Cameron dichiara guerra al multikulti puntando sull’integrazione

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Cameron dichiara guerra al multikulti puntando sull’integrazione

28 Febbraio 2012

Del resto lo aveva affermato con decisione un anno fa: “Il multiculturalismo ha fallito. È tempo di voltare pagina sulle politiche fallite del Paese”. A distanza di 12 mesi David Cameron ha trasformato quelle parole in fatti. Con il documento “Creating the Conditions for Integration”, reso pubblico lo scorso 21 febbraio, il governo britannico presenta “una nuova strategia di integrazione” che ha come obiettivo sostenere e difendere un’identità britannica compatta.

Come? Sarà richiesto a quegli immigrati che vogliono ottenere il permesso di vivere nel Regno Unito di imparare la lingua inglese e aderire mainstream alla cultura e ai valori britannici come la democrazia e la legge dello stato. In più il piano prevede che nelle scuole si insegni la storia e la cultura britannica, che i palazzi pubblici espongano la Union Jack e che venga ripristinata la fede cristiana al centro della vita pubblica britannica.

Il documento parla chiaro. Saranno attaccati tutti coloro che si opporranno – si legge testualmente – “ai nostri valori condivisi quali la democrazia, la supremazia della legge, l’uguaglianza di opportunità e trattamento, la libertà di espressione e il diritto di tutti gli uomini e le donne a vivere liberi da persecuzioni di qualsiasi tipo. Saranno emarginati gli estremisti che minacciano la nostra società e noi non entreremo in contatto né finanzieremo queste organizzazioni”.

Questo sulla base del fatto che gli inglesi ritengono che se da un lato la presenza a lungo termine di una popolazione altamente diversificata sul territorio è generalmente un indicatore di buona integrazione  dall’altro sono convinti che questa ‘convivenza’ possa essere rovinata e perfino resa ingestibile da una serie di fattori. Un esempio fra tutti, se gruppi all’interno della stessa comunità locale vivono in compartimenti stagni, lavorando e socializzando separatamente.

A puntare il dito contro chi ha permesso che in Gran Bretagna prendesse piede questo fallimentare modello di integrazione è Eric Pickles,  Segretario di Stato per le Comunità e amministrazioni locali nonché responsabile per l’attuazione della strategia, secondo cui “il governo laburista ha incoraggiato culture diverse a vivere vite separate distorcendo il concetto di tolleranza. Adesso c’è bisogno di un nuovo approccio che punti a enfatizzare quanto abbiamo in comune e non cosa ci differenzia”. Parlando al Daily Mail  Pickles ha ribadito come le nuove misure rappresentino “un attacco frontale alle politiche multiculturali introdotte dal precedente governo, che non hanno fatto altro che promuovere un secolarismo aggressivo”.

“Creating the Conditions for Integration” arriva dopo che il primo ministro David Cameron ha pubblicamente ripudiato la politica del multiculturalismo, che a suo avviso ha favorito il dilagare dell’estremismo islamico. In un discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel febbraio 2011, Cameron disse: “Obbedendo alla dottrina del multiculturalismo di stato, abbiamo incoraggiato culture diverse a vivere vite separate. Non siamo riusciti a fornire una visione unitaria della società in cui loro voglio vivere. Abbiamo persino tollerato i comportamenti contrari ai nostri valori”.

Questo, per il premier britannico, ha fatto sì che molti giovani musulmani, sentendosi totalmente sradicati dalla realtà in cui vivevano, abbiano trovato una loro identità nell’ideologia estremista. Cameron in quell’occasione individuò un duplice approccio per disinnescare la minaccia dell’Islam radicale in Europa: affrontare l’ideologia estremista e promuovere un chiaro e condiviso senso di identità nazionale, invece di incoraggiare le persone a vivere in piccole comunità.

Il secondo atto del suo piano si è svolto l’ottobre scorso quando il primo ministro inglese, ritornando sul tema, annunciò una serie di riforme ad ampio raggio volte a fare un giro di vite sull’immigrazione clandestina e la frode dei visti per “recuperare le nostre frontiere e inviare a casa degli immigrati illegali”. Cameron, in quel contesto, specificò che le precondizioni per ottenere il visto per vivere in Gran Bretagna sarebbero state la lingua, le risorse finanziarie per auto sostentarsi e un esame che verifichi le conoscenze di storia britannica.

In verità già dal 2005 esiste una sorta di quiz per la cittadinanza. Ma questo test (“Life in Uk”) si è trasformato in un bluff perché il governo laburista non ritenne, allora, necessario che gli immigrati imparassero la storia britannica. Quella prova invece sarebbe stata utile perché i candidati, oltre che domande di storia avrebbero dovuto risponderne ad altre su parità di diritti, discriminazione e su come richiedere le prestazioni di assistenza sociale da parte dello Stato.

Un occasione sprecata, certo. Ma adesso il “Creating the Conditions for Integration” rimette le carte in tavola in fatto di immigrazione e integrazione. Una sfida ambiziosa anche se la battaglia che la Gran Bretagna dovrà affrontare per ottenere una società integrata sarà dura: l’Office for National Statistics ha rivelato, infatti, che due terzi dei bambini nati a Londra nel 2010 avevano almeno un genitore nato all’estero e che in alcune aree urbane, più di tre quarti dei bambini sono ora nati in famiglie di immigrati. Un quadro che, come ha rilevato il think tank Migration Watch Uk , “rende molto più difficile l’efficacia delle politiche di integrazione”.