
Borsa, Milano fa peggio in Europa con calo banche

06 Giugno 2016
Con l’eccezione di Banco-Bpm, oggetto d’acquisti nel primo giorno dell’aumento di capitale della banca veronese, i titoli bancari sono di nuovo sotto pressione a Borsa Milano. Da una parte c’è l’attesa per le mosse del fondo Atlante sugli NPL, e il tema, sempre aperto, delle sofferenze bancarie, dall’altro arriva il taglio alle stime di crescita del Pil nel 2016-2017 da parte della Banca d’Italia. L’indice Ftse Italia Banche cede oggi quasi il 2% con Unicredit giù del 2,9%, Mediobanca del 2,5%, Bper del 2,1%, Intesa Sanpaolo dell’1,7%.
Borsa Milano fa peggio delle altre piazze europee, mentre in generale i listini azionari restano in equilibrio a metà seduta in attesa dell’intervento di Janet Yellen a Filadelfia. Londra segna un +1%, nonostante i nuovi sondaggi a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, la Brexit. Parigi resta invariata, Francoforte sale dello 0,06%, Madrid dello 0,01%. Piazza Affari accusa un timido -0,2%.
In Borsa Milano c’era attesa per la performace di Banco popolare, che a metà seduta non delude, dopo che venerdì scorso il Banco aveva perso il -5,1% a Piazza Affari portandosi al minimo storico di 3,95. Consob ha dato il via libera alla pubblicazione del prospetto sulla ricapitalizzazione dell’istituto, aumento di capitale previsto del valore di un miliardo.
Per Banco Popolare non si tratta di un tentativo di salvataggio, ma di un adeguamento alle condizioni poste dalla Bce per la fusione con Bpm, che dovrebbe portare alla nascita del terzo polo bancario italiano. La scorsa settimana però è stato ancora il settore del credito ad appesantire la Borsa Milano (venerdì ha perso lo 0,8%), indebolita come gli altri listini europei dai dati Usa sulla occupazione. La City però venerdì aveva guadagnato mezzo punto, sostenuta come oggi dalle materie prime. Francoforte e Parigi avevano chiuso allo 0,5%.
Dunque i titoli del credito, alle prese con gli aumenti di capitale delle banche venete e il problema dell’ingente stock di crediti deteriorati, sono ancora una volta i più penalizzati del mercato azionario italiano. Venerdì scorso erano scesi tutti i titoli del comparto, Mps (-4,6%), Bper (-4%), Ubi Banca (-3,1%). Soffrono anche Mediobanca (-2,5%), Bpm (-2,2%), Intesa Sanpaolo (-1,7%) e Carige (-1,4%).
“E’ opportuno che il governo non entri nelle possibili soluzioni per la gestione delle due banche venete. Per Veneto Banca credo che l’intervento di Atlante sia inevitabile ma l’auspicio è che, a differenza di quanto accaduto per la Popolare di Vicenza, si riesca ad andare in Borsa, a fare partire l’operazione”, ha detto sabato il viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti, a margine del suo intervento al Festival dell’Economia di Trento.
“Il governo – ha aggiunto Zanetti – non deve intervenire sulle politiche gestionali” degli istituti ma “creare i presupposti per il controllo di chi gestisce e andare a fondo delle enormi responsabilità del passato”.
A fine aprile la Banca Popolare di Vicenza doveva quotarsi in Borsa Milano, dopo un aumento di capitale da 1,5 miliardi. Invece non ci è riuscita. Anche Unicredit che aveva garantito l’aumento di capitale, all’ultimo momento si è sfilata. Per questo, alla fine, è arrivato il Fondo Atlante: finanziato per un totale di 4,2 miliardi da tutte le banche, Cassa depositi e prestiti e una società di Poste.
Lo stesso copione sta per ripetersi per l’altra popolare veneta, Veneto Banca. Qui l’aumento di capitale è da un miliardo, e la quotazione in Borsa a Milano sembra in bilico. A garantire in questo caso c’è Banca Intesa che però, avendo già investito in Atlante, non sembra orientata ad altri esborsi. Anche Veneto Banca, secondo alcuni osservatori, alla fine dovrebbe rientrare sotto l’ala di Atlante.
Il Fondo Atlante, però, nasce non solo per salvare le banche decotte ma anche per comprare i crediti deteriorati. Quindi, il Fondo, avrà a sua volta bisogno di altro capitale, visto che 2,5 miliardi su 4 li sta mettendo nelle popolari veneti.
Già dalla metà di maggio, i timori per le sofferenze bancarie e i rischi del bail-in avevano spinto al ribasso il comparto del credito italiano e Borsa Milano aveva registrato un violento “sell-off” sugli istituti quotati. A guidare i ribassi, già dal 12 maggio scorso, il Banco Popolare, dopo le misure straordinarie imposte dalla Bce per consentire l’attesa fusione con la Bpm.
“Ci siamo scoperti fortemente vulnerabili alla malafinanza, ma gli stessi bancari agli sportelli non sanno cosa stanno vendendo. I veri responsabili sono ai vertici, sono loro che piazzano i titoli tossici”, spiega il giornalista Federico Rampini, sempre al Festival dell’economia di Trento.
Scriveva nelle settimane scorse il Fatto Quotidiano: “la speculazione ribassista non molla la presa sulle banche italiane, finite per l’ennesima volta al tappeto per via delle loro debolezze strutturali oltre che per i conti trimestrali, in molti casi inferiori alle attese. Prova ne è il crollo del Banco Popolare a causa delle rettifiche straordinarie richieste dalla Bce e dell’aspettativa di un aumento di capitale da un miliardo di euro da realizzare integralmente mediante l’emissione di nuove azioni”.
Insomma, la Borsa di Milano sembra sempre più appesantita dalle banche. La differenza è che in Europa, si pensi per esempio a Francoforte o a Londra, i cali vengono controbilanciati dalla spinta dei dati degli ordinativi. Per Piazza Affari invece il settore del credito è sinonimo di volatilità. Una situazione di ribassi che a Piazza Affari va avanti ormai da tempo.
Si apprende intanto che cinquemila dipendenti bancari sono in uscita volontaria da qui al 2019 secondo i piani industriali delle principali banche italiane, ma l’ondata di risanamenti e l’introduzione sempre maggiore delle nuove tecnologie potrebbe far salire il loro numero.
La Borsa di Milano nasce nel 1808, quarta borsa in Italia dopo quelle di Venezia (1630), Trieste (1775) e la Borsa di Roma (1802). Oggi a Milano ha sede Borsa Italiana, la società che si occupa della gestione e funzionamento del mercato finanziario italiano.