Borse ko, il Colle lancia l’ultimatum e il Cav. pensa a un dl per fare presto
01 Novembre 2011
Il Colle stringe la tenaglia e a mercati chiusi dà un altro giro con la nota che suona uno spartito senza note per il Cav: governo alternativo. Dopo il nuovo ko delle Borse europee con lo spread impazzito a quota 440, Napolitano attende la chiusura dei mercati per mandare l’avvertimento (o l’ultimatum) al Cav. se, da oggi, non darà seguito con atti concreti alla lettera di intenti approvata dall’Europa.
La nota quirinalizia fa seguito a una ridda di ‘consultazioni’ col premier a sua volta in contatto con la Merkel e coi leader dell’opposizione pronti a fare la loro parte; cioè entrare a Palazzo Chigi un secondo dopo l’uscita di Berlusconi. Ore febbrili. A tarda sera a Palazzo Grazioli i ministri economici e Calderoli per la Lega studiano il da farsi e come farlo subito. La via più breve è inserire nella legge di stabilità già incardinata al Senato il pacchetto di misure annunciate, ma non si esclude neppure l’ipotesi di un decreto.
L’avviso del Colle muove dalla “improrogabilità dell’assunzione di decisioni efficaci nell’ambito della lettera di impegni indirizzata dal governo alle autorità europee”. Lascia però intendere che non può non considerare la linea delle opposizioni che col Pd in testa, invocano un nuovo governo. Una sollecitazione da un ampio arco di forze politiche e sociali che il Quirinale definisce “consapevole della necessità di una nuova prospettiva di larga condivisione delle scelte che l’Europa, l’opinione internazionale e gli operatori economici e finanziari si attendono con urgenza dall’Italia”. Napolitano non fa mai accenno a esecutivi alternativi, si limita a registrare (per ora) le posizioni in campo e dice che è suo “dovere verificare le condizioni per il concretizzarsi” di nuove prospettive. La nota ha un effetto deflagrante in una giornata già carica di tensione e in molti ci leggono le grandi manovre per un governo Monti.
Ma come, c’è un governo legittimato a governare, che ha i numeri in Parlamento e il capo dello Stato pensa a verificare le condizioni per altri scenari? E’ l’interrogativo – e la preoccupazione – che corre nei ranghi della maggioranza. Il punto è: dopo la mossa della Grecia (il referendum) e il crollo delle Borse, coi mercati che dimostrano scarsa credibilità sull’Italia, il governo non ha molto tempo, deve muoversi e usare il “treno” della legge di stabilità per accelerare, ma è pur vero che non si può pensare che le scelte possano essere fatte altrove. E non è un caso se il Corriere della Sera on line prima titola la nota del Quirinale leggendola come il primo passo verso un governo tecnico o di larghe intese, poi corregge con la frase ‘decisioni condivise’.
Ancora: che garanzia di stabilità e di concretezza rispetto alle cose da fare in questo momento può avere un governo tecnico che comunque la si guardi verrebbe concepito contro il Pdl? Eppoi, un ipotetico governo di centrosinistra che metta insieme quelli del patto di Vasto (Bersani, Di Pietro e Vendola) con Casini e Fini che garanzie politiche e operative darebbe ai mercati sull’applicabilità dell’ormai famosa lettera della Bce che indica all’Italia azioni da lacrime e sangue, a cominciare da pensioni, maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, interventi sui dipendenti pubblici?
La via che indica Gaetano Quagliariello è un’altra e muove dalla consapevolezza che la crisi è globale e riguarda tutta l’Europa; in questo contesto “sarebbe grave pensare che altrove si possa decidere dei processi democratici”. Perché? Il governo “è legittimato a governare e ha i numeri in parlamento per farlo; si può dire che in questa fase deve condividere le scelte per il Paese con l’opposizione”, ma per il vicepresidente dei senatori Pdl “non è pensabile che la globalizzazione porti la democrazia a svuotarsi”.
Già, i numeri della maggioranza. Niente è scontato in queste ore di concitazione e l’incidente di percorso è sempre lì, dietro l’angolo. E’ l’altra incognita con la quale il Cav. deve fare i conti e non sono conti facili perché ieri alla Camera Roberto Antonione ha detto che se ne va dal gruppo del Pdl e che non voterà più i provvedimenti dell’esecutivo. Punto interrogativo poi sugli scajoliani Destro e Gava, ancora in stand by dopochè non hanno votato la fiducia, senza contare il nuovo monito dell’ex ministro dello Sviluppo economico sempre più convinto della necessità di un cambio di passo che il Cav. non può non fare. Al Senato, invece, il Pdl deve fare i conti con i dissidenti Saro e Pisanu ma da qualche giorno pure con una contingenza non certo favorevole: l’uscita di Stancanelli (che ha scelto di fare il sindaco di Catania a tempo pieno) e di Massidda aprono l’ingresso del finiano Strano e di un neo-senatore di area Pisanu. Difficile fare previsioni.
A Napolitano e ai partner europei il Cav. assicura “un’azione tempestiva e rigorosa”, di misure che saranno illustrate anche al G20 di Cannes (domani). Non sottovaluta la complessità della situazione e vuole fare presto: convoca i ministri economici, oggi nuovo vertice operativo e l’ufficio di presidenza del Pdl, forse un Consiglio dei ministri per varare i primi provvedimenti. Una corsa contro il tempo. Da ora.