Trent’anni fa il tornado Margaret Thatcher vinceva le elezioni dando vita a un lungo ciclo conservatore che sarebbe durato quindici anni, rendendola la prima donna alla guida del suo Paese e la più longeva leader inglese dopo Winston Churchill. L’hanno chiamata “rivoluzione conservatrice” perché rese il mondo un posto più sicuro per il capitalismo, innescando il processo delle privatizzazioni, ridimensionando i sindacati, la spesa pubblica e il welfare fuori controllo. Il contrario di quello che sta accadendo oggi in Inghilterra.
Il premier Brown non buca lo schermo, non l’ha mai fatto, ed è in picchiata nei sondaggi. L’altro giorno è stato apertamente dileggiato alla Camera dei Comuni per aver dimenticato un passaggio del suo discorso dedicato all’Afghanistan. E’ un capo debole che sta chiudendo il glorioso ciclo laburista che verrà ricordato soprattutto per il suo comunicativo e per certi versi geniale predecessore Blair. Entrambi, in modi diversi, hanno saputo reinterpretare in chiave soft l’asprezza della rivoluzione conservatrice. Ma ormai si parla apertamente di una fronda interna ai laburisti che vorrebbe scalzare Brown riportando a sinistra l’asse del partito, dopo anni di navigazione centrista e pro-market. Il sindaco di Londra, il ‘rosso’ Ken Livingstone, è uno dei megafoni del malumore: “il Labour deve riconquistare le classi lavoratrici” ha detto di recente in un’intervista. Ma un sondaggio indica che i turisti stranieri considerano la capitale inglese la città più sporca e costosa della vecchia Europa. Il mito della “swinging london” è in affanno e anche la “britishness” elaborata da Brown è un marchio che non tira più come una volta.
Per sedare i rivoltosi, Brown ha frenato sul progetto di privatizzazione del sistema postale inglese. Ha preferito le politiche interventiste dello stato nella salvaguardia del sistema bancario o per dirne un’altra il rafforzamento del comparto dell’auto elettrica. Sua l’idea di tornare a sostanziosi programmi di lavori pubblici per aumentare l’occupazione. Un modello redistributivo che ha a cuore l’incremento della spesa pubblica nell’educazione e nella sanità. Sono lontani i tempi della lotta dura contro i minatori che non impensierivano la Thatcher, i tagli alle tasse, alle scuole che non funzionavano e al servizio sanitario nazionale improduttivo. Allora il liberismo era una parola d’ordine capace di sbaragliare ogni avversario, generando ricchezza e flessibilità lavorativa, un progresso disordinato e forti disparità sociali. Nacque la piazza finanziaria londinese, una delle più forti al mondo, ma anche la disoccupazione endemica di una società post-industriale. Oggi secondo alcuni stiamo raccogliendo i frutti di quella semina – in termini di crisi, recessione e fallimento della grande finanza.
La Lady di Ferro è diventata una vecchia signora afflitta da demenza senile ma, che rivincano i laburisti, o che a prevalere sia il giovane conservatore David Cameron, dell’eredità thatcheriana nell’Inghilterra di domani è probabile che resti davvero molto poco.