Bruck e Papa Francesco: lezioni di futuro

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Bruck e Papa Francesco: lezioni di futuro

Bruck e Papa Francesco: lezioni di futuro

Un citofono che prende vita in una abitazione nel centro di Roma. “E’ lui, è lui”. In un piano poco al di sopra inizia una febbrile, bella, attesa. La risposta è di quelle che sciolgono i cuori, che scaldano le persone. “Sono Francesco” . È il 21 febbraio del 2021. Inizia così il racconto di un incontro, di un abbraccio tra il pontefice cattolico e la scrittrice ebrea Edith Bruck.  Un trovarsi tra i tanti labirinti della storia del Novecento da cui adesso è stato tratto un libro dal titolo “Sono Francesco” edito da pochi giorni dalla Nave di Teseo. Nella prefazione scrive il Papa: “Una memoria vivente in questa esile ed elegante signora di novant’anni, ecco chi avevo davanti ai miei occhi,  dotata di quella forza che le permetteva di piangere, accogliendo e non resistendo al dono delle lacrime contemplavo una memoria viva, fatta persona”.

Edith Bruck ha oggi 91 anni, è nata nel 1931 in una famiglia numerosa in Ungheria. Ebrea. E’ stata per lunghi anni nei campi di concentramento della Germania nazista ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen dove ha perso la sua famiglia, padre , madre e sorella. Deportata è riuscita a sopravvivere diventando una memoria storica dell’essere umano degli orrori dell’odio dell’ideologia nazista.

Al termine della guerra dopo anni di pellegrinaggio approda in Italia. Si sposa con lo scrittore Nelo Risi. Nel 1959 pubblica il suo primo libro: “Chi ti ama così”. Una vita fatta di opere, libri, interventi, attività teatrali. fino ai nostri giorni, fino a quando esce sul giornale dell’osservatore romano “Lettera a Dio”. Scritta da lei medesima.

Parole che colpiscono Papa Francesco. E da qui nasce l’incontro, un mese dopo, nella abitazione di Edith Bruck. Lei ebrea scrittrice abbraccia ricambiata il papa cattolico di Roma. La Bruck dice nel suo libro: “Lui è apparso con tutto il suo biancore e la sua dolcezza, un gigante di zucchero filato parlante. Mi dice: “Respiri, respiri profondamente”. Intanto avanziamo zoppicando insieme nel lungo corridoio”. È fatta. Due storie, due  racconti, i confini di due esistenze, memoria storica del nostro tempo si sono ritrovati.

Hanno percorso un lungo ponte fatto di incomprensioni reciproche. Tra cattolici ed ebrei. Hanno attraversato quel ponte con la forza dell’amore, con umanità. Sguardi. Nella copertina del libro c’è una foto bellissima. La signora, scrittrice guarda con la testa leggermente piegata di lato proprio Papa Francesco. Lui è sorridente mentre con le mani si ritrovano in un legame, che supera di slancio barriere, incomprensioni, secoli di storia. I confini di lui, argentino, ai confini del mondo cattolico; lei dell’Europa dell’est, ungherese.

I confini dell’Occidente che si ritrovano in una abitazione della città eterna. Le due religioni monoteiste che hanno plasmato la storia  dei secoli passati si fondono in nome della speranza. L’essere Occidentali fino ai nostri giorni significa anche questo.

Piccoli gesti, gesti comuni, come sedersi nel piccolo, accogliente salotto di Casa Bruck. Lo scambiarsi doni ricchi di significato. Una edizione del Talmud, il libro ebraico. Il Papa: “Vorrei dirle quello che ho detto a Yad Vashem, a Gerusalemme. Chiedere perdono a lei e al popolo ebraico, martire vittima della Shoah”.

Ancora un ponte da attraversare, ancora mani che si stringono. Quei sentimenti della nostra storia che compongono le parole perdono, amarsi, ritrovarsi dopo un lungo cammino. Cattolici, cristiani ed ebrei quanto cammino hanno fatto fino a trovarsi nel salotto di una abitazione dei nostri giorni. Ma la storia va avanti anche così.

A questo incontro era presente anche una donna di nome Olga. Lei è ucraina. Il papa ha lasciato Edith con la promessa di rincontrarsi. Passano i giorni. Scrive la Bruck: “Al novantunesimo giorno di guerra, Papa Francesco sta a malapena in piedi o sulla sedia a rotelle, eppure continua a invocare la pace in Ucraina. Mentre io festeggio il mio novantunesimo compleanno, ecco che non dimentica di telefonarmi. Mi alzo, corro al telefono intuendo che è lui. Me lo dice la voce del cuore”.

È l’inizio del secondo incontro. Pochi giorni dopo. Stavolta a Santa Marta in Vaticano. Edith Bruck, stavolta tocca a lei di religione ebraica, varcare i confini del centro mondiale dei cattolici per incontrare di nuovo semplicemente non il loro Capo, ma un vecchio amico. Con sé porta la luce, la speranza di vivere al di là dei campi di concentramento.

Quella forza, quel sentimento di coraggio, amore che aveva poco più che bambina. Che ha portato sempre con se per tutta la sua lunga vita e che tra poco consegnerà di nuovo al Papa di Roma. Sono tempi difficili. Noi che temiamo il domani ascoltiamo chi ci indica l’unico futuro.