Boris Johnson e le parresie di Michel Foucault

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Boris Johnson e le parresie di Michel Foucault

Boris Johnson e le parresie di Michel Foucault

28 Maggio 2020

Se, qualche mese fa, gli avessero profetizzato che ci sarebbe stata una sfida più grande della Brexit, probabilmente Boris Johnson non ci avrebbe creduto. L’ex sindaco di Londra, che, come scrive il giornalista Martin Kettle, ha contribuito a trasformare il partito conservatore da “party of business” in “party of the flag”, si è trovato dinanzi, nel 2020, un altro mondo. Ha dovuto fronteggiare un annus horribilis tra la pandemia che ha messo in lockdown il paese e un ricovero in ospedale con un’infezione da Covid 19 che ha rischiato di ucciderlo (con la sola nota positiva del sesto figlio nato proprio durante tali vicissitudini).

Molti dei suoi detrattori hanno, purtroppo, interpretato la sua malattia come una sorta di nemesi (o di giusta punizione) per aver perseguito la strategia dell’immunità di gregge e di aver accettato “cinicamente” il sacrificio dei più deboli, come peraltro annotato da Claudia Passa. Si è trattato di una sorta di “mito” mediatico nato un po’ per approssimazione (pochi hanno letto davvero i suoi discorsi in modo integrale) e un po’ per malafede. Perché Johnson non ha mai annunciato né questa pseudo-strategia neo-darwiniana né il sacrificio pianificato degli anziani. Semmai ha parlato con “parresia” ossia con spirito di verità e perfino con empatia: bastava prendersi la briga di leggersi per intero la conferenza del 12 marzo 2020. E, del resto, l’Occidentale aveva già pubblicato un ampio stralcio del discorso di Boris Johnson per ristabilire la verità dei fatti. E, come vedremo, il Primo Ministro continua a farlo anche in questi giorni mentre cerca di allentare il lockdown e di ricordare al popolo britannico di non farsi troppe illusioni sul vaccino.

Foucault e la parresia

Perché ci sia democrazia dev’esserci parresia. Così sosteneva Michel Foucault negli ultimi Corsi al Collège de France tra il 1981 e il 1984. Il termine deriva dal greco παρρησία, composto da pān (tutto) e rhēsis (discorso). La parresia è il dire secondo verità o, se si vuole, il parlare con franchezza. Etimologicamente significa “tutto ciò che viene detto”. E’ in un frammento del filosofo greco

Democrito che troviamo la prima attestazione della parola che si lega al concetto di libertà della persona, ma la parresia compare, altresì, in Euripide e in Aristofane.

Nel mondo antico c’è un legame tra la politeia, l’esercizio politico del potere, e la parresia, il dire secondo verità. Nel libro Discorso e verità nella Grecia Antica, Foucault spiega che il parresiastes è colui che usa la parresia e che dice la verità. Nel mondo anglosassone lo si chiama “free-speech”, in Francia “franc-parler”, in Germania “freimutigketi” e in Italia “parlar franco”. Il vero parresiastes, secondo Foucault, non è solo colui che dice la verità ma colui che la dice sapendo di correre un rischio.

“Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio”. Queste furono le ultime parole di Socrate prima della morte. Foucault – come chiarisce il filosofo Remo Bodei – le interpretava come un atto di parresia del filosofo che fu condannato per aver detto il vero: il Dio della medicina Esculapio lo avrebbe preservato dall’opinione sbagliata di coloro che volevano salvarlo dalla condanna e perciò andava ringraziato con un sacrificio rituale. Solo con la sua morte “ingiusta” egli avrebbe potuto affermare la verità e condurre sino in fondo la parresia.

Il vero politico parresiastes è tale se dice una verità scomoda, che rischia di fargli perdere consenso: ciò spiega perché la parresia riguarda il rapporto tra verità e doxa, tra verità e opinione corrente. Oggi si ritiene che il discorso pubblico debba assecondare gli umori della cittadinanza e la comunicazione politica rischia, di conseguenza, di adattarsi ai cambiamenti dell’opinione pubblica. Invece la parresia designa quel regime di verità che dovrebbe appartenere al filosofo e al politico anche se ciò contrasta con l’opinione corrente e rischia di renderli impopolari.

