Buttiglione: “L’intesa col Pdl si gioca sulle proposte e gli uomini dell’Udc”

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Buttiglione: “L’intesa col Pdl si gioca sulle proposte e gli uomini dell’Udc”

Buttiglione: “L’intesa col Pdl si gioca sulle proposte e gli uomini dell’Udc”

11 Agosto 2009

Parla di politica, strategie e scenari futuri dalla sua terrazza sul mare di Gallipoli. Anche Rocco Buttiglione, vicepresidente dei deputati Udc è in vacanza in Puglia, come Casini, D’Alema, Quagliariello, Bersani, Fitto ed altri big dei due schieramenti. Semplice coincidenza o rendez-vous tattico in vista delle regionali? Lui ci ride su al telefono e rivendica: "Io sono qui perchè qui sono nato". Poi ammette: "Essendo tutti da queste parti ci si vede, ci si incontra e si parla con tutti come è naturale che sia…, capita che alcuni incontri finiscano sui giornali". Quanto alla strategia del suo partito, Buttiglione rivela alcune mosse calibrate sulla partita per la Puglia e sullo scacchiere nazionale.

Onorevole  Buttiglione, ci sono le condizioni per un dialogo concreto con il Pdl, specie dopo l’apertura di Bondi?

Una premessa: Bondi è un  gentiluomo e si è espresso con la finezza e il rispetto che peraltro gli sono propri e di cui gli sono grato. Detto questo, siamo disponibili al dialogo; le distanze con il Pdl, però, sono grandi.

Quali sono?

Si dimenticano due campagne elettorali di annientamento condotte contro l’Udc sulla base dello slogan ‘per il centro non c’è posto, scioglietevi e venite con noi’. Noi lo abbiamo superato, ma pensare che le cose siano come prima è sbagliato, una distanza si è creata. Occorrono gesti conseguenti.

Dica quali.

Faccio un esempio. E’ possibile che alla Camera sul decreto sicurezza io spiego perchè il provvedimento è sbagliato e lo faccio non con un discorso demagogico del tipo lasciate che vengano tutti in Italia, ma dicendo che così finiamo per regalare un milione di persone alla criminalità e loro cosa fanno? Non accettano neanche uno dei nostri emendamernti e dopo che la legge è passata ricorrono a una norma correttiva, come accaduto nel caso delle badanti. Idem sui provvedimenti economici; insomma in parlamento c’è una totale chiusura davanti alla posizione di buon senso che come opposizione portiamo avanti.

Ma da dove deve partire questo dialogo?

Il problema è che non si può partire solo da noi e loro. Occorre partire dal paese, dalla valutazione dei problemi e delle risposte da dare. Se il tutto si riduce al fatto che Casini e Berlusconi si parlano o io e bondi facciamo le vacanze insieme, questa non è politica, è cabaret. La questione vera è che bisogna ragionare su che tipo di Italia vogliamo, se vogliamo un paese unito o un paese che con questo federalismo progressivamente scivoli verso la secessione? A me interessa che tutti parlino bene l’italiano, non bene i dialetti.

Eppure un politico navigato come lei dovrebbe saper distinguere la boutade o
l’espressione tipica di una forza territoriale come la Lega che parla al suo elettorato dai temi prioritari.

Il fatto è che la boutade indica una direzione di marcia, qualcosa verso cui si può mobilitare. A me importa solo la bandiera italiana ed europea, non quella padana che peraltro non esiste.
 
Se considera grandi le distanze tra voi e il Pdl come sono quelle tra l’Udc e la sinistra?

Siamo consapevoli del fatto che la distanza tra noi e la sinistra è enorme soprattutto sulla visione d’insieme e sui valori. E chi può esserne più consapevole di me che questa distanza l’ho pagata sulla mia pelle con una ingiuista discriminazione in Europa? Con il Pdl c’è un tipo di distanza diverso, nel senso che mentre sui valori ci troviamo facilmente, la questione è al vertice.

In che senso?

Emerge una visione della democrazia che non condividiamo, che punta alla riduzione del ruolo del parlamento, a privilegiare una pretesa di decisionismo ed efficienza che poi si rivela fallace perchè quando non aggreghi attorno a un tema fallisci il tuo obiettivo. Noi vogliamo parlare di questo.

Dunque per voi il problema è Berlusconi?

Non voglio personalizzare. Ho fatto parte di due governi Berlusconi e ne sono orgoglioso. Però, allora, lui accoglieva il confronto, ascoltava gli altri e accettava di lasciarsi moderare; si barcamenava tra la Lega e noi e  riusciva a tenere un quadro non egemonizzato. Da quando ci ha buttato fuori, invece, vediamo un corso drammaticamente egemonizzato dalla Lega che ora chiede il controllo anche di Lombardia e Veneto, che ha voluto una riforma federale che noi non abbiamo votato non perchè siamo contrari al federalismo ma perchè ci vediamo i prodromi della secessione. Berlusconi se n’è accorto, tanto è vero che ha cercato di costruire lui l’antidoto a Bossi.

E quale sarebbe?

Il vero padre del partito del sud è Berlusconi, perchè si è reso conto di aver bisogno di un contrappeso per la Lega. Abbiamo i fondi Fas che sono stati impiegati non per le finalità cui erano destinati, cioè al rilancio del Meridione…
 
Scusi, a proposito di Sud, quando Casini dice che ha fallito l’intera classe dirigente parla anche dei politici dell’Udc, quindi c’è stato un problema di gestione amministrativa che prescinde dalla destinazione dei Fas.

