Bush in Medio Oriente mette l’Iran nel mirino

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Bush in Medio Oriente mette l’Iran nel mirino

07 Gennaio 2008

Mentre gli Stati Uniti, e il mondo intero, guardano con passione al prossimo round delle primarie presidenziali – martedì, nel New Hampshire –, nelle stesse ore il presidente in carica George W. Bush farà le valigie e partirà per il Medio Oriente. Obiettivo: rilanciare in prima persona il dialogo tra israeliani e palestinesi, in vista di una pace definitiva (esplicitamente promessa ad Annapolis) entro il 2008. Un sogno di fine mandato: lo stesso sogno contro il quale si sono infranti precedentemente Carter, Clinton e lo stesso Bush Senior. 

Il viaggio di Bush in Medio Oriente prenderà il via mercoledì a Gerusalemme, mentre nei giorni seguenti visiterà Cisgiordania, Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto. Una visita a tutto tondo, insomma, alla ricerca di una svolta in quei territori che sono stati sin dall’inizio al centro della sua politica estera. 

Molti i temi sul tappeto. Prima di tutto la questione israelo-palestinese, che Bush tratterà in colloqui con il premier israeliano Olmert e il leader dell’Anp Abu Mazen. Ottimista, a questo proposito, si è mostrato il presidente israeliano Shimon Peres davanti alle telecamere di Channel Two: “Credo che questo trio (Abu Mazen, Bush e Olmert, ndr) abbia una possibilità, e se si muove ora verso il regno dell’azione è possibile che la visita di Bush segni il passaggio dalle parole ai fatti”. Il primo ministro palestinese Salam Fayyad ha invece dichiarato di voler sottoporre all’attenzione del presidente statunitense la questione degli insediamenti israeliani, considerati un impedimento sulla via degli accordi. 

Ma se il presidente si spende in prima persona – in un viaggio tanto articolato – è perché le questioni calde sono molteplici: su tutte, l’Iran. Sabato il presidente ha fatto sapere che discuterà, insieme agli alleati dell’area in questione, la costituzione di un piano di sicurezza contro l’escalation nucleare di Ahmadinejad. Bush non è sceso nello specifico, ma alcuni diplomatici arabi hanno riferito all’Associated Press di aspettarsi la proposta di una più stretta cooperazione militare con Egitto e Giordania. 

Domenica, poi, a tenere alta la tensione tra Stati Uniti e Iran, ci ha pensato l’inviato Ali Larijani. Dopo un incontro con il presidente siriano Assad (con il quale Bush ha “perso da tempo la pazienza”), Larijani ha ribadito che per gli iraniani le minacce americane sono poco più che carta straccia: “Queste minacce non portano da nessuna parte e suonano come le grida di vecchi che non sono in grado di fare niente. Gli Stati Uniti dovrebbero rivalutare le loro azioni”. 

 A rimarcare l’importanza del viaggio Bush, non si è fatta attendere la reazione di Hamas – che in questi giorni sta dedicando grande attenzione all’evento. Prima la fazione palestinese – che da giugno controlla la Striscia di Gaza – ha bollato la visita del presidente americano come una semplice “opportunità per fare qualche foto prima che lasci la Casa Banca”, per poi dire a chiare lettere (per bocca del funzionario Sami Abu Zuhri) che “Bush non è il benvenuto perché il suo scopo è favorire l’occupazione e sostenerla politicamente e psicologicamente”. Minor importanza alla visita sembra dare invece il deputato di Hamas Moussa Abu Marzouk, per il quale “è molto chiaro che gli occhi e la mente di Bush sono rivolti in questo momento all’Iran e a come fronteggiarlo, non alla questione palestinese”. 

Il viaggio di Bush, in un’area tanto “calda”, riscuote grande attenzione anche presso la rete terroristica di Al Qaeda. Alla vigilia della sua partenza, Azzam l’americano – nuovo portavoce del network di Bin Laden – ha infatti esortato gli affiliati nell’area ad agire. “Rivolgo questo appello urgente in particolare ai fratelli mujaheddin in Palestina – ha detto il terrorista –  e, più in generale, a quelli nella penisola araba, affinché siano pronti ad accogliere il crociato, il boia Bush, durante la sua visita in gennaio nella Palestina musulmana e nella penisola occupata, non con fiori e applausi ma con bombe ed automobili esplosive”. Il tutto in un messaggio audio e video di cinquanta minuti, intitolato “Un invito alla riflessione e al pentimento”. 

L’attenzione è alta. Che cosa cerca Bush? Cosa può sperare di ottenere a questo punto del suo mandato? Queste le domande che si pongono tutti gli analisti: difficile dare una risposta. La prima questione che salta all’occhio è una sorta di “cambio della guardia”: se per tutto il 2007 Bush ha delegato la questione israelo-palestinese al segretario di Stato Condoleezza Rice, vera artefice della conferenza di Annapolis, per l’ultimo anno da inquilino alla Casa Bianca il presidente sembra volersi assumere anche questo onere. Dovesse infatti riuscire nel “colpaccio” – il raggiungimento della pace –, l’idea è evidentemente quella di apparire come l’artefice della svolta israelo-palestinese. 

 Al di là del lecito protagonismo, però, molti esperti di politica estera sottolineano come un sostegno diretto e costante da parte del presidente in persona sia assolutamente necessario per pensare di dare una svolta al decennale conflitto. Dopo che Condoleezza ha aperto la via, Bush vuole dare ora al suo viaggio l’immagine di un impegno in prima persona. L’imminente fine del mandato presidenziale, d’altro canto, non giova però alla sua autorevolezza: ma nello scacchiere mediorientale, dove tutto è stato provato, ogni pronostico lascia il tempo che trova. 

La visita nella regione permetterà dunque a Bush di trattare anche la questione iraniana. E ancora a Condoleezza va buona parte del merito: è stata la conferenza di Annapolis, infatti, a isolare l’Iran nel contesto regionale portando intorno a un tavolo paesi come Egitto e Arabia Saudita che potranno dimostrarsi per il contenimento delle ambizioni nucleari di Ahmadinejad. Due grandi temi irrisolti – la pace e il nucleare – che Bush potrà trattare senza più nulla da perdere: dovesse portare a termine anche solo una delle due missioni, perfino le elezioni primarie passerebbero in secondo piano.