Cameron sale in cattedra e dà una lezione all’Europa: “E’ ora di crescere”

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Cameron sale in cattedra e dà una lezione all’Europa: “E’ ora di crescere”

01 Aprile 2011

“Let’s choose growth”. Questo il monito ma anche il titolo della lettera/pamphlet che il premier inglese David Cameron ha inviato ieri ai 26 leader europei, facendosi promotore del rilancio di un Vecchio Continente sempre più fiacco e arrancante in termini di crescita economica.

Il lucidissimo documento prima che alle parole dà spazio ai numeri: si apre, infatti, con un grafico che mostra il declino relativo della capacità economica degli stati dell’Unione europea, nella misura in cui essa prevede che entro il 2050 la Francia e l’Italia abbandoneranno tragicamente la top dei 10 Paesi più ricchi. Di fronte a dati tanto allarmanti Cameron sale in cattedra e richiama all’ordine e al buonsenso i cugini europei: “Potremmo non essere disposti ad ammetterlo, ma molte delle tesi che abbiamo a lungo fatte nostre, il risultato di decenni di progresso, sono in pericolo”.

Quello scritto nero su bianco dal leader britannico, più che un manifesto ideologico, è un vero e proprio decalogo del pragmatismo. Questi i nodi affrontati: completamento del mercato unico, dando la priorità settori quali i servizi e l’energia e la modernizzazione del mercato unico per l’era digitale; apertura al commercio mondiale: concludere l’accordo di Doha quest’anno e firmare accordi commerciali con alcune delle economie a più rapida crescita al mondo, compresi India, Canada, Giappone, Mercosur e le nazioni dell’Asean; riduzione dei costi per chi vuole fare impresa, rendendo più facile per tutte le nostre società a partire, crescere, investire e assumere personale – riducendo l’onere complessivo per le imprese del regolamento Ue sulla vita di questa Commissione e assicurando che nuovi oneri sono compensati da risparmi realizzati altrove, ai fini dell’esenzione delle piccole imprese da oneri normativi; nuove forme di finanziamento per l’innovazione, con la creazione di un chiaro, conveniente “business friendly regime” di brevetti a livello continentale e, ancora, chiudendo il buco di finanziamenti per le imprese innovative, riducendo le barriere e sviluppando proposte per un fondo di capitale di rischio paneuropeo che venga investito nelle società in crescita più innovative dell’intera Unione europea. Ecco servita la ricetta made in Uk per l’Ue.

“È chiaro che vi è una crescente urgenza e necessità di intervenire per garantire la crescita a lungo termine sostenibile in Europa. Nessun paese può fare per conto proprio. Se noi non lavoriamo insieme l’Europa potrebbe essere lasciata alle spalle. L’Europa può cambiare, creare posti di lavoro, per creare ricchezza e di competere in un mercato globale”. Un insolito Cameron aperturista nei confronti delle istituzioni di Bruxelles sembra suggerire il rimedio al baratro economico riassumendolo in una sola parola: concertazione.

A cosa si deve questo slancio comunitario del Pm? Il Financial Times  avanza l’ipotesi che Cameron abbia sentito il bisogno di ripetere queste idee (già proposte dai Labour in passato) in un opuscolo a sua firma per garantire alla Gran Bretagna di mantenere voce in capitolo nelle deliberazioni europee, soprattutto dopo la decisione di 17 paesi della zona euro e sei altri stati dell’Unione di firmare un “euro plus pact” che è un passo potenzialmente radicale verso l’integrazione economica europea.

Probabile sia così, ma tanto di cappello a un leader – solitamente locked up, sigillato, nella sua realtà isolana – che ha tentato di istillare una dose di positività e pragmatismo nelle vene di un continente che sul lungo periodo potrebbe diventare economicamente moribondo.