passi dall’altare dove si celebrava la messa prima di farsi esplodere, e l’altro attentatore sia stato bloccato, lasciandosi dietro comunque tanti morti, grazie, dicono, a un eroico gesto degli agenti di guardia al metal detector. Con Trump, l’Europa e l’Italia devono aiutare al Sisi, ma anche il presidente egiziano dovrà dimostrarci che la lotta contro gli assassini di cristiani in Egitto avviene senza se e senza ma.