“Bussola d’oro”: un film di Natale che piace agli atei

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“Bussola d’oro”: un film di Natale che piace agli atei

“Bussola d’oro”: un film di Natale che piace agli atei

17 Dicembre 2007

Tre indizi fanno una prova. Io di indizi che per il film “La bussola d’oro” di Chris Weitz si
potesse tranquillamente dare il medesimo giudizio che Fantozzi diede a “La corazzata Potemkin” ne avevo già due.

Il primo era dato dal fatto che il film è il primo (e speriamo anche l’ultimo)
capitolo cinematografico fantasy ispirato alla trilogia di romanzi di Philip
Pullman intitolata “Queste oscure materie
iniziata appunto nel 1995 con “La bussola
d’oro
”, seguita da “La lama sottile
nel 1997 e da “Il cannocchiale d’ambra
nel 2000; tutti pubblicati in Italia da Salani.

Non potevo non nutrire
dei dubbi in merito all’opera di questo scrittore, che dietro il paravento di
un triplo romanzo-favola per grandi e piccini rivela una forte critica alla
Chiesa: attraverso la narrazione fantasy, Pullman
costruisce un’allegoria del mondo esclusivamente funzionale all’enunciazione
delle proprie tesi, di natura ateista, anticattolica e celebrativa del dominio
della ricerca scientifica sopra ogni altra cosa.

Il perfido “Magisterium”
non può che essere un’evidente accusa al potere religioso, e l’insistenza sulla
violenza contro i bambini suggerisce un accostamento alle polemiche sulla
pedofilia insita nel clero. Infatti, oltre
alle critiche avversative di mezzo mondo cattolico anglosassone (…solo in
Italia stiamo bene attenti a non essere troppo politicamente scorretti…), a
difendere l’opera dello scrittore britannico ci sono gruppi come l’americana
“Freedom from religion foundation”(ffrf.org) la cui presidente non ha esitato
ad affermare “Concordo
con Pullman: è la religione ad avvelenare ogni cosa, è positivo se si spingono
i bambini a pensare con la propria testa, senza soffrire l’autorità della
Chiesa”.

Non da ultimo, un’ottima ragione per
dubitare dello scrittore è che Pullman si dichiara apertamente acerrimo nemico
di una pietra miliare della letteratura del ‘900 come C.S. Lewis, e si è pure
spinto a scrivere diversi interventi in cui cerca di fare a pezzi la sua opera,
partendo proprio da “Il leone, la strega
e l’armadio
”, primo volume fra i sette della serie de ”Le cronache di Narnia”.

Il
secondo indizio era una recensione che il critico cinematografico de “La
Stampa”, Lietta Tornabuoni, ha scritto lo scorso venerdì in merito a questo
film:La
bussola d’oro
, bella storia scritta da Philip
Pullman non indica il nord, ma mostra la Verità (…) Coraggio, pensiero libero,
disobbedienza sono le virtù preziose che il film insegna (….) La bussola d’oro, fantasioso e
inventivo, è capace di dare grandi sensazioni di meraviglia (…) I valori
produttivi sono impeccabili, il messaggio didattico del tutto condivisibile,
non c’è ombra di melensaggine. Peccato che il film riveli come Nicole Kidman
invecchi male”.

Già a sputtanare
tutta la recensione basterebbe lo scivolone finale tipicamente femminile e
rivelante la chiara invidia di non avere quarant’anni ed essere un pezzo di
figliola come Nicole Kidman. Ma anche il resto della recensione lasciava
qualche dubbio: quella “Verità” con la “V” maiuscola, la disobbedienza come
virtù preziosa, il messaggio didattico del tutto condivisibile…

Del resto la
Tornabuoni è quella che parlò di un attualissimo film di denuncia sul
terrorismo islamico come “Il mercante di
pietre
” di Renzo Martinelli definendolo “un
film di pura propaganda anti-islamica (…)Si conosce lo stile sensazionalista ed
effettato di Martinelli: velocità, inquadrature sghembe immotivate, zoom a
sprazzi, rallentatore, rumori forti e tonfi ritmati, apparizione di uomini che
dovrebbero portare sul petto il cartellino «mostro», primi piani drammatici per
immagini insignificanti. Si conosce la tendenza del regista ad arricchire il
film di diversi elementi che c’entrano poco(…) un film enfatico, spesso
ridicolo”.

Che dire? Avevo due
grossi indizi, ma mancava il terzo. E così sono andato comunque in sala a
gustarmi il film. Ben mi sta, così imparo ad essere così perfezionista.

