Bush tiene in vita Detroit ma quanto durerà?
20 Dicembre 2008
Buon Natale General Motors, buon Natale Chrysler! Giusto in tempo per le festività natalizie arriva per Detroit un Babbo Natale che ha le sembianze di George W. Bush. Il piano di salvataggio per il settore automobilistico statunitense è stato alla fine approvato. Sono 17,4 i miliardi di dollari che hanno le sembianze più di una boccata di ossigeno che altro e rappresentano un traghetto per GM e Chrysler, fino al nuovo anno.
In netto contrasto con quanto deciso il 12 dicembre dal Senato, in cui la proposta di bailout non è passata in giudicato per una manciata di voti, il presidente uscente Bush ha deciso di mettere mano al portafoglio ed elargire nuovamente liquidità ai mercati, in questo caso ad uno dei settori più colpiti dalla crisi economica, quello automotive. Rick Wagoner e Robert Nardelli, rispettivamente CEO di GM e Chrysler, hanno richiesto a gran voce un sostegno per le attività economiche dei gruppi che gestivano, fino al raggiungimento di un accordo con l’amministrazione americana. Ford, attraverso il suo amministratore delegato Alan Mullaly, conferma le posizioni assunte nelle scorse settimane, secondo cui un’eventuale linea di credito con il governo sarà aperta solo nel caso di un peggioramento congiunturale.
I miliardi messi a disposizione sono 17,4: immediatamente saranno serviti sul piatto 13,4 miliardi, a cui ne faranno seguito altri quattro in febbraio. Il tasso d’interesse a cui è emesso il prestito sarà pari al 5% del debito e dovrà, per entrambe le società, essere rimborsato entro il 29 dicembre 2011. I soldi saranno elargiti tramite il Troubled Asset Relief Program (TARP), il piano da oltre 700 miliardi creato dal Segretario al Tesoro Usa, Henry Paulson. Il prestito servirà alle società per divenire nuovamente finanziariamente stabili e vitali. Se questo non avverrà entro il 31 marzo 2009, il governo americano richiederà indietro la somma in questione, in via anticipata. Non si tratta quindi di un prestito a fondo perduto, insomma, e nemmeno di una mera concessione di liquidità, almeno sulla carta.
Infatti, GM e Chrysler dovranno adeguare le rispettive spese di gestione amministrativa, diminuendo benefits quali alberghi di lusso e jet privati in dotazione al top management, che vedrà anche un sensibile ridimensionamento delle retribuzioni con l’anno nuovo. Ma non basta, dato che Detroit dovrà saper mutare la classica tendenza produttiva di motori ad alto coefficiente di emissioni, in un mondo che richiede a gran voce fonti rinnovabili e pulite. Numerosi i progetti in cantiere relativi a sistemi di alimentazione ibrida, come la recente Chevrolet Volt. Il piano di riassetto industriale dovrà portare anche ad un’armonizzazione del livello salariale fra costruttori nipponici e statunitensi, al fine di render maggiormente competitivi i secondi sui primi.
Dopo i dati occupazionali per novembre, che hanno visto la creazione di 533mila nuovi disoccupati, George W. Bush ha deciso di porre fine ad una questione che, tramite i fondi pensione collegati alle case automobilistiche, rischiava di piegare un’economia già sufficientemente in sofferenza. «Nel mezzo della crisi finanziaria permettere che le imprese automobilistiche statunitensi fallissero non sarebbe stata un’azione responsabile», ha affermato Bush nel discorso alla Casa Bianca mentre spiegava ai media i dettagli del bailout natalizio. In effetti, tenute presenti tutte le variabili dietro ad un eventuale iscrizione al Chapter 11 di Chrysler e General Motors, la mossa dell’amministrazione Bush, forse l’ultima, sembra agire nell’ottica della disperata ricerca di una stabilità ormai perduta da tempo. Difficile immaginare qualcosa di diverso con una recessione di notevole portata ormai in atto, il completo riassetto del mondo dell’investment banking americano, il crollo di tutti gli indici finanziari mondiali ed una crisi occupazionale che solo ora comincia a farsi sentire.
Fino a marzo, l’industria automobilistica americana è salva, ma poi? Il presidente eletto Barack Obama, che si insedierà a Pennsylvania Avenue il prossimo 20 gennaio, sarà disposto a mettere mano al portafoglio a sua volta? I costruttori di Detroit riusciranno ad ottimizzare le risorse o fagociteranno solamente i fondi appena stanziati? Il timore è che il fallimento di almeno una delle Big Three sia solamente rimandato.