Bossi minaccia il Cav. per non dover ammettere la crisi sua e della Lega

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Bossi minaccia il Cav. per non dover ammettere la crisi sua e della Lega

23 Gennaio 2012

di L. B.

L’aut aut al Cav. e a Formigoni serve al Senatur per ricompattare le fila di un movimento che anche nella kermesse milanese contro Monti e il suo governo ha mostrato plasticamente i segni di una lenta ma inesorabile crisi. Non di identità, ma di visione, di strategia politica.

I fischi al capo che non ha fatto parlare dal palco il ‘barbaro sognatore’ Maroni rafforzandone di fatto l’ascesa ai vertici del Carroccio, la stretta di mano fugace e obbligata sul palco tra Reguzzoni e l’ex ministro dell’Interno quasi a suggellare mediaticamente una pax che non esiste e che, invece, diventa sempre più il tratto distintivo di una lotta interna di potere. L’espressione non certo entusiasta di Maroni nella foto-opportunity con Rosy Mauro – cerchista di comprovata fede – o il commento affidato alla pagina facebook col quale esprime amarezza per non aver potuto parlare al popolo padano e rivendica l’aver fatto passare al consiglio federale la calendarizzazione dei congressi locali ad aprile e di quello nazionale entro giugno, raccontano la stessa cosa, fotografano la stessa immagine.

A Milano Maroni batte Bossi 2 a 0. Oltre ai congressi, c’è un altro elemento sul quale il capo ha dovuto in un certo senso sconfessare il diktat lanciato qualche mese fa, sta nell’avvicendamento alla guida del gruppo parlamentare alla Camera. Reguzzoni consegna il timone a Dozzo. Chi lo conosce bene, lo descrive come un ‘duro e puro’ della Lega, uno che del movimento è stato un costituente, uno che nel ’94 ha contribuito a metterlo sulla piattaforma nazionale della politica. Uno che insiste molto sul ritorno all’identità primordiale del movimento. Non un pasdaran, intendiamoci, ma un esponente delle prima ora, moderato, che adesso dovrà far quadrare i conti all’interno di un gruppo diviso, dove i ‘barbari sognatori’ contano eccome. Nelle file padane lo si descrive come vicino all’area maroniana ma è chiaro che sul suo nome la scelta finale è sintesi di un compromesso: sarà l’uomo cerniera tra le due fazioni in campo. Certo è che da questa partita i cerchisti escono alquanto ridimensionati. Almeno per ora.

L’aut aut di Bossi al Cav. Il Pdl lo respinge con una buona dose di stizza perché come avverte Cicchitto “la Lega non ci può attaccare e al tempo stesso darci lezioni. Non ci stiamo a farci dire come fa Bossi quello che dobbiamo fare”. Il botta e risposta c’è stato ed è stato serrato, ma è anche vero che le rispettive diplomazie sono al lavoro per preparare un faccia a faccia chiarificatore tra il Senatur e il Cav. già per stasera a Milano. Se l’alleanza per il momento è sospesa a livello nazionale, resta da sciogliere il nodo di come tenerla in piedi a livello locale vista la linea del Carroccio e, soprattutto di come ricostruirla per il 2013. Se in Lombardia Bossi dà l’ultimatum a Formigoni (pretendendo che il Pdl stacchi la spina a Monti), Alfano potrebbe  farlo in Veneto con Zaia e in Friuli con Tondo, entrambi leghisti. Guai per la Lega e per il Pdl.