Effettivamente, “La bussola d’oro” non solo non ha nulla
di educativo per un bambino (io mio figlio non ce lo porto), non solo è povera
di fantasia e si struttura su elementi riciclati di qua e di là (anche
dall’odiato Lewis…vedi l’armadio in cui si nasconde la bimba), non solo mette
in luce (almeno nella riduzione cinematografica) un’azione non lineare e molto
frammentata che non le consente un intelligente equilibrio narrativo, non solo
presenta evidenti lacune “pratiche” (la tecnologia del tempo è in grado di
separare le anime dai corpi, ma non di fare una telefonata!), ma in ultima
analisi si offre proprio come…una boiata pazzesca!

 Una pellicola assai
mediocre sotto molti punti di vista, in cui il regista e sceneggiatore Chris
Weitz ha probabilmente voluto replicare il successo del genere “fantasy” degli
anni scorsi, costretto però a cimentarsi con un romanzo bruttino e volendo
costruire una storia dalle grandi aspettative e potenzialità (… ma un conto è
avere fra le mani un capolavoro Tolkeniano come fu per Peter Jackson, un altro
è partire da Pullmann…).  Altro indizio
della volontà emulativa del regista è la (pessima) scelta di far terminare
questo primo capitolo in maniera marcatamente aperta, come se fosse la fine di
una prima puntata. Ma gli scarni incassi ai box office americani lasciano
presagire che tutto finirà qui, per grazia ricevuta.

Per fortuna esistono
ancora delle dimostrazioni pratiche grazie alle quali si comprende che non
bastano le ambizioni dei registi, la computer grafica ed i budget smisurati per
ottenere buoni prodotti: senza alle spalle un romanzo importante ed una
sceneggiatura seria, restiamo anni luce distanti dalla Terra di Mezzo e da
Narnia.

Non voglio guastare le
feste a chi deciderà comunque di recarsi al cinema, e perciò non mi addentro
nella trama spiccia del racconto. Cercherò semplicemente di dissuadere i più
curiosi o gli amanti del “fantasy” dicendo che se paragonato ad un mostro sacro
del genere come “Il Signore degli Anelli”,
La bussola d’oro” ne esce
strapazzata in ogni dove.
Scendendo nel profondo
delle cose, seriamente si può dire che laddove nei protagonisti del film di
Jackson si possono riscontrare sacrificio per il compagno, abnegazione, unità
d’intenti, affidamento a forze superiori, fiducia nei saggi, obbedienza, onore
nella lotta, amore per il vero, determinazione a prescindere dal risultato
finale, rispetto della gerarchia… nei protagonisti che dovrebbero essere
“positivi” de “La bussola d’oro
troviamo volontà personale di successo, disobbedienza, vendetta, perfida
scaltrezza, determinazione violenta, crudeltà, voglia di potere.  La libertà è solo indipendenza e possibilità
di pensarla a modo proprio, non Verità e Amore. E se in Tolkien o Lewis c’era
un Re di cui si aspettava il ritorno o un altro re pronto a farsi uccidere per
te, qui invece la lotta dei “buoni” è volta alla soppressione del Magisterium
ed all’esclusivo affidamento alle potenzialità della ricerca scientifica.
Nemmeno troppo fantasioso, no?

Inoltre, nonostante
nel film la vena polemica anti-cattolica sia stata notevolmente annacquata
rispetto al romanzo, è davvero stucchevole il modo col quale viene raffigurato
questo “Magisterium” (la Chiesa Cattolica) che vorrebbe eliminare dal mondo la
“polvere” (il peccato originale) negando sostanzialmente agli uomini il libero
arbitrio intervenendo sui bambini, prima che si corrodano definitivamente con
la pubertà. Pullmann dovrebbe informarsi che l’attuale capo del “magisterium”, Joseph
Ratzinger, ebbe a dire lo scorso 24 marzo 2007 che “Cristo non ci salva a dispetto della nostra umanità, ma proprio
attraverso di essa
”. Ma si sa che al giorno d’oggi è più facile parlare per
partito preso trascinando al cinema o in libreria una massa di beoti, piuttosto
che fare la fatica di andare controcorrente e approfondire quattro concetti
basilari per la nostra vita ed il nostro futuro.

Questo Natale, i bambini è meglio portarli in Chiesa,
piuttosto che al cinema. E se proprio non avete familiarità col luogo sacro e
vi ostinate a preferire il cinema, fidatevi di me: meglio una crociera al caldo
con Christian DeSica che un palloso viaggio alle Isole Svalbard con gli amici
di Odifreddi.