Boston Jihad, torna la “White Al Qaeda”
19 Aprile 2013
Se come sembra confermato dalle fonti ufficiali i due bombaroli di Boston sono terroristi ceceni è destinato a riaprirsi un capitolo doloroso per l’America, doloroso e pericoloso perché sposta la lotta al terrorismo islamista in casa, nella homeland, contro quella "white al qaeda" più indecifrabile e difficile da contenere perché mimetizzata nel corpaccione della classe media del Paese, con i suoi emigranti, le comunità più o meno separate, i giovani che crescono studiando ufficialmente l’inglese e di nascosto il Corano. Secondo Associated Press, i fratelli che hanno colpito la maratona simbolo dell’America vengono da una regione vicina alla Cecenia, con la loro famiglia sono passati in Kazakistan e poi negli Usa, dove i giovani hanno studiato nelle università americane. Il dato quindi è la radicalizzazione della comunità islamica negli States, magari collegata a qualche centrale che agisce all’estero.
La nuova generazione di militanti islamisti viene prodotta dalla catena di montaggio del terrore interna ai Paesi occidentali. Sono giovani educati all’occidentale e conoscono meglio dei loro predecessori le paure dell’America dopo l’11 Settembre, e i simboli da colpire per fare più male. Hanno rafforzato la loro identità islamica convinti come i loro padri che il mondo musulmano sia “oppresso”, ma sanno mimetizzare i loro convincimenti più profondi meglio dei loro predecessori quando si trovano in azione sul suolo nemico, adattandosi ai nostri stili di vita. La capacità che hanno di spostarsi dentro e fuori i Paesi occidentali, sfruttando passaporti e visti d’ingresso per studenti, veri o falsi, li rende difficilmente individuabili. Possiedono infine una grande familiarità con la tecnologia moderna, in particolare i mezzi di comunicazione di massa e Internet.
Vengono da uno dei tanti ‘vivai’ dell’insorgenza jihadista globale, dalla Thailandia all’Isola di Mindanao, dal Kashmir all’Afghanistan, in Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Yemen, Nord Africa, tutti quei “paradisi perduti” che consento al terrorismo islamico di perpetuarsi. Dopo l’11 Settembre, Osama Bin Laden scrisse che la sua generazione aveva sacrificato la vita, le famiglie e gli agi in nome di Allah. “Oggi il destino della Umma è nelle mani dei giovani musulmani, che ci auguriamo non vengano mai sconfitti”. Il reclutamento, l’addestramento e la coordinazione (fra operativi,‘facilitatori’ e dirigenti) sono le tre fasi in cui Al Qaeda conduce i suoi attacchi su larga scala. I martiri fra i giovani musulmani vengono scelti tra quelli in grado di parlare regolarmente inglese e che abbiano la cittadinanza nei Paesi occidentali. Li si addestra all’uso delle armi e degli esplosivi nei campi jihadisti, offrendogli sostegno morale e materiale quando devono completare la “missione”. Vale per Zazi, vale per gli attentatori di Manchester, vale per Faisal Shahzad, il jihadista di Times Square che avrebbe ricevuto due pagamenti direttamente dal Pakistan nei mesi precedenti all’attacco.
Il reclutamento può avvenire direttamente su Internet. Il 20enne Zachary Adam Chesser fu arrestato negli Usa per aver sostenuto le operazioni dei terroristi in Somalia attraverso video e profili multipli su Facebook e Twitter. Il “mentore virtuale” del ragazzo venne identificato nell’imam Anwar al-Aulaqi, il 39enne di origini americane attualmente in esilio nello Yemen, da dove gestiva il jihad elettronico per conto di Al Qaeda. Al Aulaqi è stato in contatto con i terroristi in Somalia, con il maggiore Nidal Hasan, con il nigeriano del volo Delta. Ha dialogato con Abu Dujana al Khorasani l’uomo che il 30 dicembre del 2009 si è fatto saltare in aria nella base della Cia a Khost, in Afghanistan, uccidendo sette ufficiali dell’Agenzia. Prima di essere freddato da un drone. Il giovane Al Khorasani era partito frequentando le chat e i forum jihadisti diventandone uno degli amministratori, prima di passare all’azione.
Ricordiamo che negli anni scorsi la divisione media di Al Qaeda nella penisola arabica (AQAP) aveva pubblicato il primo numero della rivista “Inspire”, da un’idea del cyber-jihadista Samir Khan, conosciuto in Rete con il nick di Inshallahshaheed. La rivista, oscurata dagli hacker del governo americano, era scritta in un buon inglese e usava delle forme idiomatiche e una fraseologia comune alle nuove generazioni di musulmani americani. Potrebbe aver ispirato anche i fratelli ceceni delle bombe a Boston.