
Camarra (Kremlin File): “Agitainment e antiamericanismo, così Mosca colpisce in Occidente”

08 Dicembre 2022
L’Ucraina si sta riprendendo i territori occupati, anche grazie al supporto dei Paesi occidentali. Mosca è immobile di fronte a tale sostegno? Assolutamente no. Entra più o meno prepotentemente nei dibattiti pubblici nazionali e agita le acque. Ne abbiamo parlato con Monique Camarra, esperta in comunicazione politica e ricercatrice in influence industry, nonché co-conduttrice insieme ad Olga Lautman di Kremlin File, podcast di fama internazionale.
Come si sono mosse le linee della disinformazione di Mosca all’inizio dell’invasione in Ucraina?
Appena iniziata l’invasione dell’Ucraina, l’influenza informativa russa si è appoggiata sui vettori che propagavano disinformazione già in precedenza. Non solo per quanto riguardava direttamente il Covid. La Russia contribuiva attivamente ad agitare una moltitudine di microproteste antisistema in giro per l’Occidente. In Italia possiamo ricordare le proteste dei portuali di Trieste. Tutti questi vettori sono stati riciclati per la propaganda bellica della Russia a partire dal 24 febbraio.
Quali temi hanno cavalcato per spostare il sentiment dell’opinione pubblica?
Sin da subito sono state due le narrative sfruttate dai russi per la propria propaganda: additare l’Ucraina come nazista, quindi scatenatrice del casus belli, e attaccare la Nato, premendo sul sentimento antiamericano. La prima non ha attecchito quanto sperato, nemmeno internamente, la seconda, invece, ha fatto presa, almeno in parte, in Europa.
Sul fronte interno l’opinione pubblica russa come si pone rispetto alla guerra?
La questione è articolata. Sebbene la popolazione russa protesti non mette in discussione il potere di Putin e della sua cerchia. Non vogliono essere mandati al fronte e si lamentano delle conseguenze dell’inflazione, ma nulla di più. Le recenti pubblicazioni del Levada Center e di Meduza lo confermano.
Che ruolo ha giocato invece l’antiamericanismo?
In Germania, Francia, Italia e in generale nell’Europa meridionale sta avendo un ruolo rilevante, soprattutto per far desistere questi Paesi dall’invio di armi. Ci sono forti richiami al linguaggio della sinistra estrema, da lì le richieste di “pace”. Peccato che pretendano sempre di disarmare l’Ucraina, ma non chiedono mai di disarmare la Russia.
Qualche esempio?
Lo vediamo in Francia con Mélenchon o in Italia con Conte, che ormai non nasconde nemmeno più di fare disinformazione. Buttandola sul tema della “sovranità”, inoltre, il tentativo è di ostacolare la fornitura di materiale bellico per mezzo delle destre. In ogni caso, a protestare sono sempre gli stessi. Non è un caso, ripeto, che la Russia abbia adoperato gli stessi vettori disinformativi del Covid e delle microproteste. L’antiamericanismo è un mezzo che Putin sfrutta senza remore.
Che leve ha usato la disinformazione russa negli Stati Uniti invece?
Visto che repubblicani e democratici sono ambedue molto favorevoli a supportare la difesa dell’Ucraina, la strategia è necessariamente diversa. L’interdizione di Mosca nell’informazione americana ha lo scopo di distogliere l’attenzione dalla guerra e polarizzare l’opinione pubblica, mettendo alcuni gruppi contro gli altri. L’obiettivo, in questo caso, è indebolire il Paese minandone la stabilità e la coesione sociale. Come era accaduto due settimane prima dell’invasione per le proteste dei camionisti in Canada. Tra l’altro, si dice che a febbraio riprenderanno proprio queste manifestazioni.
Al di là delle polemiche politiche, quanto ha senso soffermarsi sui dettagli di queste narrazioni fasulle?
È sicuramente molto interessante e utile, ma non dobbiamo tralasciare lo scenario macro. Chi c’è dietro alla propaganda russa? Chi decide chi va in televisione? Come spuntano dal nulla personaggi che, anche in Italia, fanno un’improvvisa carriera politica o popolano i talk show prendendo le parti di Putin? Questi temi sono fondamentali perché così che viene plasmata ed influenzata l’opinione pubblica. Parliamo letteralmente di un “industria dell’influenza” costruita nei decenni.
Il regno delle post-verità insomma…
Qui non importa dei fatti o di come stanno veramente le cose. Non mi riferisco a una cospirazione o qualcosa di simile. Il punto è cosa si vende bene in televisione. Nella letteratura specializzata si parla di agitainment. I talk show abdicano al proprio ruolo informativo e portano una rissa impregnata dell’influenza russa dentro le case di milioni di italiani. È qualcosa di molto più grosso delle fake news fabbricate su Twitter perché il pubblico è più ampio.
Farebbe rientrare anche il professor Orsini in questo discorso?
Certo! Dovrebbe essere cacciato dalla televisione. Orsini rappresenta sempre il punto di vista di Mosca. Lui è in mezzo a questo sistema di agitainment molto forte in Italia. Non ho idea del perché abbia così tanta visibilità. Ma non è stato nemmeno il caso più evidente.
A cosa si riferisce?
Tra marzo e giugno sulla televisione italiana c’è stato un florilegio di veri e propri agenti del Ministero della difesa russo. Parliamo di persone non libere, che ripetono la propaganda destinata a quei famosi vettori di cui parlavamo prima.
Ma questa è stata una peculiarità italiana oppure è avvenuto anche nel resto d’Europa?
È una peculiarità. L’Italia è un caso particolare che viene studiato a livello europeo da anni. Quando vengono intervistati dei funzionari russi all’estero, il giornalista li incalza e li mette in difficoltà. L’intervista di Steve Rosenberg a Lukashenko è un esempio di assoluto livello in questo senso. In Italia, invece, non è accaduto. Costoro hanno potuto parlare a ruota libera per venti minuti o più. È inconcepibile.
Certo anche interviste come quella fatta nel 2019 dal Financial Times a Putin non hanno aiutato la causa della libertà, però…È convinta che questa lenta azione erosiva a livello comunicativo alla fine porterà l’Italia ad abbandonare l’Ucraina?
Credo che l’Italia resterà fino alla fine al fianco dell’Ucraina. L’appartenenza alla Nato e all’Unione Europea è vincolante. Non si può venir meno ai trattati internazionali, né tantomeno alla legge internazionale. L’Italia non può proprio tirarsi indietro di fronte a un autoritarismo che cerca di cambiare bellicosamente i confini di una democrazia limitrofa. La disinformazione di Mosca persisterà, magari si intensificherà, ma alla fine ciò che conta sono le istituzioni. E quelle italiane sono dalla parte giusta della storia, con l’Ucraina.