Bufera su questionario GB, “napoletani” e “siciliani” infuriati

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Bufera su questionario GB, “napoletani” e “siciliani” infuriati

12 Ottobre 2016

Com’era prevedibile sui social media dilaga la polemica sul test del Foreign Office inglese che, tra le opzioni sulla nazionalità dell’utente, ha inserito oltre quella che richiama l’Italia una sorta di sotto-opzione che cita testualmente “napoletan” o “sicilian”. Gli indignados italiani del web si ribellano, con tanto di accuse di discriminazione. Al di là della volontà di chi ha redatto il questionario, sembra quasi che per alcuni britannici nel contesto italico ne emergano altri due: quello di Napoli e quello della Sicilia. 

Tra le innumerevoli reazioni quella del sindaco di Napoli de Magistris, e quella del Movimento Neoborbonico. De Magistris ha scritto su Facebook: “Non oso immaginare che sottospecie di cultura promani da tali scuole ed università. Quando ho letto questa notizia ho provato vergogna per loro e pena per la profonda ignoranza di cui sono permeati. Solo gli ignoranti disconoscono quanta immane cultura e millenaria storia dell’umanità si rinvengono nella Magna Grecia, nella città di Napoli, nel Sud e nella Sicilia. Non ci sono parole per commentare una tale forma di ignoranza e di razzismo”. 

Il Foreign Office britannico si è scusato con l’ambasciata italiana a Londra per i moduli scolastici che distinguono l’origine etnico-linguistica di napoletani e siciliani da quella degli altri italiani. Lo ha reso noto l’ambasciata italiana in Gran Bretagna aggiungendo che Londra sarebbe pronta a correggere i moduli incriminati redatti da alcune scuole dell’Inghilterra e del Galles e in cui, ai connazionali che decidono di iscriversi, si chiede se sono “italiani” o “italiani-siciliani” o ancora  “italiani-napoletani”.

L’ambasciatore a Londra Pasquale Terracciano (nella foto) ha anche preannunciato un messaggio formale di scuse scritte e ha espresso soddisfazione, osservando che si tratta di “un episodio minore, ma preoccupante perché l’ignoranza può essere il brodo di cultura dell’intolleranza”. Secondo Terracciano “il risultato del referendum sulla Brexit ha evidentemente sdoganato certe visioni insulari che evidentemente serpeggiavano. Oggi in Europa – ha aggiunto – dobbiamo fare uno sforzo per ricercare i punti che uniscono ci accomunano”.

Indignazione anche dal sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, “da uomo del Sud, ma soprattutto da italiano” Faraone ha definito “inaccettabili gli episodi, frutto evidente di ignoranza rispetto a tutto cio’ che e’ diverso, proveniente da altro Paese, appartenente a un’altra cultura”. Per Faraone quindi “non ci sono giustificazioni o scuse che tengano” perche’ “l’intollerabile distinzione fra gruppi linguistici non rende giustizia a un Paese dalla storia e dalla cultura cosi’ grandi come il Regno Unito che pare, in questo caso, operare una sorta di ghettizzazione dei meridionali, considerati alla stregua di un popolo separato”.

“Tra le distorsioni del nostro tempo, l’onda lunga della Brexit declina un’Italia divisa da steccati culturali: degenerazione inaccettabile”, scrive su Twitter il governatore campano, Vincenzo De Luca, commentando il questionario. E via così con accuse di razzismo e intolleranza. Certo, non c’è da applaudire al test del Foreign Office inglese, ma un dubbio resta. Molti di quelli che si stracciano le vesti in questi anni hanno propugnato una cultura del localismo esasperata, esaltando dialetti e appartenenze come un tratto distintivo della identità meridionale in quella più grande del nostro Paese. Il Foreign Office ha sbagliato, ma gli indignados hanno davvero la coscienza a posto?