Cancellieri, non c’è due senza tre
22 Novembre 2013
di Ronin
Ricapitolando. Il 15 novembre trascinati dai media molti esponenti politici delle opposizioni ma anche delle forze di maggioranza accusano il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri di aver mentito ai Pm che indagano sul “caso Ligresti” e al Parlamento. Il ministro si difende, respinge le accuse di ingerenza, spiega quali sono stati i suoi rapporti con Antonino Ligresti.
Passa qualche giorno e il 18 novembre la Procura di Torino fa sapere che la Cancellieri non risulta indagata e che il fascicolo aperto sulla vicenda è stato trasferito a Roma, la procura competente. L’assalto dei media, insomma, si rivela una bolla. Il 20 novembre, Movimento 5 Stelle presenta in Parlamento la mozione di sfiducia individuale contro il ministro. Cancellieri non molla, il premier Letta le fa scudo, la mozione di sfiducia viene bocciata dalla Camera (405 contrari contro 154 favorevoli).
Votano a favore M5S, Lega, SeL. Ma per i malpancisti del Pd è un boccone amaro da ingoiare. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, dice che a salvare il ministro è stato “il vecchio Pd”, mentre Pippo Civati sostiene che “ci meritiamo un vaffa”. Le divisioni interne al principale partito di maggioranza spingono a questo punto i grillini a non demordere. E arriviamo ad oggi.
La presidente dei senatori pentastellati, Paola Taverna, fa sapere che è pronta una seconda mozione di sfiducia al Senato e che, una volta votata la decadenza di Silvio Berlusconi, “daremo battaglia sulla Cancellieri”. In realtà non si può rimproverare granché al ministro, che si è scusata in Aula e in più occasioni si è battuta per alleviare le sofferenze di altri detenuti.
Chi l’ha presa di mira, sulla stampa e in Parlamento, dovrebbe mettere la stessa passione sulle questioni che la Cancellieri si prepara ad affrontare con il suo dicastero: nel cassetto ci sono norme per velocizzare i procedimenti civili, un ambizioso quanto mai necessario piano carceri che rivedrebbe i domiciliari e l’affidamento in prova. Ma per tutti coloro interessati ad alimentare la “montatura”, come l’ha definita Luciano Violante, si prepara un nuovo sgambetto a Letta.
Paola Taverna ha messo le mani avanti dicendo che la vicenda non si risolverà in un “suicidio politico” per i 5 Stelle e appunto per questo ci permettiamo di ricordarle, a lei e ad altri, un antico proverbio: “non c’è due senza tre”. Se un fatto si ripete almeno due volte è probabile che si ripeterà di nuovo. Alla seconda volta, in Aula, si è verificato quello che speravamo: il governo ha tenuto, Letta ha superato un altro scoglio e chi pensava di complicargli la vita ne è uscito malconcio. Ci auguriamo quindi che accada ancora. Per noi il “tre” resta un numero perfetto.