Bossi e Sarkozy, le spine nel fianco del Cav. Ma Pdl e Lega cercano l’intesa
21 Marzo 2011
Obblighi internazionali, frizioni con la Francia, interessi nazionali, equilibri di maggioranza. E’ il crinale, scivoloso, sul quale cammina il governo Berlusconi. Sul fronte interno i distinguo della Lega e i paletti piantati come condizione sull’adesione dell’Italia all’operazione ‘Odissea all’alba’ e l’impegno a fare sintesi in vista del passaggio parlamentare di mercoledì; sul fronte esterno la richiesta che il comando delle operazioni militari passi sotto l’egida della Nato e si chiariscano gli obiettivi di fondo, altrimenti l’Italia potrebbe valutare l’ipotesi di riprendersi le basi messe a disposizione della coalizione dei ‘volenterosi’, sono i due fronti aperti coi quali il Cav. si ritrova a fare i conti. Ma su un fatto la maggioranza è compatta: l’Italia non può affrontare da sola l’emergenza immigrazione, tantomeno ricavare dall’intervento ‘benedetto’ dalla risoluzione Onu solo gli sbarchi a Lampedusa.
Sul piano politico, la maggioranza è al lavoro per predisporre una mozione parlamentare di sostegno al governo. Ed è su questo punto che ieri si sono succeduti incontri, contatti, telefonate, mini-summit tra gli esponenti del Pdl e quelli della Lega. Questi ultimi con Calderoli hanno messo sul tavolo quattro punti considerati ‘irrinunciabili’ per votare la mozione del centrodestra e tra questi la garanzia dalla comunità internazionale, Europa in testa, di aiuti per fronteggiare l’esodo degli immigrati dal nord-Africa.
Questione che sta a cuore anche al Pdl, tanto è vero che domenica i vertici dei gruppi parlamentari di Camera e Senato hanno messo in chiaro che da questo momento in poi ognuno deve fare la sua parte e in primis gli altri Stati europei che non possono continuare a ignorare il problema lasciando l’Italia da sola a gestirlo. Da questo punto di vista, dunque, le ‘distanze’ col Carroccio non esistono se non “in chiave propagandistica”, spiegano da via dell’Umiltà, e il riferimento è diretto al Carroccio. Berlusconi sceglie la via della mediazione, convinto del fatto che la posizione della Lega non creerà problemi all’esecutivo. E d’altronde appare impensabile che adesso il partito di Bossi si metta di traverso al punto da astenersi al Senato sulla mozione alla quale la maggioranza sta lavorando perché questo (astensione equivale a voto contrario) significherebbe aprire la crisi su un tema così strategico per ogni governo quale è la politica estera.
Più realisticamente, è il convincimento di molti parlamentari pidiellini, i distinguo leghisti rientrano nel contesto di una tattica messa a punto per questioni di consenso elettorale calibrate in vista della sfida per le amministrative. Ragioni di propaganda elettorale, dunque, non posizioni divergenti o contrapposte alla linea dell’esecutivo. Del resto il ‘no’ dell’Italia ad un comando delle operazioni diverso da quello della Nato, ribadito prima dal premier in consiglio dei ministri poi dal ministro Frattini, è la chiave che a tarda sera riallinea le posizioni all’interno della maggioranza, perché da un lato tiene conto dei dubbi del Carroccio sull’intervento militare in Libia, dall’altro consente all’esecutivo di ritrovare una posizione netta rispetto, ad esempio, alle fughe in avanti della Francia e all’ostilità di Obama a investire la Nato del comando diretto delle operazioni.
I quattro punti messi nero su bianco da Calderoli vanno dalla richiesta del rispetto degli accordi con la Libia su petrolio e gas, allo smistamento degli immigrati negli altri paesi della comunità europea e da questo punto di vista – si ragiona nel quartier generale del Pdl – non ci sono divergenze sostanziali. Ma è altrettanto vero che in questa fase così complessa, Berlusconi non può permettere che l’alleato di ferro alzi la voce dando l’immagine di una maggioranza divisa, non solo di fronte alle opposizioni che già cavalcano strumentalmente il tema, quanto piuttosto agli occhi della comunità internazionale. Per questo il premier prima e durante il Consiglio dei ministri ha rassicurato Bossi chiedendo tuttavia in cambio la massima coesione e unità.
E la disponibilità del Senatur a lavorare a una mozione comune col Pdl fa intendere che lo strappo leghista sia destinato a rientrare. Anche perché le ragioni della propaganda elettorale in questo particolare momento, non possono giustificare il rischio di divisioni interne al centrodestra. Non solo: ma sarebbero controproducenti per la stessa Lega. Il precedente di Rifondazione Comunista sulla guerra in Kosovo durante il governo D’Alema ha già fatto scuola.