Ed è anche ciò che scrive Gaetano Quagliariello, nel suo dialogo con il Cardinal Ruini nel libro Un’altra libertà. Contro i nuovi profeti del paradiso in terra (Rubbettino, 2020), discutendo del tema del post-umano e dei valori non negoziabili dell’ “origine, della genitorialità e della vita”: “Torniamo al lògos, torniamo quantomeno a un linguaggio di verità”. Proprio sul linguaggio di verità il leader britannico costruisce una comunicazione che è, al contempo, pragmatica e fondata sulla pietas.

Misunderstanding Boris

Non vi è dubbio che la conferenza stampa di Boris del 12 marzo 2020 sia stata un atto di parresia, un discorso di verità, malgrado molti commentatori lo abbiano semplificato, frainteso e in taluni casi, interpretato in malafede. Basta recuperare la trascrizione del testo integrale dello speech sul sito del governo per capire subito che non si è trattato di un discorso “cinico e baro”, di un freddo annuncio alla nazione che si sarebbe perseguita l’immunità di gregge e che vi sarebbe stata la selezione naturale a danno degli anziani e dei più fragili. In Italia si è bollato, in modo corrivo, il discorso di Boris come un inno al neodarwinismo e alla selezione naturale. Tutt’altro: un discorso empatico, nel quale Boris esprimeva le sue preoccupazioni per la grave emergenza, dove, con spirito di verità e senza infingimenti, si prevedeva un alto numero di morti (“Devo essere sincero con voi, molte più famiglie perderanno i loro cari”) che è ben diverso dalla vulgata passata in Italia (“Preparatevi a perdere i vostri cari”).

Un discorso costruito in modo efficace e con una struttura coerente con il genius loci e con l’anima di un popolo: realismo, pragmatismo, attenzione alle libertà individuali, self-control, ma anche empatia, tutela dei più deboli. Senza magniloquenza, senza drammatizzazioni, Boris rivela al suo popolo la verità sul virus e prepara una risposta progressiva, non un lockdown totale ma il piano per un intervento a step. Non mente sulla pericolosità e sulla letalità del virus, ma non vuole mandare in stand-by una nazione: consigli, raccomandazioni, decisioni che potranno essere confermate o revocate. Prova semplicemente a coniugare welfare e government. Nelle sue parresie Boris parla in prima persona allorché deve soffermarsi sugli argomenti più delicati. E’ il leader che si assume la responsabilità e non usa il “noi”.

La prima parresia. Il problema e la verità

Johnson dice:

I’ve got to be clear, we’ve all got to be clear, that this is the worst public health crisis for a generation. Some people compare it to seasonal flu. Alas, that is not right. Owing to the lack of immunity, this disease is more dangerous.

(Devo essere chiaro, dobbiamo essere tutti chiari: questa è la peggiore crisi di salute pubblica di una generazione. Alcune persone la paragonano all’influenza stagionale. Ahimè, non è corretto. A causa della mancanza di immunità, questa malattia è più pericolosa)

Eccola la prima parresia, quella del problema e della verità. Si parla della più grande crisi sanitaria della nostra generazione e Boris non intende minimizzare l’infezione proprio perché non c’è, allo stato attuale, un’immunità di gruppo. Boris non mente sulla gravità della malattia, che non è una semplice influenza, e la definisce la peggiore crisi sanitaria per una generazione.

La seconda parresia. L’annuncio della morte

Nessuno può fermare l’onda e Boris dichiara di essere consapevole che il virus si diffonderà ulteriormente. Nessun superomismo da parte di Boris che prende atto della forza del virus le cui conseguenze saranno letali per molti. Lui sente la necessità (la parresia democratica) di essere sincero con il popolo britannico e con i propri cittadini, pur sapendo che il parlar-franco comporta un rischio di calo dei consensi (le conseguenze e il ruolo della scienza). E qui si giunge alla frase del presunto scandalo (“Molte più famiglie perderanno i loro cari”) che manifesta, in realtà, il coraggio della verità e l’abiura di ogni patetico ottimismo; il suo semmai appare un paressiastico realismo compassionevole:

And it’s going to spread further and I must level with you, level with the British public, many more families are going to lose loved ones before their time. And the Chief Scientific Adviser will set out the best information we have on that in a moment

(E si diffonderà ulteriormente e devo essere sincero con voi, sincero con i cittadini britannici, molte più famiglie perderanno i loro cari prima del loro tempo. E il Primo Consigliere Scientifico fornirà in un momento le migliori informazioni disponibili al riguardo)

La terza parresia. Il ruolo guida della scienza

Nella terza parresia Boris assegna alla scienza un ruolo guida in questa battaglia e sottolinea la necessità di procedere per gradi facendo la cosa giusta al momento giusto.