Certo, è un ragionamento autocritico. Questo non giustifica il fatto che sono state tolte risorse alla classe dirigente anche se è altrettanto vero che la stessa classe dirigente ha fallito. Noi lanceremo un’assemblea programmatica nazionale e poi analoghe iniziative in tutte le regioni e parleremo con tutti sulla base delle nostree proposte e dei nostri uomini. A cominciare da una nuova idea di sanità per il Sud.

Di cosa si tratta?

La sanità meridionale è uno sfascio ed è una fonte drammatica di corruzione. La prima ragione è che è gestita con criteri tutti politici; noi ci impegniamo a risanarla radicalmente costruendo forme di selezione dei vertici della sanità con peculiarità tecnico-professionali ponendo fine alla commistione dell’indirizzo politico. In altre parole, vogliamo separare rigorosamente l’indirizzo politico dalla gestione perchè un politico non può occuparsi di gestione. E questo impegno vale per la sanità al sud ma si amplierà a livello nazionale ad esempio per quanto riguarda la pubblica amministrazione. Vediamo chi ci sta a fare questa battaglia con noi.

Dunque da settembre aprite la campagna elettorale, ma con quali alleanze?

L’assemblea di programma servirà a mettere a punto le proposte sulle quali siamo disponibili al dialogo. Se avremo il coraggio e la forza di farlo perchè non è facile, potremmo anche andare da soli alle regionali. E se ad esempio in Puglia andassimo da soli, non avremmo certamente il presidente della Regione ma tanti voti e metteremmo in crisi il sistema bipartisan.

Ma questo sistema lo hanno scelto gli elettori decretando che non c’è spazio per un terzo polo di centro.

Il nostro progetto politico è quello di far saltare questo sistema.

Torniamo alle regionali. In concreto, qual è la strategia dell’Udc?

La Puglia è la metafora del Paese. Ci sono cinque regioni in cui non si vota, quattro in cui numericamente non siamo influenti ma potremmo esserlo politicamente e le altre regioni in cui siamo più o meno decisivi. La linea è che non si fanno accordi a livello nazionale ma si tratta regione per regione. L’indicazione è seguire il modello Brindisi, cioè il riconoscimento forte dei valori del centro. Lì è accaduto che abbiamo vinto e il presidente della Provincia è nostro.

E perchè non considerare invece il modello Abruzzo, il modello Sardegna, il modello Campania?

In Abruzzo abbiamo vinto come in Sardegna e in Campania. Certo sono tutti elementi di un unico modello ma quando parliamo del modello Brindisi ci riferiamo alla Puglia a un fatto che non è accaduto in altre regioni. La differenza specifica è che a Brindisi non abbiamo vinto perchè eravamo alleati col centrosinistra o col Pdl, ma perchè abbiamo convinto coi nostri programmi e i nostri uomini. Ciò che gli altri fanno fatica a capire è che il nostro partito è profondamente cambiato: pensano di trattare con un partito fatto di resti del sistema democristiano per cui l’unico problema è stare al governo. Non è così: noi vogliamo far aumentare l’elettorato che si riconosce in una politica che ha una forte radice ideale.

Come valuta il caso Puglia nell’era Vendola?

Ho molta stima e amicizia per Vendola; uno che è stato vicino a don Tonino Bello sicuramente lo sento vicino a me, ma politicamente Vendola è l’espressione di una coalizione spostata a sinistra, è l’uomo del dialogo tra Rc o l’area di Rc e i democratici e non può essre l’uomo della formula politica di centro che vogliamo noi.

E della lettera che il governatore pugliese ha indirizzato al pm Digeronimo cosa pensa?

Capisco le sue ragioni però ha fatto la campagna elettorale prendendosela con Berlusconi e dicendo che i magistrati non si ricusano, quindi un fumus di doppiopesismo c’è ed è difficile negarlo.

Dunque in Puglia per l’Udc vale il modello Brindisi?

E’ l’indicazione lungo la quale ci muoviamo, lo schema è il pieno riconoscimetno dei valori del centro, ad esempio con un presidente di regione che decidiamo insieme e che sia espressione coerente del nostro programma.

Sì ma con un candidato Udc o Pdl?

Meglio se dell’Udc, ma nessuno si illuda che gli altri decidono programma e candidato per poi dirci venite con noi.

Strategia analoga anche nelle altre regioni al voto in primavera?

La strategia di fondo è la stessa; certo è diversa per una regione in cui sei assolutamente decisivo e i un’altra dove sei mediamente decisivo.

Ci sono regioni in cui l’intesa col Pdl è più vicina?

In alcune regioni sì, cioè dove hanno mostrato di riconsocere il nostro ruolo. In Campania ad esempio alle recenti provinciali c’è stata una collaborazione politica e non è eslcuso si possa trasporre a livello regionale, vedremo. In Lombardia aspettiamo di capire chi è il candidato presidente: Formigoni potrebbe andare bene, un altro candidato specie se leghista no. Se in Veneto torna Galan noi con lui abbiamo lavorato bene nell’interesse della comunità, quindi le cose sarebbero più facili.

Lupi sostiene che per la peculiarità del sistema di voto alle regionali non è applicabile l’esperienza di Brindisi. Cosa risponde?

Lupi dice cose vere nel senso che le elezioni a doppio turno come le comunali e le provinciali facilitano la nostra strategia, ma questo non vuol dire che sia inapplicabile alle regionali: ci vuole più impegno e fantasia…