Breviario salveminiano

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Breviario salveminiano

23 Settembre 2007

“Questo
è il mio testamento. Mi dorrebbe se, negli ultimi momenti della mia
vita, un oscuramento del mio pensiero permettesse a qualcuno di farmi
passare come ritornato a una fede religiosa qualsiasi. Se ammirare e
cercare di seguire gli insegnamento morali di Gesù cristo, senza
curarsi se Gesù sia stato figlio di Dio o no, o abbia designato dei
suoi successori, è essere cristiano, intendo morire da cristiano, come
cercai di vivere, senza purtroppo esserci riuscito. Ma cessai di essere
cattolico quando avevo diciotto anni, e intendo morire fuori dalla
chiesa cattolica, senza equivoci di sorta”.

“Il
bene era bene, e il male era male. O di qua o di là. Quando noi poveri
passerotti empirici fummo divorati dalle aquile idealiste, il bianco
diventò mezzo nero e il nero mezzo bianco, il bene mezzo male e il male
mezzo bene, il briccone non poteva non essere mezzo galantuomo e il
galantuomo era condannato ad essere mezzo briccone”.

“Io
non ho la fede religiosa del Donati. O meglio non ho la stessa forma di
fede religiosa. Egli è cristiano come te: cristiano del vero
cristianesimo autentico di Cristo, il cristianesimo della libertà per
tutti, della giustizia pei deboli, della carità per gli uomini compagni
di dolore nella vita. Io appartengo a quella religione stoica, che non
ha nessun dogma e nessuna speranza di vita futura, ma ha comune col
cristianesimo il rispetto della libertà, il bisogno della giustizia,
l’istinto della carità umana. Ebbene dal sentimento di queste necessità
morali che è comune alla religione mia e alla vostra, che potrebbe far
definire Marco Aurelio come cristiano e Sant’Agostino come stoico”.

 
“Non
siamo tanto ciechi da ignorare che viviamo nel cuore della civiltà
greco-romana-giudaico-cristiana. L’insegnamento morale di Gesù Cristo
assorbì la parte migliore di quanto era stato creato dall’antico mondo
mediterraneo, e vi aggiunse la nozione di carità, il fiore più bello
del cuore umano. Una civiltà che abolisse l’insegnamento morale di Gesù
Cristo ci farebbe sprofondare nelle barbarie. (…) Nei limiti nei quali
ce lo permette l’umana fragilità ci sforziamo di seguire l’insegnamento
“morale” di Gesù Cristo. La maggior parte di noi non si occupa delle
sovrastrutture “dogmatiche” che sono state costruite dai farisei di
tutte le chiese sull’insegnamento morale cristiano dopo che Cristo era
stato mandato a morte dai farisei del suo tempo”.

“Per
fortuna trovai in una pagina di Biagio Pascal la via d’uscita da quella
disperazione. Pascal ci presenta una vecchierella, la quale sa di non
poter risolvere i grandi problemi, di cui anche essa sente il fascino,
e dice: “Io non so dimostrare a me stessa che c’è un Dio, e c’è un
altro mondo. Ma mi regolo come se ci fosse. Perché, se quell’altro
mondo c’è, e Dio salva i buoni e condanna i cattivi, io alla mia morte
mi troverò bene per avere fatto quanto potevo per meritarmi la
salvezza. E se proprio non c’è niente di niente, non ci avrò perduto
niente a cercarmi di meritarmi la salvezza; comunque, morirò in pace
con me stessa”.

“Quella
vecchierella mi insegnò la via da seguire, e mi sono trovato bene a
seguirla quella via. Debbo aggiungere che nel seguire quella via, ho
trovato un’altra guida, e mi sono trovato bene a lasciarmene guidare. E
questa guida è stato Gesù Cristo, che ha lasciato il più perfetto
codice morale che l’umanità abbia mai conosciuto. Io non so se Gesù
Cristo sia stato davvero figlio di Dio o no. Come vi ho detto, su
problemi di questo genere io sono cieco nato. Ma sulla necessità di
seguire la moralità insegnata da Gesù Cristo non ho nessun dubbio, per
le stesse ragioni empiriche per cui la vecchierella di Pascal si
conduceva nella ipotesi che un’altra vita e una giustizia divina
esistessero”.