Buzzi: Legacoop sono io, Carminati valeva solo il 3 per cento

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Buzzi: Legacoop sono io, Carminati valeva solo il 3 per cento

10 Marzo 2017

Raccontando la storia di Mafia Capitale, giornali e telegiornali di casa nostra si sono sempre concentrati su Massimo Carminati, il “Nero”, e quindi sul mondo della destra e della estrema destra romana. La pista nera che tanto successo ebbe anche nel film Romanzo Criminale. Le ragioni sono evidenti: Carminati è un colpevole perfetto da vendere all’opinione pubblica, con la sua aura di maledetto, l’occhio cieco, la vita avventurosa tutta spesa nel cerchio della destra fuorilegge. I riflettori accesi sulla sua figura sono serviti a lasciare in ombra la realtà di un sistema costruito, radicato e alimentato tutto nell’ambito della sinistra, quella sinistra che governa Roma, con brevi interruzioni, dal ’76, cioè circa quarant’anni.

Eppure anche il profilo di Buzzi sarebbe interessante per un  “Romanzo criminale” la cui trama però si snoda  e si sviluppa sul versante dell’ideologia buonista e politicamente corretta. Buzzi, condannato per omicidio (come è noto ha ucciso ferocemente il socio con 34 coltellate), trova il suo riscatto grazie alle pene alternative, e alle vie privilegiate di accesso al lavoro offerte ai detenuti. Si chiama “risocializzazione”. Tra i grandi sponsor della risocializzazione c’è Angelo Marroni, padre del deputato Pd Umberto, e figura di spicco del Pci romano dell’epoca. Siamo tra gli anni ’80 e ’90, ed è proprio del ’91  la legge che permette appalti senza gara alle cooperative sociali.

Da quel momento Buzzi comincia a prosperare, crescere, insieme alle giunte rosse che si susseguono nel governo della capitale. Tutto questo appare all’esterno un perfetto esempio di reinserimento di un ex detenuto: Buzzi è tanto stimato che il presidente Scalfaro gli concede la grazia. Il resto è noto. L’Espresso titola un’inchiesta su mafia capitale così: “La dinastia rossa dei Marroni; così gli
uomini del Pd lavoravano con i clan”. E l’ex sindaco Marino, evidentemente un estimatore di Buzzi, non solo accetta il suo contributo per la campagna elettorale, ma destina a lui e alla suo cooperativa il suo primo stipendio.

Sui legami profondi tra Buzzi e la sinistra capitolina però cala il silenzio: il rischio è il coinvolgimento di personaggi del Pd indiscutibili, intoccabili, come Veltroni. E invece, sentite cosa ha raccontato in questi giorni ai magistrati, nell’aula bunker al carcere di Rebibbia dove si svolge il processo, Salvatore Buzzi, il socio di maggioranza della premiata ditta: “Era la terza internazionale più Carminati,” dice Buzzi, rovesciando il senso della storia che ci hanno raccontato fino adesso.  Rivendica con orgoglio la sua storia di campione della sinistra, come pure il ruolo avuto dalla sua cooperativa, “fiore all’occhiello della Lega Coop”, in quell’affare fatto sulla pelle degli immigrati, “che valgono più della droga”, come si dicevano quelli della banda intercettati dalle forze dell’ordine. 

“Non voglio certo rinnegare l’amicizia con Carminati,” aggiunge ancora Buzzi davanti ai giudici, “ma il suo apporto alle cooperative pesava 5 milioni e 900 mila euro, il 3,7 per cento del fatturato complessivo”. Altro che pista nera, insomma, se mai un’arma di distrazione di massa, utile a coprire quello che è il vero potere. Il potere che Buzzi rivendica evocando la terza internazionale, il potere che c’è sempre stato ma di cui si parla poco e niente, il vero potere della sinistra, il sistema rosso delle cooperative.