At all stages, we have been guided by the science, and we will do the right thing at the right time.

(In ogni fase, siamo stati guidati dalla scienza e faremo la cosa giusta al momento giusto)

La quarta parresia. L’impersonale e la realtà opaca

Boris abbandona la prima persona singolare e plurale per esprimere appunto una verità in forma impersonale, per constatare un dato di fatto, in una forma che potrebbe piacere ai teorici del nuovo realismo in filosofia. La realtà, l’in-sé, direbbe Sartre, è dinanzi a noi, massiccio ed opaco. Boris non cede alla tentazione di nessun scenario rassicurante: il suo è l’annuncio in parresia di un’apocalisse da programmare e da fronteggiare.

There is no escaping the reality that these measures will cause severe disruption across our country for many months

(Non è possibile sfuggire alla realtà per la quale queste misure causeranno gravi danni nel nostro paese per molti mesi)

La quinta parresia. Il messaggio ai deboli.

Altro che spietato neodarwinista. Il discorso di Boris si conclude con un messaggio agli anziani e ai più fragili del Regno Unito. Il Primo Ministro parla come un figlio protettivo e non già come un implacabile propugnatore dell’eugenetica.

The best scientific advice is that this will help us slow the disease and save lives (…) I also want at this stage to speak directly to older people. Because this disease is particularly dangerous for you, for older people, even though the vast majority this will be a mild to moderate illness, I know that many people will be very worried. And I think we should all be thinking about our elderly relatives, the more vulnerable members of their family, our neighbours, and everything we can do to protect them over the next few months. We’re going to need to mobilise millions of people to help and support each other. And I just want to you to know that the government will do all we can to help you and your family during this period.

(Il miglior consiglio scientifico è che questo ci aiuterà a rallentare il contagio e a salvare vite umane (…) Voglio anche, a questo punto, parlare direttamente alle persone anziane. Poiché questa malattia è particolarmente pericolosa per voi, per le persone anziane, anche se per la stragrande maggioranza sarà una malattia blanda o moderata, so che molte persone saranno molto preoccupate. E penso che dovremmo pensare tutti ai nostri parenti anziani, ai membri più vulnerabili della loro famiglia, ai nostri vicini e a tutto ciò che possiamo fare per proteggerli nei prossimi mesi. Abbiamo bisogno di mobilitare milioni di persone affinché si aiutino aiutarsi e si supportino l’uno con l’altro. E voglio solo che voi sappiate che il governo farà tutto il possibile per aiutare voi e la vostra famiglia durante questo periodo)

La sesta parresia. La sfida dell’Inghilterra

La chiusa della conferenza stampa di Boris potrebbe essere definita una parresia esortativa, in parte simile – seppure con le dovute differenze e in un contesto meno drammatico – a quella famosa di Churchill del maggio 1940 nella quale l’allora primo ministro diceva di non avere nulla da offrire “se non sangue, fatica, lacrime e sudore” dinanzi alla “più terribile delle ordalìe” e alla prospettiva di molti mesi di lotta e sofferenza:

And lastly of course even if things seem tough now, just to remember, that we will get through this, this country will get through this epidemic, just as it has got through many tougher experiences before if we look out for each other and commit wholeheartedly to a full national effort

(E, naturalmente, anche se adesso le cose sembrano difficili, solo per ricordare, che riusciremo a superare questo momento, questo paese supererà questa epidemia, così come ha già affrontato molte esperienze più difficili soprattutto se ci guardiamo l’uno con l’altro e se ci impegniamo con tutto il cuore in uno sforzo nazionale pieno).

La parresia dello scienziato

Ma la parola di verità è anche quella dello scienziato che dialoga con il potere. Sir Patrick Vallance, uno dei due consulenti sanitari del governo inglese, scrive sul suo profilo twitter, ritwittando l’intero video della diretta della BBC:

It’s not possible to stop everybody getting it and it’s also not desirable because you want some immunity in the population

(Non è possibile fare in modo che nessuno la contragga [l’infezione, ndr] e non è nemmeno auspicabile poiché occorre una qualche immunità nella popolazione)

Ecco come sintetizza la BBC l’intervento di Sir Patrick: “Sir Patrick Vallance, the UK’s chief scientific adviser, says main aim is to protect vulnerable and elderly from coronavirus”. Ciò che Sir Patrick Vallance sembrava sostenere, in un’intervista a Sky del 13 marzo scorso, è che un lockdown completo, alla luce delle evidenze epidemiologiche pregresse, sopprimerebbe il virus che, comunque, a lockdown finito, potrebbe tornare nuovamente. Ciò che si dovrebbe fare è perciò non sopprimerlo completamente (con un lockdown integrale), e quindi sbarazzarsene, in modo tale da permettere a parte della popolazione di contrarre l’infezione in modo lieve (“mild illness”) e sviluppare una forma di immunità che proteggerebbe tutti nel caso di un secondo picco. A quel punto Vallance dice:

My job, as chief scientific adviser, is to speak scientific truth to the power and say it as it is and that’s excactly what i will do.

