Cambiare la legge elettorale è cosa buona e giusta

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Cambiare la legge elettorale è cosa buona e giusta

Cambiare la legge elettorale è cosa buona e giusta

L’elezione diretta dei futuri senatori? Un "non senso" per chi del processo riformatore in corso è parte attiva, ma anche – e questa è la notizia – un nodo non rilevante e facilmente superabile per due delle principali forze di opposizione (Forza Italia e Lega) che invece, nelle schermaglie pubbliche, sembravano aver fatto della questione un punto irrinunciabile.

 

L’Italicum? La vera posta in gioco, per consentire a un sistema politico impaludato di riassettarsi e per evitare che un sistema di voto cucito su misura per un Renzi allora trionfante conduca a esiti ben più destabilizzanti e impedisca alla pluralità delle forze in campo di trovare uno spazio di esistenza al di là delle egemonie di opposto segno.

 

Sono queste le due chiavi di volta emerse dall’incontro organizzato nell’ambito della Summer School della Fondazione Magna Carta dedicato al tema “Riforma dello Stato: battere la sindrome di Godot si può”, al quale hanno preso parte alcuni dei principali protagonisti del processo riformatore in corso: la presidente della Commissione affari costituzionali del Senato e relatrice del disegno di legge Anna Finocchiaro (PD), il coordinatore nazionale di NCD, Gaetano Quagliariello, già ministro per le riforme costituzionali nel governo Letta, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI) e l’onorevole Giancarlo Giorgetti per la Lega Nord, in un dibattito moderato da Tommaso Labate.

 

Alla provocazione del giornalista del “Corriere”, che ha ricordato i fallimenti dei precedenti tentativi di riforma della seconda parte della Costituzione approvati a colpi di maggioranza, le risposte sono state inaspettatamente concordi. Dal confronto, infatti,  è emersa l’esigenza di portare a conclusione il processo riformatore iniziato un anno e mezzo fa. Palesemente ridimensionato il nodo della modalità di elezione dei futuri senatori: se Finocchiaro e Quagliariello hanno sottolineato l’incongruenza di una elezione diretta di primo grado per una camera che il testo della riforma qualifica come rappresentativa delle "istituzioni" territoriali, aprendo allo stesso tempo a un rafforzamento dei poteri del Senato (fortemente ridimensionati nella seconda lettura della riforma) e a una soluzione che consenta comunque di ancorare l’elezione indiretta alle indicazioni del corpo elettorale (l’emendamento Quagliariello ricordato dalla presidente della Commissione Affari Costituzionali), inaspettatamente sono stati i due rappresentanti delle opposizioni, Gasparri in primis, a derubricare la questione come un problema secondario e facilmente risolvibile. Giorgetti, dal canto suo, ha posto come priorità piuttosto il tema dei rapporti tra Stato e enti territoriali, giudicando l’assetto risultante dalla legge eccessivamente accentratore.

 

Il convitato di pietra della discussione, vero macigno lungo la strada del riassetto istituzionale del nostro Paese e di un ampio accordo riformatore tra le forze politiche, è invece l’Italicum e in particolare l’attribuzione del premio di maggioranza, se alla sola singola lista (come è attualmente previsto) o potenzialmente anche alle coalizioni (come da più parti viene richiesto). Al "partito delle coalizioni" a Frascati si è iscritto a gran voce Gasparri, sia come incentivo alla strutturazione bipolare del sistema politico, sia per il facile pronostico che vedrebbe le forze anti-sistema aggiudicarsi con ogni probabilità la finalissima (ballottaggio) di un campionato giocato da squadre singole.

 

Quagliariello, il quale da tempo ripete che ritoccare in questo senso la legge elettorale non sarebbe affatto "una bestemmia" e anzi cosa buona giusta e auspicabile, candida il suo partito, "minoranza creativa" nella maggioranza di governo e determinante per la sopravvivenza dello stesso, a farsi parte attiva nella promozione dell’intervento correttivo che scongiurerebbe saldature tra gli sconfitti del primo turno e le forze anti-sistema funzionali a garantire a tavolino la vittoria di queste ultime, e rimetterebbe in moto un sistema politico oggi tanto in confusione quanto impaludato. "Certo – ammette il coordinatore Ncd – il passaggio dal premio alla lista al premio alla coalizione potrebbe far perdere qualcosa in termini di stabilità degli esecutivi. Ma la soluzione esiste…". La soluzione potrebbe essere una specie di ordine del giorno Perassi del ventunesimo secolo, che impegni il Parlamento a introdurre meccanismi rafforzativi delle prerogative del presidente del consiglio. Impegno, va da sé, che passa per il ritorno in campo delle coalizioni.