Camorra, 9 anni a Cosentino. I legali”non giudicato fatto, ma fenomeno”
18 Novembre 2016
Nicola Cosentino è stato condannato, in primo grado, a 9 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La condanna per Cosentino arriva dopo oltre cinque anni di processo e 140 udienze. Il suo processo è stato, tra quelli con un unico imputato e un’unica imputazione, tra i più lunghi della storia giudiziaria italiana.
L’ordinanza con richiesta di arresto per Cosentino, allora parlamentare, è stata firmata nel 2009 dall’allora gip di Napoli Raffaele Piccirillo. Richiesta più volte respinta dalla Camera fino al 2013, quando Cosentino, dopo essersi dimesso da coordinatore campano del Pdl, si costituisce presso il carcere di Secondigliano a Napoli. Dopo ben due anni di carcere preventivo, all’ex deputato vengono concessi i domiciliari nel giugno scorso.
Secondo la Dda di Napoli l’ex sottosegretario all’Economia del Pdl era il “referente politico nazionale del clan dei Casalesi”, colui che dal 1980 fin quasi ai giorni nostri avrebbe stretto un patto di ferro con i capi del clan per ottenere i voti alle varie elezioni fornendo in cambio un contributo stabile alle cosche.
L’accusa si basava dunque sul presunto patto politico-mafioso tra Cosentino e il clan, mai dimostrato nella sua genesi in quanto i capiclan, da Schiavone a Bidognetti passando per Zagaria, non sono mai stati sentiti; non è stato ascoltato neanche Antonio Iovine, unico tra i boss ad essersi pentito. Di contro, alcuni dei circa 20 collaboratori ascoltati hanno confermato il sostegno elettorale del clan, ma nessuno ha indicato con precisione le elezioni in cui l’appoggio sarebbe avvenuto.
La difesa ha spiegato che Cosentino alle elezzioni politiche si è sempre candidato in un collegio dell’alto Casertano, che non comprendeva il suo comune di nascita di Casal di Principe.
La seconda gamba dell’accusa è quella dei favori fatti in cambio da Cosentino al clan: il più significativo è l’appalto vinto alla fine del 1999 dai fratelli Sergio e Michele Orsi, ritenuti da una sentenza passata in giudicato come imprenditori vicini al clan Bidognetti. La gara è quella indetta dal Ce4, consorzio che riuniva 20 Comuni del Casertano, e si occupava del ciclo integrato dei rifiuti; per l’accusa Cosentino fu il regista dell’accordo che permise agli Orsi di divenire soci del Ce4, creando la società mista Eco4 che ottenne poi dai Comuni consorziati affidamenti diretti per il servizio di raccolta dell’immondizia.
Il collegio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha escluso l’ipotesi del riciclaggio, concernente il presunto cambio da parte di Cosentino degli assegni bancari consegnatigli da emissari del clan; l’ipotesi era ricompresa in quella principale di concorso esterno.
“Prendiamo atto della decisione del tribunale che ritiene che ci sia il concorso esterno, per noi non è così, ma attendiamo di leggere le motivazione – hanno affermato gli avvocati di Cosentino, Stefano Montone e Agostino De Caro -. Questa condanna non ci convince perché per noi Nicola Cosentino non ha commesso il reato di concorso esterno. Quando si portano in aula 200 testi per valutare un fatto non si giudica più il fatto, ma il fenomeno. Una cosa è sicura impugneremo la sentenza e lotteremo fine alla fine per difendere l’innocenza di Cosentino “.