Caffarella. Romeno arrestato era latitante e ospite del Comune

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Caffarella. Romeno arrestato era latitante e ospite del Comune

22 Marzo 2009

Oltean Gravila, uno dei presunti stupratori della Caffarella era ricercato da oltre un anno. Dalla fine di gennaio viveva con moglie e figlio all’interno del padiglione della Fiera di Roma messo a disposizione dal Comune per ospitare i nomadi sgomberati dal campo di villa Gordiani.

Nonostante il romeno avesse fornito le stesse generalità indicate nell’ordine di arresto firmato il 15 febbraio 2008 da un giudice della capitale e si fosse regolarmente registrato presso la struttura di accoglienza, nessuno si è accorto che si trattava di un latitante.

È una storia piena di interrogativi e di misteri quella dei due stranieri accusati di aver aggredito i fidanzatini il pomeriggio di San Valentino e di aver violentato ripetutamente la ragazza di appena 15 anni. Perché non era la prima volta che Gravila, 27 anni, violava la legge insieme all’amico Alexandru Jean Ionut, 18 anni, accusato di essere uno degli aggressori della Caffarella. 

Il più giovane degli aggressori si sarebbe persino vantato di aver stuprato un’altra giovane sei mesi fa. Sarebbe stato lui a organizzare le rapine contro i minorenni nei parchi cittadini e a vendere la refurtiva ai ricettatori.

Sono i carabinieri di Ladispoli i primi ad occuparsi di lui, proprio per una vicenda di merce rubata. Lo arrestano, ma il 23 gennaio 2008 Gravila ottiene la scarcerazione con obbligo di firma. Una settimana dopo il comando dell’Arma comunica alla Procura che l’uomo non si è mai presentato e il 14 febbraio il pubblico ministero chiede al giudice una nuova misura di arresto. L’istanza viene accolta il giorno dopo.

Il provvedimento dà conto di quale sia la personalità del romeno: "Considerato che l’osservanza delle suddette misure costituiva garanzia della permanenza del predetto sul territorio dello Stato al fine di consentire il prosieguo delle indagini ancora in corso e che tali misure erano state applicate per contenere la pericolosità sociale già evidenziata dal medesimo in occasione della sua partecipazione al reato di ricettazione di un’autovettura rubata. Ritenuto che le gravi trasgressioni degli obblighi hanno evidenziato nell’indagato una pervicace e più rilevante pericolosità sociale, si ordina la misura della custodia cautelare in carcere".

Gravila ricompare il 22 gennaio alla Fiera di Roma, fornisce nome e cognome, ottiene ospitalità assieme ai familiari. Nessuna segnalazione scatta sul suo conto, lui gira indisturbato per la città. E compie una serie di rapine contro minorenni. La moglie giura che la sera torna a dormire nel padiglione, il racconto è confermato da altri nomadi. Lo dice anche Ionut. Quando il 18 marzo i poliziotti della squadra mobile lo vanno ad arrestare per l’aggressione avvenuta il 15 febbraio a parco Lemonia, il giovane non nega. Poi fa dichiarazioni spontanee. E accusa Gravila: "È un mio amico, noi lo chiamiamo "Gabriele". È stato lui a propormi di guadagnare soldi facili e abbiamo rapinato quei due ragazzi". Non gli contestano lo stupro della Caffarella, lui si mostra collaborativo: "Gabriele è partito".

In quelle stesse ore Gravila viene fermato dai carabinieri nei pressi del valico italo-sloveno di Fernetti, in provincia di Trieste, a bordo di un furgone con targa tedesca. Una coincidenza che si rivelerà decisiva per le indagini. È insieme ad un altro romeno e trasportano tre motori di automobili risultati rubati. La loro intenzione è varcare il confine. Il suo nome viene inserito nella banca dati e così si scopre che è ricercato da oltre un anno. I militari lo trasferiscono nel carcere cittadino.

La sera i poliziotti di Roma arrivano a Trieste per il prelievo della saliva, così come hanno già fatto per Ionut. Poche ore e arriva il Dna: per il test gli stupratori sono loro. Ieri è stato convalidato il fermo di Ionut per la rapina. Domani saranno interrogati per la violenza alla Caffarella. La polizia cerca di scoprire se nella storia criminale dei due romeni ci siano altri stupri. Ma adesso si deve anche accertare come mai Gravila l’abbia fatta franca, pur avendo fornito la sua reale identità ai responsabili della struttura gestita dal Campidoglio.