Brunetta, Grillo e l’impeachment d’Egitto
08 Dicembre 2013
di Ronin
Renato Brunetta e Beppe Grillo uniti nella polemica verso il Colle. Il presidente Napolitano aveva ribadito la legittimità delle Camere dopo la sentenza della Consulta e il capogruppo di Forza Italia commenta: "non ha né poteri né competenze circa la legittimazione del Parlamento". Per Grillo il Capo dello Stato è stato eletto "due volte con il Porcellum" ed è dunque "un presidente incostituzionale al quadrato". Napolitano, secondo Grillo, deve "sciogliere le Camere e non farsi più vedere in giro".
La strana saldatura tra FI e 5 Stelle va dagli "abusivi" eletti in Parlamento, che per il Capocomico "devono essere fermati all’ingresso di Montecitorio", alla richiesta di impeachment per il Capo dello Stato, con Brunetta che sottolinea: "Quando il M5S presenterà l’atto d’accusa contro Napolitano, avremo il dovere di esaminarlo". Viene da chiedersi qual è il senso che grillici e neoforzisti attribuiscono a questa parola mutuata dal lessico americano e da una giurisprudenza diversa dalla nostra.
Senza cedere ai forestierismi, sappiamo che la Costituzione italiana permette di mettere in stato di accusa il presidente della Repubblica "per alto tradimento o per attentato alla Costituzione". Ma quale sia stato l’alto tradimento o perché mai Napolitano attenti alla Costituzione resta un mistero d’Egitto.
Una cosa è certa: se Forza Italia si mette a inseguire Grillo sul piano sempre più inclinato dell’antisistema, dovrebbe sapere che, per quanto sia alto l’ardore polemico, per quanto certi giornali tambureggino, il copyright dell’antipolitica resterà sempre e saldamente nelle mani del Capocomico. Come dire, Grillo riuscirà comunque a bombardare più in alto. E chi ci rimetterà da tutto questo sfascio sarà come al solito l’Italia.