(Il mio lavoro, in qualità di primo consulente scientifico, è di dire la verità scientifica al potere e di dirla così com’è e questo è esattamente quello che farò)

La sua è una vera e propria parresia scientifica, il parlare con spirito di verità della scienza al potere, sebbene nemmeno la scienza possa dire di possedere delle verità incontrovertibili (Popper insegna). E in Italia ne abbiamo avuto una prova con i vari virologi che hanno esposto tesi discordanti sull’epidemia. E la politica, dopo aver ascoltato la scienza, deve decidere, oscillando sovente tra urgenza sanitaria e salvaguardia dell’economia e dei diritti.

Non vi è dubbio che la tesi di Vallance del 13 marzo possa apparire ambigua e forse opinabile. Ma è ragionevole supporre che il lockdown morbido deciso dal governo Johnson, più che rispondere ad un presunto progetto di immunità di gregge, sia stato essenzialmente dettato dal fatto che, nel Regno Unito, è molto difficile limitare, in modo coercitivo, le libertà dei cittadini, anche in un contesto di emergenza sanitaria. Più che un problema di gestione della salute pubblica, appare una questione di diritti fondamentali. E, del resto, come è stato ricostruito anche da altre testate, il piano del governo inglese è stato sempre quello di ridurre il picco e contenere la mortalità, con misure restrittive e con il potenziamento delle strutture sanitarie. Peraltro si sta già pensando, come dice lo stesso Sir Patrick Vallance in un’audizione con i deputati della commissione salute, ad una strategia di “test, track and trace” per scongiurare una seconda ondata dell’infezione.

Alla luce di quanto sta accadendo in Inghilterra, si può forse rimproverare al primo ministro di non aver fatto, da subito, un lockdown integrale. In una comunicazione di qualche giorno fa rivolta ai suoi colleghi del partito conservatore, Johnson annuncia che vuole tornare ad una “quasi normalità” in luglio, adottando un allentamento delle regole a “grandmother steps” (che potremmo tradurre con il nostro “a piccoli passi”) a patto che gli inglesi continuino a rispettare le disposizioni del lockdown. La loro forza, unitamente al loro “buon senso” – continua BoJo – gli permetteranno di sopravvivere al Covid 19 e di riguadagnare “the freedoms they hold dear” ossia le libertà che hanno a cuore. Ed è stato forse proprio il voler contemperare sicurezza sanitaria e libertà individuali – che non sono affatto secondarie nella cultura politica inglese – a far propendere Johnson, almeno da principio, per una strategia più morbida che oggi è sotto accusa da parte dei suoi detrattori. Del resto lo stesso Boris ammette la “frustrazione” per la situazione confusa che si è originata dall’allentamento del lockdown e da una comunicazione istituzionale non perfetta che hanno suscitato le critiche sia del leader dei laburisti Sir Keir Starmer sia del sindaco di Manchester Andy Burnham. Ma, cionondimeno, Johnson, assecondando quello spirito di parresia che non è mai venuto meno, ha ammonito che, per quanto il Regno Unito si sforzi, anche finanziariamente, per trovare un vaccino, questo potrebbe non arrivare mai.

Lo si può criticare su alcune strategie di gestione dell’epidemia ma non lo si può sicuramente tacciare di aver pianificato un esperimento nazionale di immunità di gregge e di aver deciso di immolare sull’altare del pragmatismo migliaia di anziani. Boris Johnson avrebbe, forse, ottenuto da Foucault la patente di politico parresiasta e lo stesso filosofo francese, se fosse ancora vivo, avrebbe convenuto che la conferenza stampa del 12 marzo è stata oggetto di un misunderstanding (perché pochi si sono premurati di ascoltarla o leggerla per intero) oppure è stata interpretata in malafede. La vera immunità da perseguire è, forse, quella dal “pensiero facile” o dal pregiudizio che ci spinge talvolta a giudicare con pressapochismo o per partito preso.